“Il bimbo morto nello sbarco a Lesbo è un lutto per l’umanità”

Intervista a Interris.it di padre Fabio Baggio, sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale

Con lo sguardo sulle sofferenze dell’umanità, padre Fabio Baggio, sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, riflette con Interris.it sulle tragedie del mare alla luce del magistero sociale di papa Francesco

Qual è il messaggio dalla tragedia del bambino morto a Lesbo durante uno sbarco?
“Mi sono tornate alla mente le commoventi parole con cui una bambina musulmana, proprio a Lesbo, ringraziò il Papa per il suo impegno a favore dei migranti. Queste tragedie scaturiscono da laceranti ingiustizie e squilibri economico-sociali globali: riguardano tutti noi, il presente e il futuro della famiglia umana”.

L’infanzia paga il prezzo più alto?
“Sono le prime vittime dell’indifferenza e dalla cultura dello scarto. Papa Francesco sottolinea che attraverso di loro il Signore ci invita a riappropriarci della nostra vita cristiana nella sua interezza e a contribuire, ciascuno secondo la propria vocazione, alla costruzione di un mondo sempre più rispondente al progetto di Dio”.

Domenica il Papa all’Angelus ha lanciato un nuovo appello per i rifugiati. Vede una sottovalutazione dell’emergenza?
“Il Santo Padre richiama l’attenzione dei governanti e dell’opinione pubblica sul fatto che  conflitti violenti e guerre non cessano di lacerare l’umanità. Nel quadro della globalizzazione dell’indifferenza, i migranti, i rifugiati, gli sfollati e le vittime della tratta sono per Francesco l’emblema dell’esclusione”

In cosa consiste il grande inganno di cui parla Francesco nel suo ultimo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato?
“Francesco ci ricorda che nostra epoca, chiamata anche l’era delle migrazioni, sono molte le persone innocenti che cadono vittime del “grande inganno” dello sviluppo tecnologico e consumistico senza limiti. E così, spiega il Pontefice, si mettono in viaggio verso un “paradiso” che inesorabilmente tradisce le loro aspettative. La loro presenza, a volte scomoda, contribuisce a sfatare i miti di un progresso riservato a pochi, ma costruito sullo sfruttamento di molti”.

Cosa rappresenta nel terzo millennio globalizzato la presenza dei migranti e dei rifugiati?
“Come, in generale, la presenza delle persone vulnerabili rappresenta un invito a recuperare dimensioni essenziali dell’esistenza cristiana e della nostra umanità. Francesco evidenzia che interessandoci di migranti e rifugiati ci interessiamo anche di noi. Secondo il Papa prendendoci cura di loro, cresciamo tutti”.

Perché sui migranti si addensano paure e sospetti?
“Si tratta del nostro timore verso gli “altri”, gli sconosciuti, gli emarginati, i forestieri. Tutto ciò, avverte Francesco, si esprime in diffidenza e ostilità di fronte all’arrivo di migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di protezione, di sicurezza e di un futuro migliore. E’ una paura che nasce dall’ impreparazione a questa incontro”.

L’Unione Europea e l’Onu fanno abbastanza?
“Andrebbe costruita una gestione concertata e condivisa del fenomeno migratorio. Nel suo discorso di un anno fa alla Caritas diocesana di Rabat, il Papa ha puntualizzato come il progresso dei nostri popoli dipenda soprattutto dalla capacità di lasciarsi smuovere e commuovere da chi bussa alla porta e col suo sguardo scredita ed esautora tutti i falsi idoli che ipotecano e schiavizzano la vita. Il Papa si riferisce a quegli idoli che promettono una felicità illusoria ed effimera, costruita al margine della realtà e della sofferenza”.

Qual è il modello indicato dal Pontefice?
“E’ quello del Samaritano, cioè di uno straniero rispetto ai giudei. Francesco richiama la compassione, un sentimento che non si spiega solo a livello razionale. La compassione, secondo il Papa, tocca le corde più sensibili della nostra umanità, provocando un’impellente spinta a “farsi prossimo” di chi vediamo in difficoltà”.

In cosa i migranti rappresentano una sfida e un’opportunità?
“Tra anni e mezzo fa, parlando alla Moschea “Heydar Aliyev”di Baku, in Azerbaijan, il Papa ha ribadito come aprirsi agli altri non impoverisca, ma arricchisca, perché aiuta ad essere più umani: a riconoscersi parte attiva di un insieme più grande e a interpretare la vita come un dono per gli altri. Un aiuto a vedere come traguardo non i propri interessi, ma il bene dell’umanità. Al contrario lo sviluppo esclusivista rende i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Lo sviluppo vero, insegna Francesco, è quello che si propone di includere tutti gli uomini e le donne del mondo”.