Fra Emiliano Antenucci: “Vi spiego perché la famiglia è un capolavoro di Dio”

Il sacerdote sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini racconta a Interris.it il suo nuovo libro "Famiglia, capolavoro di Dio"

Dopo cinque anni dall’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, Papa Francesco ha voluto dedicare un anno speciale alla Famiglia, in preparazione all’incontro mondiale di Roma 2022 sul tema “L’amore familiare: vocazione e via di santità”.

Famiglia, capolavoro di Dio

L’opera più bella, un capolavoro di Dio. Un luogo di comunione, di amore, di accoglienza, di vocazione e di santità. Ma come può la famiglia rappresentare tutto questo? Interris.it ne ha parlato con fra Emiliano Antenucci, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, rettore del Santuario della Madonna del Silenzio in Avezzano, Abruzzo, e inventore del corso “silenzio, parla il Silenzio”. Fra Emiliano, nominato da Papa Francesco Missionario della Misericordia a tempo indeterminato in occasione dell’Anno Santo Straordinario della Misericordia, è l’autore del libro “Famiglia, capolavoro di Dio. Vocazione e vie di Santità”, edito da Insieme, con la prefazione di don Fabio Maiorana.

L’intervista

Fra Emiliano, perché hai deciso di affrontare il tema della famiglia in questo tuo ultimo libro?

“Perché il Pontefice ha indetto l’anno della famiglia, che è in realtà una piccola Chiesa. E’ la cellula fondamentale della società. E’ un luogo di preghiera, di accoglienza, di amore. Si tratta di un libro particolare: contiene un ‘vocabolario’ di Papa Francesco, inoltre c’è anche un capitolo che si intitola ‘Dal tablet alla tavola’. Abbiamo perso le ‘due tavole’, sia quella sacra sia quella profana, ed è questa la causa per cui abbiamo perso anche la comunione. Parlo anche di educazione, che è l’arte del cuore: bisogna educare alla bellezza, alla cura alla fraternità. La famiglia è il primo luogo per costruire il futuro”.

Perché, secondo lei, il Pontefice ha voluto dedicare un anno alla famiglia?

“Come diceva san Giovanni Paolo II, la famiglia è il ‘capolavoro di Dio’, è una vocazione. E’ una chiamata grande, come il sacerdozio o la vita consacrata. In questi ultimi tempi assistiamo a una crisi vocazionale della famiglia. Formare la famiglia c’è un cammino in Dio. Nel matrimonio Dio benedice la coppia che, nel momento del sacramento diventano ‘sacerdoti’ l’uno per l’altro. Il valore della famiglia si è un po’ perso nel tempo. A volte vediamo delle convivenze che sono un po’ una ‘prova d’amore’, ma l’amore non ha bisogno di prove”.

Quale significato ha il sacramento del matrimonio?

“Se uno scoprisse il significato del matrimonio, andrebbe di corsa in Chiesa a sposarsi. Significa essere benedetti dal Signore, questo sacramento è un aumento di grazia e aiuta gli sposi a superare le debolezze e le fragilità che ognuno ha. In questi ultimi anni, abbiamo visto dei matrimoni che assomigliavano più a degli show televisivi, si punta a trovare un sacerdote che sia uno ‘showman’, la chiesa bella, la location perfetta. Invece, il matrimonio è amore benedetto da Dio, un’unione terrena e celeste. Si spende molto tempo e soldi per curare l’aspetto estetico di un matrimonio, ma dovremmo ritornare a dei ‘matrimoni francescani’, più semplici, ma più sostanziosi. Il matrimonio non è solo un contratto terreno, ma un patto che si fa con Dio”.

Quali altri temi affronta il tuo libro?

“Potrebbe essere un utile compendio per una pastorale familiare o utilizzato nei corsi prematrimoniali, in quanto affronta anche il tema dell’educazione dei figli. A breve lo spedirò a Papa Francesco”.

Molto spesso sentiamo parlare di famiglia come Chiesa domestica. Cosa significa?

“La famiglia è la chiesa domestica, è il luogo dove nasce l’amore e le vocazioni. Il primo luogo dove questi due ‘fiori’ sbocciano e si coltivano è proprio la famiglia. E’ anche un laboratorio di talenti, pensiamo all’importanza delle mamme e dei papà, ma anche degli educatori. E’ un luogo dove ognuno può scoprire la propria vocazione, la propria missione. La famiglia è un grande dono di Dio”.

Fanno parte delle nostre famiglie anche i nonni, gli anziani. Troppo spesso dimenticati, forse ne abbiamo riscoperto l’importanza proprio con la pandemia. 

“Sì, parlo anche di loro nel libro. Il Papa ha voluto istituire la giornata degli anziani e dei nonni per ricordare quanto sono importanti e quanto hanno sofferto a causa del coronavirus e dell’isolamento che ne consegue”.

Negli ultimi anni, è aumentato a dismisura l’utilizzo di device come smartphone e tablet. Li utilizziamo praticamente ovunque e ci assorbono facendoci perdere il gusto relazionarci con i nostri familiari…

“E’ vero. Forse il lockdown però ci ha permesso di recuperare questi rapporti reali. Nel capitolo ‘Dal tablet alla tavola’ affronto proprio questo argomento: dovremmo passare dai rapporti virtuali ai rapporti reali. C’è bisogno di spegnere un po’ i cellulari e riprendere a guardarsi negli occhi, cominciare ad abbracciarci, usare la tenerezza, è molto importante. Sappiamo scrivere ‘Ti voglio bene’ sul cellulare, ma a parole non lo sappiamo dire. Siamo affettivi virtuali e anaffettivi reali”.