Miglioramenti nel 30% dei bimbi autistici in quarantena

Nei giorni scorsi Interris.it ha raccolto il grido d'allarme delle famiglie dei disabili intellettivi per gli effetti del lockdown, ora una ricerca dimostra come la terapia a distanza possa portare benefici

C’è una luce nel tunnel dell’autismo in pandemia: migliorano il 30% dei bambini seguiti da remoto. Una ricerca dimostra i miglioramenti in gestualità comunicatica, attenzione e capacità verbale. Nei giorni scorsi Interris.it ha raccolto il grido d’allarme delle famiglie dei disabili intellettivi per gli effetti del lockdown, ora una ricerca dimostra come la terapia a distanza possa portare benefici.

Sintomi

“Nonostante l’aumento di alcune condotte quali sintomi d’ansia, disturbi del sonno o selettività nell’alimentazione, il 30% dei bambini con disturbi dello spettro autistico in quarantena ha mostrato un importante miglioramento in diverse aree“. Questi alcuni dei primi risultati della ricerca scientifica realizzaata dall’Istituto di Ortofonologia (IdO) dal titolo “I bambini autistici e il Covid-19“, illustrata da Magda Di Renzo, responsabile del servizio terapie dell’IdO, insieme a Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’IdO. L’obiettivo della ricerca è stato in primis terapeutico. “La preoccupazione che avevamo- spiega Di Renzo- era che, nonostante l’attivazione delle risorse messe in campo, questi bambini potessero perdere i risultati ottenuti. Abbiamo così monitorato 63 nuclei familiari per intercettare con ogni genitore i cambiamenti avvenuti nel primo mese di “reclusione””. Sono emersi, invece, “molti miglioramenti nell’area della gestualità comunicativa, oltre che una maggior condivisione, attenzione e capacità verbale”. Per esempio, tra quei piccoli che si trovano “ancora nelle proto-forme linguistiche, c’è chi ha iniziato a dire alcune parole”.

I disegni

Ma le sorprese non si sono fermate e tra i miglioramenti, continua Di Renzo, “abbiamo osservato che alcuni hanno cominciato a disegnare e altri hanno ampliato il loro disegno, che è uno strumento importantissimo- ribadisce- Inoltre, abbiamo registrato un miglioramento nelle interazioni di questi bambini con i fratelli“. Non si sono verificati, invece, sul campione preso in esame dall’IdO, “aumenti di aggressività che potevamo presagire, nuovi segni di psicopatologie o nuove forme di atipia”, rivela Di Renzo. Analizzando nel dettaglio il campione di studio, aggiunge Vanadia, “ci sono 55 maschi e 8 femmine, di età compresa tra i 30 mesi e i 9 anni”. Questi bambini sono stati seguiti attraverso “delle interviste rivolte ai genitori, utilizzando scale e questionari standardizzati”. Tra i minori “c’è una discreta eterogeneità sia a livello di gravità di sintomatologia autistica che di funzionamento intellettivo“, continua la neuropsichiatra dell’IdO. Sono presenti sia “bambini ad alto che a basso funzionamento, con diversi livelli di compromissione”.

I livelli di gravità

Tuttavia, dai risultati emerge che tali aspetti non incidono. Ovvero- chiarisce Vanadia- gli aspetti di miglioramento si sono manifestati in percentuali sostanzialmente uguali indipendentemente dal livello di gravità, di sintomatologia autistica e di funzionamento”. Le evidenze della ricerca scientifica portata a termine dall’IdO sono anche il risultato dell’adeguamento a cui, in queste mesi, hanno dovuto fare fronte le terapie dell’Istituto. Due, infatti, le modalità fondamentali attraverso cui l’IdO ha risposto all’emergenza Covid-19: “Circa 100 videotutorial” disponibili su Youtube all’interno dello sportello “IdO con Voi”, “dove i terapeuti hanno proposto delle attività ai bambini: dalla neuropsicomotricità alla musicoterapia, passando per il lavoro osteopatico e le attività ludico-ricreative“, evidenzia Di Renzo. Definita, infatti, “una determinata cornice di assoluta chiarezza di obiettivi da raggiungere, continua Vanadia, “possiamo permetterci di far raccontare al terapeuta una favola cantata: diventa un modo per mantenere una relazione, al di là del semplice intrattenimento, che dentro una formula più leggera permette di tenere in piedi tutto questo meccanismo interattivo” tra specialisti, genitori e bambini.

Spettro

La seconda modalità di sostegno attivato dall’IdO riguarda la metodologia della gruppalità su Skype: “Alcune famiglie- racconta Di Renzo- sono riuscite anche a mettere in contatto tra loro i bambini con disturbi dello spettro autistico, che si salutavano e si riconoscevano in video”. Questo perché è un approccio evolutivo e interattivo quello dell’IdO, “su cui stiamo investendo da molti anni- ricorda Vanadia- un modello relazionale e a mediazione corporea in cui i genitori” sono estremamente partecipi “già dai primi anni di terapia, a partire dalla stanza e dal percorso che il bambino svolge”. Non è una modalità che rende “i genitori terapeuti, bensì li rende competenti per capire i bisogni dei bambini, le loro comunicazioni atipiche che talvolta anche noi facciamo fatica a individuare”, continua la neuropsichiatra.

Genitorialità

Ecco, dunque, un altro importante elemento proposto e sottolineato dall’IdO, che è il supporto alla genitorialità. “Cerchiamo di aiutare i genitori ad immedesimarsi in alcune sensorialità inespresse o ipoespresse, che rendono la percezione del mondo di questi ragazzi tanto diversa da come tutti noi lo possiamo percepire- aggiunge Vanadia-. Credo che questa sia una delle chiavi che ha consentito di attivare fin da subito un percorso di tele-medicina e tele-riabilitazione. Noi abbiamo raccolto quell’investimento importante già fatto sulla genitorialità”. Non è un caso che “IdO con Voi” abbia rilanciato l’importanza della gruppalità in chiave “genitoriale” anche con il progetto “Esperti e famiglie”. “Sei gruppi di genitori e docenti che affrontano alcune aree tematiche con aspetti più ampi e trasversali- sottolinea la neuropsichiatra infantile- tra cui la gestione delle emozioni, della rabbia, delle esperienze genitoriali in questa fase di pandemia”. Secondo la neuropsichiatra infantile dell’IdO “una terapia è funzionante quando non crea una dipendenza nel bambino, ma gli consente un’ abilitazione, precisa Vanadia, e la vera abilitazione consiste in quel processo terapeutico che consente al bambino o al soggetto di acquisire una determinata autonomia che ha strutturato, per poterci poi riattingere in contesti differenti”. La parola d’ordine per Magda Di Renzo è integrazione.

Risultati

“Sono contenta- ammette la psicoterapeuta dell’età evolutiva- che non si dica più che i genitori devono fare i terapisti. Mi sono sempre battutta affinché fossero protetti nella loro qualità di genitori. Averli aiutati già nel “prima” ha fatto sì che loro si trovassero nella possibilità di sintonizzarsi anche in questa fase. Per natura e cultura, infatti, io sono contraria a qualsiasi forma di contrapposizione, perché non è scientifica e lascia una metà del mondo fuori, mentre i bambini devono essere tutti inclusi”. È importante tenere conto dell’aspetto relazione, sottolinea la studiosa, e sono contenta che anche negli approcci diversi da quelli dell’IdO si cominci a riconoscere l’importanza delle emozioni e dell’empatia: parole che prima erano quasi bandite. È una lotta di una vita- conclude Di Renzo- quella di dare dignità al bambino con le sue atipie, le sue emozioni e la sua individualità“.