Come evitare i rischi del web per i nostri figli

L'esperto: "C’è una crisi di valori sempre più pervasiva, nella quale il valore principale sembrano essere emozioni e desideri, da realizzare al fine di sentirsi importanti”

Per iscriversi a Tik Tok bisogna avere un’età minima di tredici anni ma la piattaforma social cinese ospita profili di milioni di ragazzini molto più piccoli. Basta partire da questo dato di fatto per avere un’idea di quale far west siano oggi i social e il mare magnum del Web, dove i bambini navigano senza alcun limite e controllo.

La pandemia e il conseguente isolamento sociale hanno fatto esplodere tutta una serie di questioni inerenti al rapporto tra i giovanissimi e le nuove tecnologie che erano già evidenti da anni. Per comodità e pigrizia le famiglie e tutte le agenzie educative hanno sottovalutato la gravità della situazione e i governi hanno lasciato un enorme vuoto normativo.

Il risveglio da questo tipo di torpore è sempre tragico e anche questa volta non ha fatto eccezione. Per tutti è stato un colpo allo stomaco la morte di Antonella Sicomoro, la bambina palermitana di 10 anni morta per soffocamento a seguito di una assurda sfida su Tik Tok. I suoi organi ora salveranno la vita a quattro bambini. Nemmeno il tempo di riprendersi dallo shock che un’altra vita è stata persa in circostanze simili morte del bambino di 9 anni a Bari (la sua identità non è stata resa nota). Il bimbo sapeva usare i social e caricava video su YouTube con il cellulare dei genitori, l’ultimo filmato è stato girato e pubblicato poco prima della morte per soffocamento. Le indagini escludono la sfida e sembrano mettere a fuoco un atto di emulazione finito in tragedia.

La risposta delle istituzioni è arrivata dopo l’irreparabile, con il Garante per la protezione dei dati personali che ha disposto il blocco per gli account di Tik Tok per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica. Vale la pena ricorda che il Garante già a dicembre aveva contestato a Tik Tok una serie di violazioni: scarsa attenzione alla tutela dei minori; facilità con la quale è aggirabile il divieto di iscriversi per i minori sotto i 13 anni; poca trasparenza e chiarezza nelle informazioni rese agli utenti; uso di impostazioni predefinite non rispettose della privacy.

Divieti, filtri e controlli imposti dalle autorità proposte per quanto necessari non devono tuttavia portarci ad eludere la sfida educativa e culturale. Per la prima volta nella storia siamo difronte a dispositivi e programmi che possono essere fruiti in qualsiasi momento della giornata, in qualsiasi luogo e in modalità completamente isolata e distante dagli occhi di un adulto. Oltretutto, ogni limite tra reale e virtuale viene meno perché quello che succede sul digitale si riverbera a velocità supersonica nella vita reale. Numerosi studi parlano di vera e propria dipendenza dai media digitali, di influenza sulle aree celebrali e dei rischi legati all’adescamento e all’emulazione. Anche la Chiesa è consapevole di quanto sia importate governare questo fenomeno.

Il Papa è intervenuto nel paragrafo 42 dell’Enciclica Fratelli tutti, evidenziando che “nella comunicazione digitale si vuole mostrare tutto ed ogni individuo diventa oggetto di sguardi che frugano, denudano e divulgano, spesso in maniera anonima”. Francesco è ancora più netto nel paragrafo 43 dell’Esortazione Christus vivit in cui spiega che “i media digitali possono esporre al rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche”.

Ovviamente la soluzione non è la proibizione totale dell’uso delle nuove tecnologie ma l’accompagnamento emotivo dei ragazzi e l’indicazione di alcune regole. Secondo gli esperti, in primis è importate stabilire una quantità di tempo limitato per la fruizione del cellulare e di altri dispositivi, oltre il quale bisogna assolutamente disconnettersi. Davanti all’esposizione continua allo schermo vanno offerte delle alternative che possono stimolare il ragazzo dal punto di vista cognitivo.

Ma per una lettura più ampia di questi ultimi fatti di cronaca Interris ha raccolto il parere di Emiliano Lambiase, psicologo e psicoterapeuta, Coordinatore dell’Istituto di Terapia Cognitivo Interpersonale di Roma e Coordinatore delle attività della Comunità Terapeutica Sifiso (per le dipendenze comportamentali) di Tuscania. L’esperto ha evidenziato che il fenomeno di Tik Tok si inserisce in un clima sociale, culturale e familiare particolare. “A livello culturale – spiega – c’è una crisi di valori sempre più pervasiva, nella quale il valore principale sembrano essere emozioni e desideri, da realizzare al fine di sentirsi importanti”. Lambiase ricorda poi che sul piano sociale vengono promossi, come valori fondamentali, l’immagine, l’apparire, il primeggiare, come obiettivi che permettono di raggiungere l’appartenenza al gruppo e la sua considerazione e stima. Infine, secondo lo psicoterapeuta, a livello familiare si passa dalla confusione all’eccessiva rigidità. “I genitori che si comportano come amici dei figli perdendo il confine – afferma ancora Lambiase -, oppure che li ignorano e trascurano; genitori che si dedicano a educare i figli alla libertà emotiva finché poi non è in contraddizione con la loro libertà emotiva, e allora in tal caso devono reprimere le loro emozioni”.

Il Coordinatore della Comunità Terapeutica Sifiso osserva infine che in questo clima di confusione o trascuratezza emotiva i ragazzi fanno da sé, perché non hanno più una chiara guida familiare (fatta non solo di regole ma anche di relazioni) e nemmeno una guida esterna fatta di relazioni forti, che invece vengono percepite esistenti solo se si rispettano determinati criteri sociali, o di valori chiari. In questo contesto i ragazzi cercando si “sentirsi”, per entrare in relazione con loro stessi, e di “farsi sentire”, per essere riconosciuti e appartenere) e non avendo avuto una chiara esperienza del valore della loro vita può capitare che la ricerchino proprio mettendola a rischio.