Ecco come nascono i giovani imprenditori italiani

Il racconto del giovane imprenditore di olio Alberto di Santo: il legame con la terra, il Sud, le difficoltà e i sogni

Fare impresa partendo da un semplice appezzamento di terreno, saggiarne l’essenza, le potenzialità, la storia, la qualità è davvero un “atto di amore” come racconta a Interris.it Alberto di Santo co-fondatore e presidente di Settemisure. L’Italia sta cercando, con molta fatica, di far ripartire il motore dell’economia e più di un analista fa notare come uno dei problemi principali rimanga l’esodo di giovani qualificati dal Bel Paese. Giovani che hanno una visione del futuro e la forza per rischiare. Proprio come Alberto che, a 28 anni, ha deciso di creare un’impresa produttrice di olio extravergine di oliva nel paesino campano di Solopaca, perché “il Sud Italia non è un outlet della ruralità e non si può pensare di affidare completamente alle realtà economiche il compito di rilanciare un territorio così ricco e bello”.

Come nasce Settemisure?
“Settemisure nasce dalla voglia di restituire dignità ad un territorio timido e a tratti bistrattato dalla forza della natura. La nostra avventura inizia nel 2015, quando l’alluvione del Sannio si è resa protagonista della devastazione inflitta a questi luoghi bellissimi. Abbiamo assistito alla rovina del terreno che fu di nostro nonno, una piccola porzione di uliveto da cui si ricavava il necessario per soddisfare i bisogni della nostra famiglia. Da lì il tarlo e tre cugini ventenni con l’incessante voglia di non cedere il passo alla rassegnazione. Con grande tenacia abbiamo risistemato il terreno e abbiamo cominciato a studiare nel dettaglio le cultivar presenti. Un lavoro enorme che ha richiesto anni di studio per poter individuare le specie che ci interessavano e, partendo da queste, progettare una linea produttiva volta a ricavare un olio fatto interamente con antiche cultivar autoctone del Sannio. Di certo non ci aspettavamo un successo così immediato: ottenere il plauso dei consumatori è suonato come una liberazione. Questo ci ha permesso di credere in noi stessi, di espanderci e di continuare a studiare sempre più a fondo per riuscire a realizzare varie tipologie di olio. L’obiettivo è quello di tirare fuori sempre il miglior prodotto possibile, frutto di una coltivazione sana e di tecniche di estrazione all’avanguardia in grado di preservare la qualità, punto di partenza e punto di arrivo della nostra missione”.

Cosa significa fare impresa da giovani? Quali difficoltà si incontrano?
“Fare impresa è un salto nel vuoto, soprattutto per chi parte da zero. E dico salto nel vuoto perché come l’artista non sa se la sua opera verrà apprezzata, allo stesso modo l’imprenditore non può avere la garanzia che il suo progetto sarà accolto. Tanti credono che per fare impresa da giovani serva principalmente un capitale da investire. Io credo che prima del capitale venga un’idea, una prospettiva comune unita al lavoro senza risparmio. Ovviamente ci sono molte difficoltà e quasi sempre è necessaria un’attenzione meticolosa riguardo alla gestione aziendale. E io su questo mi ritengo molto fortunato perché ho il privilegio di avere accanto persone molto valide. Forse la prova di forza più audace che viene richiesta a chi si avvicina a questo mondo consiste nell’imparare a servirsi dei numerosi strumenti che l’ordinamento mette a disposizione di chi fa impresa. Orientarsi in questa congerie di mezzi e di norme non è cosa facile, soprattutto se si è alle prime armi”.

Un’impresa basata sulla tradizione, qual è il significato che attribuisce al territorio?
“La tradizione rappresenta la trama della storia, una presenza che aleggia costantemente in ogni cosa che facciamo. Tener fede alla tradizione è un mantra che si esprime soprattutto nella conduzione delle nostre tenute: usiamo tecniche di coltivazione che prevedono l’uso di concimi naturali organici e incentiviamo la biodiversità necessaria a disinnescare l’erosione dei terreni. In questo modo possiamo garantire l’esclusione di qualsiasi sostanza nociva e promuovere l’accumulo di componenti minori che andranno ad esaltare la qualità dei prodotti. Ma riteniamo, comunque, che l’innovazione e la scienza siano indispensabili per quel che riguarda le tecniche di produzione dei prodotti. Esistono tecniche all’avanguardia che permettono di controllare e regolare con attenzione tutte le fasi di estrazione dell’olio, ottenendo così un prodotto di eccellenza. In questo modo non ci svincoliamo dalle tradizioni bensì abbiamo l’ambizione di crearne di nuove restituendo all’olio extravergine d’oliva italiano l’attenzione che merita. La valorizzazione del territorio è altresì una prerogativa se si ama questo settore. Non parlo solo del lavoro necessario a fare delle nostre tenute un luogo quasi sacro, ma parlo anche dello slancio che attività di questo tipo danno alla provincia, alla regione e al Paese intero”.

