Il turismo al Sud, l’incognita riaperture: “Senza prenotazioni non conviene” (AUDIO)

Antonio Panetta, presidente di Federalberghi Matera, traccia il quadro della Fase 2: "Nel Meridione, questo è l'unico settore con un valore reale"

sud

Dal sogno all’incubo, nell’arco di appena un anno. E’ stato un brusco risveglio quello della città di Matera, emblematica sintesi di quanto il coronavirus abbia assestato un colpo ben più duro di quanto sia stato finora quantificabile. L’arrivo della bella stagione coinciderà inevitabilmente con la definitiva presa di coscienza di una regressione in termini di entrate già certificata dalle cancellazioni che le strutture ricettive locali sono state costrette a certificare, quasi azzerando la possibilità di confermare quanto fatto lo scorso anno come Capitale europea della cultura. Un destino, quello di Matera, che condividono la maggior parte delle città d’arte italiane, mentre il Sud Italia in generale cerca di ammortizzare i mancati introiti aspettando chiarezza su quali saranno le strategie definitive per affrontare la stagione che verrà. Interris.it ne ha parlato con Antonio Panetta, presidente di Federalberghi Basilicata.


Presidente, un anno fa Matera viveva probabilmente il suo periodo di maggior rilevanza sul piano turistico e culturale. In che misura l’impatto del coronavirus ha stravolto quegli assetti?

“Le strutture sono tutte chiuse, non abbiamo ospiti da marzo. Stiamo cercando di orientarci anche noi in mezzo a questa folla di provvedimenti e linee guida. Devo dire che in questo periodo ci siamo sentiti molto con gli operatori: c’è molta più fiducia tra chi ha delle strutture piccole. Matera, da questo punto di vista, è veramente sproporzionata rispetto ad altre realtà. Ha 4.500 posti letto nelle strutture casa-alberghiere e 2.000 in quelle alberghiere. Questo, da un certo punto di vista, se la situazione dovesse iniziare a muoversi, potrebbe avvantaggiarci”.

Difficile, in questa fase di incertezza complessiva, improntare le basi di una ripartenza del settore turistico?
“Senza il 50% dell’occupazione non azzarderei la riapertura. A meno che, nel mese che viene, la situazione non si ribalti. Matera, come tutte le città d’arte – al Sud è un’eccezione – ha il 40% di presenze straniere, un altro 40% viene da Regioni della zona rossa. Anche lì, non si capisce… Leggevo un’ordinanza in cui la Regione pretende che tutti gli accessi debbano essere sottoposti a tampone, ma non riusciamo a farli neanche ai medici. Se le cose restano così come sono ora penso che non si aprirà: tenere una struttura chiusa mi consente di poter limitare i danni, ma se a questa riapertura non conseguono prenotazioni diventerebbe difficile contenere i costi”.

Pensa che l’onda lunga di un’annata da due milioni di presenze possa rappresentare un buon incentivo?
“Per altri versi siamo molto fiduciosi del fatto che, quando l’emergenza sarà passata, non pensiamo che il lavoro si vada ad affievolire così presto. Confidiamo nel valore del prodotto in questo senso. Meglio aspettare un anno e mantenere”.

Antonio Panetta ospite a TRM h24

Per quanto riguarda Matera, la nomina a Capitale della Cultura europea ha coinciso con importanti investimenti, anche nell’ambito della piccola imprenditoria. Attività che ora rischiano di non poter ammortizzare i costi di avviamento…
“Abbiamo raddoppiato i posti letto, triplicato i locali legati alla filiera turistica. Non so se è stato avventato ma dovevamo far fronte al compito che ci attendeva. Privati e pubblico hanno molto creduto nello sviluppo turistico, mettendo più di quello che avevano a volte. Ci sono stati investimenti, accedere ad altri finanziamenti non è semplice. Noi siamo messi peggio perché gli investimenti negli ultimi anni sono stati più ingenti che altrove, quindi le aziende sono abbastanza indebitate. D’altro canto, il turismo è una delle poche risorse che dà prospettive concrete. Non c’è un tessuto industriale che consenta alle imprese di distribuire l’offerta su altri settori. Il Sud, più che mai, è costretto quasi a investire sul turismo perché è l’unico valore reale che al momento abbiamo. Siamo stati meno investiti dalla vicenda sanitaria ma lo saremo molto di più per quanto riguarda il virus economico”.

Aspettando normative più specifiche sugli accessi internazionali nel nostro Paese, l’indotto portato dagli arrivi dall’estero rischia di subire una riduzione importante…
“Quello che per noi era una risorsa si rivela un limite. Avevamo prenotazioni fino al 2022, dormivamo sonni tranquilli. Il mercato americano, giapponese e cinese chissà quando li rivedremo”.

Preso atto delle difficoltà dell’immediato, la strategia comune non sembra comunque poter prescindere da una pianificazione a lungo termine, perlomeno in ottica 2021…
“Penso che sulla prospettiva 2021 si incentreranno tutte le città d’arte. Siamo una città che gli stessi livelli di accessibilità di Venezia. Per il futuro, possiamo dire che in qualche modo dobbiamo imparare qualcosa da quello che è successo se non altro in direzione del rispetto dell’ecosistema. Lo avevamo già imparato come lezione di Matera 2019. Siamo sia un patrimonio culturale in senso stretto ma anche naturalistico. Dobbiamo investire anche sulla qualità di questi flussi per garantire lo stesso ritorno di sviluppo territoriale”.

Tornando al territorio lucano, lo status della città di Matera lo scorso anno ha attirato investitori esteri o i principali investimenti sono stati limitati al mercato interno? 
“Molto limitati al mercato interno. Anzi, ultimamente abbiamo avuto modo di sentire proposte di alcuni fondi stranieri che volevano investire sulla città ma la parola d’ordine è non svendere le strutture. Devo dire che fino a quest’anno, che mi risulti, non ci sono stati investimenti sostanziali da parte di gruppi esteri”.