Hijab-Iran, la battaglia sull’obbligo di indossare il velo in pubblico

"Donna Vita Libertà" è lo slogan della protesta che ha segnato la rivolta più profonda nella Repubblica islamica dell'Iran dall'anno della sua costituzione nel 1979

Hijab

Hijab come segno. “Donna Vita Libertà” quale slogan della protesta che ha segnato la rivolta più profonda nella Repubblica islamica dell’Iran dall’anno della sua costituzione nel 1979. Le attrici iraniane Katayoun Riahi e Pantea Bahram sono state denunciate per non avere osservato l’obbligo di indossare il velo in pubblico e stanno affrontando una causa legale. A renderlo noto è l’agenzia degli attivisti dei diritti umani iraniani Hrana. Riahi era già stata arrestata nei mesi scorsi a causa del suo sostegno alle proteste anti governative iniziate a fine settembre dopo la morte di Mahsa Amini. La 22enne di origine curda ha perso la vita dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava l’hijab in modo corretto. Un centro commerciale di Teheran è stato chiuso perché al suo interno si trovavano donne che non osservavano la legge che impone di portare il velo in pubblico. A riferirlo è Bbc Persian aggiungendo che alcuni ristoranti, caffetterie ed esercizi commerciali in Iran, i cui proprietari sono personalità note, hanno ricevuto avvisi via sms. Viene minacciata la chiusura dei locali perché i gestori hanno permesso ad alcune clienti di entrare senza indossare l’hijab obbligatorio.Hijab

Hijab e dissenso

Il giornalista dissidente iraniano Keyvan Samimi aveva pubblicato dalla sua cella un messaggio a sostegno del movimento di protesta. Samimi è ex direttore della rivista intellettuale ora bandita Iran-e Farda (“Il domani dell’Iran“), è stato imprigionato più volte prima e dopo la Rivoluzione islamica del 1979.  Rilasciato a gennaio dopo essere stato imprigionato per più di due anni, è stato arrestato di nuovo, secondo quanto riferito dalla sua famiglia. Samimi, 74 anni, è stato rilasciato il 26 gennaio dal carcere dove era detenuto dal dicembre 2020 per “cospirazione contro la sicurezza nazionale“. “Samimi è stato arrestato e da sei giorni non abbiamo ulteriori informazioni su dove si trovi“, ha detto la sua famiglia. Dopo il suo rilascio il giornalista aveva incontrato molti attivisti e personalità politiche. In particolare l’ex presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005). La sua famiglia aveva indicato a gennaio che, in un altro fascicolo giudiziario, Samimi era accusato di “associazione contro la sicurezza del Paese”, senza ulteriori dettagli.  Hijab

Pugno duro

Il Regno Unito e l’Unione Europea si allineano agli Usa anche sul pugno duro contro l’Iran. In risposta alle “repressioni” delle proteste del dissenso interno che proseguono senza tregua a Teheran come in altre località della Repubblica Islamica. A certificarlo è un nuovo pacchetto condiviso di sanzioni. Il provvedimento è stato formalizzato nei confronti di una lista allargata di alti funzionari degli apparati iraniani. E – “nella sua interezza” – del corpo della Guardia Islamica Rivoluzionaria. I cosiddetti Pasdaran. Braccio armato del potere degli ayatollah e dell’interpretazione più severa dei loro dettami ideologico-confessionali. L’annuncio è arrivato in prima battuta da Londra, attraverso un comunicato del Foreign Office, il ministero degli Esteri del Regno Unito. Secondo il quale l’accelerazione è stata decisa in stretta “cooperazione con gli alleati” sia con Bruxelles sia con Washington.hijab

Reazione poliziesca

Intanto dall’Iran rimbalzava la notizia di un’altra vittima della reazione poliziesca alle proteste delle opposizioni. Ancora una volta una donna, morta secondo fonti locali “per un attacco cardiaco” a Mahan, nella provincia idi Kerman. Dopo una violenta carica attribuita ieri a unità del gruppo paramilitare Basij contro un raduno di persone che contestavano l’imposizione dell’uso del velo femminile in pubblico. L’informazione è stata diffusa in termini generici in un primo tempo dall’agenzia Irna, che s’era limitata a evocare scontri a Maham. Tensioni sfociate nella morte di una donna e nel ricovero in ospedale di almeno due uomini feriti alla testa. Ciò ha trovato eco più tardi in un drammatico video amatoriale diffuso da ambienti del dissenso e divenuto virale sui social media. In cui s’intravvede la donna sull’asfalto e si sentono due voci in farsi. Quella di una persona che dice “sta morendo”, come a invocare aiuto. E quella d’una donna apparentemente simpatizzante dei miliziani che replica: “Lasciateli morire, al diavolo“. Singoli episodi a parte, nella nuova tornata di sanzioni i partner occidentali puntano il dito in generale sul “sistema repressivo” di Teheran.hijab

Lista nera

Inserendo nella lista nera dei bersagli di provvedimenti che prevedono l’usuale divieto di viaggiare in Europa o in America. E il congelamento di qualunque asset rintracciabile, vari altri comandanti territoriali dei Pasdaran e responsabili di organi giudiziari indicati come direttamente coinvolti nella persecuzione degli oppositori e in “violazioni dei diritti umani”. Elenco che porta a un totale di 70 le persone (tra funzionari, politici o militari) e le entità colpite in Iran contando i provvedimenti (comprendenti 200 diverse misure sanzionatorie). Introdotti a ondate successive solo da ottobre. Fra i nomi di questa ultima infornata, spiccano quelli di alti ufficiali della Guardia Rivoluzionaria Islamica a cui viene rinfacciato d’aver ordinato di “aprire il fuoco su gente disarmata, provocando diversi morti, inclusi bambini”. Nonché di avere fatto “arbitrariamente detenere e torturare alcuni manifestanti“.

Brutale oppressione

“Il Regno Unito e i suoi partner stanno nuovamente ribadendo di non voler ignorare la brutale oppressione imposta del regime iraniano”, ha tuonato James Cleverly, ministro degli Esteri nel governo Tory britannico di Rishi Sunak, in una dichiarazione che accompagna l’annuncio delle sanzioni odierne. “Continueremo a promuovere ogni iniziativa” – ha poi avvertito – affinché Teheran possa “rendere conto delle sue azioni” di fronte alla comunità internazionale