Tutte le iniziative per non sprecare il cibo

Come e perché combattere gli sprechi alimentari. Cosa sono il “Food loss” e il “food waste”?

spreco

L’obiettivo 12.3 dell’agenda per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per il 2030 è quello di combattere gli sprechi alimentari, diminuendo la quantità di cibo che ogni anno viene buttata. Uno studio presentato dalla FAO (l’organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite) nel 2011 ha dimostrato che circa 1/3 del cibo prodotto nel mondo viene perso durante la produzione, oppure viene buttato.

Ciò accade, nonostante i livelli di fame nel mondo continuino a crescere, soprattutto in questo periodo di pandemia. C’è una differenza tra il cibo che viene perso nel processo di produzione e distribuzione e quello che, invece, viene buttato. La perdita di cibo, più comunemente definita “food loss”, consiste nello scarto, incenerimento o eliminazione del cibo in qualsiasi altro modo “nella filiera di produzione alimentare, fin dall’attività del raccolto” (http://www.fao.org/food-loss-and-food-waste/flw-data), escludendo il settore del commercio al dettaglio.

Il cosiddetto “food waste”, cioè lo spreco di cibo, consiste nello scarto di cibo a causa di una decisione personale dei commercianti al dettaglio, o direttamente del consumatore.

Come fare qualcosa?

Combattere questo problema non è facile come sembra. Infatti, anche se tanti oggi sono consapevoli dei livelli di fame in continua crescita, i dati riferiti alla quantità di cibo che viene gettata non sembrano migliorare. Secondo alcuni esperti, la causa fondamentale di questo comportamento sarebbe la “throwing away culture”, cioè della cultura di consumo sfrenato, quasi usa e getta, che sappiamo essere estremamente radicata nelle abitudini e nella mentalità del mondo di oggi. La soluzione quindi sarebbe una ri-educazione, per cambiare totalmente l’approccio che molti di noi hanno rispetto al consumo alimentare.

Prima di tutto, in termini concreti, le persone dovrebbero imparare a conservare il cibo nel migliore dei modi, così che possa “resistere più a lungo sulla mensola”. Inoltre, produttori e commercianti di cibo non dovrebbero più scartare gli alimenti che non sono perfetti in termini di colore, forma o grandezza. Infine, sarebbe importante imparare a leggere meglio le date di scadenza e capire, quindi, che l’espressione “da consumarsi preferibilmente entro il” non è un imperativo, ma un’indicazione di massima.

Ci sono diverse ragioni per cui risolvere il problema dello spreco di cibo è cruciale: ci aiuterebbe a raggiungere il terzo Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, cioè ridurre la fame nel mondo attraverso una re-distribuzione del cibo invenduto o scartato.

In secondo luogo, un uso più corretto delle risorse naturali del nostro pianeta contribuirebbe alla lotta contro il cambiamento climatico. Come fa notare la FAO infatti: “il cibo che non viene mangiato rappresenta un spreco di risorse in termini di terra coltivabile, acqua, energia, semi e altri componenti della sua produzione, aumentando la quantità di emissioni di gas serra inutilmente” (per accedere ai dati http://www.fao.org/food-loss-and-food-waste/flw-data).

Semi di speranza

Fortunatamente però esistono, in Italia e in tutto il mondo, molte persone impegnate nella lotta contro lo spreco alimentare, che ci fanno sperare in risultati migliori.

Prima tra tutti la FAO, schierata in prima linea a livello mondiale in questa battaglia attraverso il sostegno e la sponsorizzazione di entità di diversa natura che sono attive nel campo.

A livello internazionale troviamo iniziative come quella dell’applicazione “Too good to go” (https://toogoodtogo.it/it/), oggi usata da moltissime persone in tutto il mondo. Il suo obiettivo è proprio quello di eliminare, o quanto meno ridurre il più possibile la quantità di cibo che viene sprecata. Il loro team mette in contatto negozi alimentari di diverso tipo come ristoranti, bar, e supermercati direttamente con i consumatori, vendendo a questi ultimi per un prezzo ridotto il cibo che è rimasto invenduto e che andrebbe altrimenti buttato. Attraverso l’app, per esempio, è possibile acquistare, magari a fine giornata, dalla propria panetteria locale (sempre che questa aderisca all’iniziativa) del pane per un prezzo più basso rispetto a quello a cui la stessa quantità di pane ammonterebbe se comprato fresco (per esempio 2/3€ invece di 15€ o 20€).

