Enfant prodige: idolatria o desiderio?

Essere un enfant prodige non è facile. Bisogna interpretare bene la psicologia del bambino per saperlo guidare. Per interris.it il racconto di Paola Del Bosco, enfant prodige

Avere un quoziente intellettivo molto alto sembrerebbe una marcia in più nella vita e invece può diventare un ostacolo. Questo capita perché l’uomo non è fatto solo di ambizioni, ma anche di emozioni e rapporti sociali. Ci sono bambini, inoltre, che a scuola sbagliano tutte le verifiche, che corrono e non riescono a stare fermi, che non ascoltano l’insegnate e non parlano con i loro compagni. Potrebbero sembrare affetti da deficit dell’attenzione o da una qualche forma di ritardo nell’apprendimento. Invece è esattamente il contrario: sono i cosiddetti bambini prodigio. Ragazzini di 10 anni in grado di studiare il greco antico e che a 13 sono pronti per frequentare l’università. Sembrerebbe che davanti i loro occhi si apra una vita senza ostacoli e invece ne esiste uno gigantesco: avere degli amici ed essere felice. Può capitare, infatti, che i coetanei vedano quel bambino come un diverso e avere degli amici potrebbe essere davvero complicato.

Chi sono i bambini prodigio

Se misuri il tuo quoziente intellettivo, avrai un risultato che varia dagli 80 ai 100 punti. I bambini prodigio possono arrivare ad averne 149. Esistono infatti tre categorie di enfant prodige, ma solo in un caso possono dirsi veramente plus dotati:

  1. Bambini che hanno un talento da professionisti in un particolare campo di loro interesse. Grazie a qualità mnemoniche sopra la media, sono stati in grado di assimilare molte informazioni fino a potersi considerare esperti su quell’argomento, anche se frequentano ancora le scuole medie.
  2. Bambini resi prodigio dai genitori. Ragazzini che fin da quando erano in fasce sono stati abituati a contare, leggere, imparare parole complesse e assimilare nozioni. Potrebbero ritrovarsi a 13 anni pronti per l’università, ma non è una vera e propria dote naturale: il cervello si è adattato agli stimoli che arrivavano dall’esterno, ovvero dai genitori.
  3. Bambini prodigio naturali, quelli, appunto, nati con un quoziente intellettivo ben oltre la media.

Cosa significa essere un bambino prodigio

Per capire cosa significa vivere come un bambino prodigio Interris.it ha incontrato Paola Del Bosco, attrice e doppiatrice. “La mia storia comincia quando ero all’asilo. Un giorno le maestre ci dissero che chi avesse voluto avrebbe potuto iscriversi ai corsi di danza classica. Accettai e cominciò tutto per gioco. Le maestre, però, notarono subito il talento, tanto che solo per un anno frequentai il corso con i miei coetanei. Dall’anno successivo fui spostata subito nel corso con le ragazze di 15 anni eppure io avevo solo 5 anni. Negli anni successivi ho continuato con tanto studio finché sono riuscita ad arrivare al teatro dell’opera. Poi il teatro i caroselli il cinema e infine il doppiaggio”.

Cos’ha significato per lei vivere l’età della fanciullezza sotto i riflettori?
“Per me è stato un gioco. Mi sono sempre divertita sul palco o dietro un leggio, non sono mai stata costretta e poi ho avuto due genitore davvero speciali che mi hanno aiutata a rimanere con i piedi per terra. Sono cresciuta in una casa tempestata da fotografi, giornalisti sempre pronti per le interviste, ragazzi che mi chiedevano l’autografo. Eppure quando un giorno i miei amici cominciarono a chiamarmi ‘l’attrice’ io ne soffrii molto, nella mia vita reale io mi sono sempre sentita Paola, o paoletta, come affettuosamente alcuni mi chiamano”.

Quanto pesa essere catapultati sotto i riflettori quando si è ancora piccoli?
“Da questa situazione escono fuori vari tipi di enfant prodigi. Se il fanciullo ha una famiglia che lo sprona, facendolo sentire il migliore, come l’unico capace di poter raggiungere determinati obiettivi, allora quel bambino crescerà come uno pieno di si, megalomane, egocentrico che penserà di essere sempre il più bravo e il più bello. Quel bambino, che crescerà così a causa di un errore dovuto alle persone adulte che lo circondano, si troverà male nella vita, perché al primo inciampo si troverà perso. Io personalmente sono cresciuta con dei genitori che mi hanno sempre fatta sentire una bambina uguale agli altri. Mio padre mi diceva sempre ‘prima la scuola e poi il teatro’. Sia lui che mia madre, sin da subito mi hanno da sempre inculcato quali fossero i valori principali. Inoltre per evitare di creare disagio nel bambino consiglio sempre di analizzarlo, per cercare di capire cosa e quanto effettivamente possa piacergli. Il bambino va guidato, un percorso non gli va imposto altrimenti si rischiano degli effetti diversi”.

Come si affronta il successo?
“Bisogna convincersi che il successo non è tutto. Prima c’è la vita e poi c’è il resto. La vita privata, gli affetti sinceri, quelli del marito, dei figli, dei genitori. Tutto ciò che è al di fuori della nostra vita privata, può sicuramente essere fatta di affetti, ma bisogna sempre stare attenti perché c’è tanta falsità, tant’opportunismo. Il momento in cui servi ti trattano come una stella del firmamento e quando non servi ti buttano in un angolo. Se noi però mettiamo costantemente avanti la nostra vita e non il resto, nel momento in cui ci capita una batosta o qualsiasi inciampo sul lavoro, non entreremo in crisi. É questo il segreto del successo!”.