Il paese diventa un luogo di crescita?
“Sempre più spesso si parla di spopolamento dei paesi e delle aree rurali: nei paesi ormai si cresce in attesa della partenza, restare sembra quasi un fallimento. È proprio in questa prospettiva che è importante creare opportunità e rilancio per zone la cui antica bellezza talvolta cede il passo a nuovi abbandoni. Il sud Italia non è un outlet della ruralità, e non si può pensare di affidare completamente alle realtà economiche il compito di rilanciare un territorio così ricco e bello. Servono servizi e politiche di sviluppo locale. Fare economia e incentivare la cultura a ‘carattere particolare’ oggi più che mai diviene un bisogno primario”.

L’Italia è un paese che promuove e sostiene le imprese di questo tipo?
“Andrò in controtendenza con il comune immaginario ma l’Italia sta facendo enormi passi in avanti. Come accennavo prima, esistono tanti strumenti a portata delle società che servono a promuovere questo settore. Forse ci si sta accorgendo che l’economia agricola non è più un’economia di serie B. Sì, di serie B. Sembra che alcuni nostri colleghi imprenditori agricoli si portino addosso un perpetuo complesso di inferiorità per il solo fatto di lavorare la terra e non qualcos’altro. Ennesima prova della falla di un sistema che si potrebbe permettere il lusso di portare l’alimentare a posizioni di vertice inarrivabili per qualsiasi altro paese. L’Italia ora più che mai deve dimostrare personalità e orgoglio perché sono convinto che possiamo fare da guida e migliorare la qualità generale del cibo portato a tavola. Cibo è ricchezza e cultura, un binomio che secondo me rappresenta parte dell’indice di soddisfazione di una società”.

Quali problematiche ha posto per voi l’emergenza Covid-19?
“A noi era permesso lavorare durante l’emergenza e colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che ci hanno dato fiducia in un momento così delicato. Abbiamo lavorato soprattutto grazie alle spedizioni in Italia e all’estero. Ci riteniamo fortunati ad aver continuato, questo ci ha permesso di concentrarci su cose che in passato avevamo tralasciato e un pensiero va a tutti quelli che sono stati meno fortunati di noi. Ci tengo a ribadire che quello che stiamo attraversando è un periodo difficilissimo per tutti e anche il fatto che il turismo non è ancora tornato a pieno regime rallenta ulteriormente la risalita. Nonostante questo, però abbiamo notato che l’attenzione verso i prodotti di qualità non smette mai di crescere. Il mondo sta adottando consumatori più attenti, più consapevoli, più raffinati. Personalmente credo che mangiare o bere qualcosa sia come fare un viaggio, noi non consumiamo solo il prodotto: consumiamo la specie, la geografia del territorio e anche i produttori stessi”.

Ora l’Italia è ripartita, quali i progetti per il futuro?
“Progetti ce ne sono molti. Noi curiamo anche il nostro vigneto da cui ricaviamo l’uva che poi viene ceduta a realtà enologiche del Sannio per produrre vari tipi di vino. Il prossimo step vorrebbe essere quello di produrre una nostra linea di vini. Per ora ci stiamo concentrando sulla produzione degli oli e sulla costruzione di una sede aziendale completamente immersa in uno dei nostri uliveti. La sede servirà anche ad attrarre i visitatori che vorranno provare l’olio accompagnato da focacce e verdure a “metro zero”: abbiamo già attivato un bellissimo orto biologico”.

Qual è il segreto per una buona impresa?
“Inizio subito col dire che non mi sento all’altezza della domanda che mi ha posto. Non custodisco alcun segreto. Posso sicuramente dire che risulta fondamentale circondarti di persone che stimi e su cui si può contare. Non meno importante è imparare a fare bene le cose semplici, tradurre le tue idee in qualcosa di attuabile concretamente e velocemente. Inoltre, fare questo lavoro richiede anche una spiccata capacità di risoluzione dei problemi dato che difficoltà di ogni tipo sono sempre dietro l’angolo. Fare impresa non è l’arte di sapere tutto ma l’arte di sapere dove andare a cercare. Inoltre, credo che sviluppare un sentimento sia davvero la spinta di tutto: spesso quando si parla di imprenditoria si fa riferimento a modelli intrisi di un’umanità cinica, iper-razionale e totalmente devota alle logiche dello ‘sviluppo ad ogni costo’. Io credo che in questo periodo storico sia necessario riformulare l’etica dello sviluppo per lasciare un po’ più di spazio ai sentimenti. Amare il proprio prodotto, il proprio territorio, è fondamentale. Creare opportunità non è solo questione di dati o di numeri, è anche un atto d’amore”.