Questo rende possibile un risparmio economico sia per tutti coloro che aderiscono all’app in quanto consumatori sia allo stesso tempo per i negozianti che evitano i costi di smaltimento del cibo invenduto; inoltre aiuta il pianeta, in quanto evita una serie di emissioni di gas nocivi che sarebbero utilizzati per lo smaltimento del cibo. Possiamo dire che l’app oggi sia abbastanza efficace e popolare: solo in Italia, infatti, vi hanno aderito circa 9 milioni di negozi alimentari di diverso tipo, mentre circa 2,5 milioni di persone comprano cibo attraverso l’app. Quest’iniziativa è quindi ammirevole e stimolante, in quanto in grado di mettere in contatto milioni di persone, contribuendo sia alla lotta contro il cambiamento climatico, che a quella contro gli sprechi alimentari, offrendo a milioni di consumatori dei pasti per un prezzo relativamente più basso, e una gestione dei rifiuti più semplice ed economica per i fornitori alimentari.

Uno sguardo all’Italia

Nel nostro paese, i dati riguardo lo spreco alimentare non offrono alcuna consolazione. Infatti, secondo il rapporto 2020 di Waste Watcher, ogni famiglia spreca 4,9€ di cibo ogni settimana. Questo corrisponde a un totale di 6.5€ miliardi, e se includiamo il cibo che viene sprecato nella catena di produzione, raggiungiamo i 10€ miliardi.

Tuttavia, ci sono alcune iniziative che combattono questo problema. L’Associazione Banco Alimentare (https://www.bancoalimentare.it/it) combatte lo spreco alimentare e la fame, distribuendo cibo alle famiglie bisognose. Nel 2019 sono state raccolte circa 75.000 tonnellate di alimenti, grazie all’aiuto dei 21 banchi alimentari regionali e circa 75.000 opere di carità. Inoltre, hanno procurato del cibo a 1,5 milioni di persone che non se ne sarebbero potute procurare altrimenti. Anche in questo caso tutte le aziende, negozi e supermercati che aderiscono alle loro iniziative, donando comunque un valore economico a cibo che verrebbe altrimenti buttato, ne evitano i costi di smaltimento, combattendo così la lotta contro lo spreco alimentare e diminuendo le emissioni di gas serra. L’Associazione è molto conosciuta in Italia, e annualmente organizza con la maggior parte dei supermercati italiani la giornata nazionale della Colletta Alimentare. Durante questa giornata, gli avventori dei supermercati possono acquistare alimenti o beni di prima necessità per la cura dell’infanzia, che i volontari di “Banco Alimentare” distribuiscono poi alle famiglie più bisognose.

Infine, dato il loro grande contributo nel monitorare il problema dello spreco di cibo è importante menzionare il lavoro di Waste Watcher: l’osservatorio nazionale dello spreco di cibo (https://www.sprecozero.it/waste-watcher/). Creato nel 2013, è sempre stato molto attivo in ambito di ricerca, raccolta dati e monitoraggio del problema. Waste Watcher ha stabilito, inoltre, la giornata nazionale contro lo spreco alimentare, che si tiene ogni 5 febbraio da ormai 8 anni. Il tema per questo 2021 è stato “Stop food waste. One health one planet” (Stop allo spreco alimentare. Una salute, un unico pianeta). A causa della pandemia non ci sono state manifestazioni né conferenze in presenza, ma è stato possibile assistere online a un incontro, in cui diversi esperti ed attivisti nel campo ne hanno affrontato le problematiche.

Al lavoro!

Tutte queste iniziative sono di fondamentale importanza e riescono ad avere un serio impatto; per questo è importante conoscerle e prenderne parte come possibile. Inoltre, è importante che tutti imparino a combattere lo spreco alimentare sviluppando nuove abitudini quotidiane. In questo modo, invece di buttare il “cibo brutto”, il mondo potrebbe ridistribuirlo in modo più equo, aiutando a diminuire i livelli di fame nel mondo. Tutto ciò sarebbe ideale perché diminuirebbe le emissioni di gas serra, contribuendo a migliorare la salute del pianeta da un lato, e la salute di molti dall’altro, diminuendo la fame nel mondo.

Marta La Placa è una tirocinante della cooperativa Volunteer in The World