“Don Roberto Malgesini: un santo sacerdote”. Il ricordo di chi lo conosceva bene

La toccante testimonianza di Don Federico Pedrana, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, che conosceva don Roberto da venti anni

Don Federico Pedrana, il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni e a destra don Roberto Malgesini a Bucarest

“Don Roberto? Un prete santo“. A parlare in esclusiva per In Terris di don Roberto Malgesini, del suo carattere e della sua missione con i poveri, è un sacerdote che lo conosceva di persona molto bene, perché don Roberto era un suo caro amico. Si tratta di don Federico Pedrana, sacerdote comasco dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg XXIII).

Il martirio

Don Roberto Malgesini, 51 anni, è stato accoltellato e ucciso la mattina del 15 settembre alle 7 a Como, in piazza San Rocco in strada. L’assassino si è constutuito. E’ un tunisino di 53 anni, con vari decreti di espulsione alle spalle dal 2015. L’uomo è senza fissa dimora, ospite di un dormitorio in città e ritenuto una persona con problemi psichici.

“Don Malgesi lascia l’insegnamento di amare i poveri in qualunque situazione, da qualunque provenienza e da qualunque religione”, ha commentato il vescovo di Como, mons. Oscar Cantoni, in un’intervista al Tv2000.

Il ricordo di don Federico

“Lo conosco da quasi venti anni, eravamo in seminario insieme – racconta don Federico alla giornalista Milena Castigli -. Ora sto in Romania ad aiutare i bambini di strada, ma prima vivevamo nella stessa diocesi, quella di Como. La notte uscivamo insieme per andare in strada ad incontrare i senzatetto e le ragazze schiave sui marciapiedi”.

“Don Roberto era davvero un santo perché viveva alla lettera il Vangelo. Era accanto ai senza fissa dimora, ai carcerari, alle ragazze schiavizzate, come Gesù con gli ultimi. Non aveva parrocchia su mandato del vescovo proprio per stare accanto agli ultimi. Li portava nel suo cuore costantemente”.

“Era inoltre una persona molto semplice, umile, molto schiva. Ad esempio, lo chiamavano spesso per dare la sua testimonianza nelle parrocchie, ma lui non andava mai. Diceva: “Cosa volete che vi racconti?”. Invece, aveva una vita ricchissima da raccontare!”.

“Per esempio, siamo usciti in strada insieme tante volte per incontrare i poveri e gli emarginati. Anche qui a Bucarest, quando venne a trovarmi qualche anno fa. Don Roberto con i poveri si trasformava. Da molto timido nella vita quotidiana quale era, quando stava con loro diventava solare. Riusciva ad entrare in un dialogo profondo con loro. Si vedeva che quella di stare con gli ultimi della società era davvero la sua vocazione“.

“Non faceva parte della Comunità Papa Giovanni XXIII, come me. Ma conosceva bene tutte le opere della comunità fondata da don Oreste Benzi. E ammirava molto il pensiero e la vita di don Oreste. Più volte gli avevo detto: ‘Entra come sacerdote in comunità’, ma lui era umilissimo. Diceva sempre ‘Io non son degno…!'”.

“Inoltre – prosegue – non era solo un uomo di grande carità, ma anche di forte e intensa preghiera. Era davvero un uomo di Dio perché innamorato di Dio profondamente. La sua non era un’attività sociale. Lui pregava e tutto quello che faceva lo faceva per testimoniare la salvezza di Gesù. Non era mai entrato nelle discussioni politiche dei partiti politici pro o contro i migranti. Lui diceva: ‘Io non entro in queste discussioni. Io continuo per la mia strada per aiutare i poveri e gli ultimi'”.

“Ora – aggiunge tristemente don Federico – mi sento distrutto. Ma ho capito che io ho avuto la fortuna di aver camminato accanto a un santo! E’ il ricordo più bello che ho di noi due insieme. Era proprio un santo don Roberto. Non lo vedevi mai in televisione. Eppure, sarebbe potuto essere in tutti gli schermi televisivi per il suo esempio di vita, ma lui mai! Stava sempre nell’ombra, mai sotto i riflettori”.

“Adesso ne parlano tutti perché è morto. E’ paradossale che sia diventato ‘famoso’ solo ora tra gli italiani. Ma lui – conclude don Federico – non avrebbe mai voluto che si parlasse della sua vita, ma solo dei ‘suoi’ poveri”.