Intervista ad Arisa, la musica può sconfiggere il coronavirus? – Video

Ancora mi ricordo quando vidi per la prima volta Arisa in televisione. Era in occasione del festival di Sanremo del 2009, in cui lei partecipava nella categoria delle “Nuove Proposte” con il brano Sincerità e arrivò al primo posto, aggiudicandosi anche il Premio della Critica “Mia Martini”. Oltre alla sua magnifica e particolare voce mi colpì molto anche il suo look stravagante di cui è sempre stata protagonista e che l’ha sempre resa unica con il trascorrere del tempo. Sono passati più di dieci anni da allora e Arisa non solo ha vinto un’ulteriore edizione del festival nella categoria big, ma ne ha fatto parte come co-conduttrice! Sanremo a parte, oggi Arisa è una delle migliori voci del panorama musicale italiano ed io, da quando l’ho sentita cantare per la prima volta non ho mai smesso di seguirla. Infatti è come se fossi cresciuta un po’ con lei.

Per questo, difronte all’emergenza coronavirus, sono rimasta molto colpita dalle sue iniziative come il duetto con Manupuma “Nucleare”, una canzone dedicata alle donne che diventano mamma durante la pandemia, o il brano cantato insieme ad altri 49 artisti per beneficenza. Ho chiesto ad Arisa di rispondere a queste domande per Interris.it e lei è stata come sempre disponibile!

Sei appena uscita insieme ai più grandi artisti italiani con “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano. Cosa ha significato per te questa esperienza e cosa hai provato nel dare il tuo contributo per aiutare chi combatte in prima linea contro il coronavirus?
“Con “il cielo è sempre più blu” abbiamo fatto una cosa bellissima, tutti insieme, per una causa importante, mettendo in campo buona volontà e mezzi di fortuna, per registrazione della voce e immagini per il videoclip, tutto fatto rigorosamente da casa. Il risultato è stato  ottimo, mi sento molto orgogliosa e spero che l’iniziativa raccolga buoni frutti e aiuti a superare questo brutto momento, raccogliendo fondi e intrattenendo le persone in questi giorni strani”.

Cosa ha rappresentato per la tua sensibilità di artista questa esperienza della quarantena e della impossibilità di rapporti sociali tra le persone?
“Credo che questo momento sia stato incredibilmente sentito per tutti, anche per coloro che come me hanno sempre dichiarato di stare benissimo a casa. In realtà la pressione emotiva è stata tanta, il numero di morti, la paura del contagio, l’assenza di libertà. Per la prima volta ho smesso di sognare. Non sapevo più cosa potevo desiderare e cosa no, e anche adesso, spero solo di poter riprendere a viaggiare senza paura e a cantare tra la gente senza limitazioni. La cosa che mi manca di più è fare concerti”.

Cosa senti di poter dire ai giovani per sostenerli nella ripartenza dopo la dolorosa esperienza del lockdown?
“Ai giovani e non solo dico di continuare a mantenere un atteggiamento precauzionale che possa farci uscire al più presto da questa brutta situazione. Dico di utilizzare questi giorni per riaprire il dialogo in famiglia e non nascondersi continuamente dietro allo schermo del telefono, di prendere coscienza che la vita è un dono prezioso, che non è eterna e pertanto che il tempo e la libertà vanno gestite con intelligenza, cura e lungimiranza… e amore sempre”.