Don Rito: “Ecco come tolgo i bambini al narcotraffico”

Tra guerriglieri, narcos, omicidi e torture, la via della pace dei volontari dell’Oasis de Amor y Paz in Colombia

Mentre il mondo è subissato dall’emergenza Coronavirus, in un piccolo Paese del sud America una efferata guerra continua ad essere combattuta. In Colombia, il narcotraffico fa da padrone. Los campesinos vivono in condizioni di estrema emarginazione: “Più che manovalanza sono dei veri e propri schiavi” racconta ad Interris.it Don Rito dell’Associazione Angeli di Pace che nella regione confinante con il Venezuela ha costruito, 13 anni fa, l’Oasis de Amor y Paz con l’obiettivo di salvare i bambini dalle grinfie dei guerrilleros che utilizzano intere famiglie per raccogliere la coca. Bambini che grazie al gruppo di volontari riescono a studiare e addirittura a laurearsi e che dopo molti anni non smettono di combattere i narcotrafficanti per salvare la propria gente.

Che attività svolgete in Colombia?
“L’idea iniziale è stata quella di costruire un centro di istruzione e formazione alla Pace: prendere i bambini che sono sfruttati o avviati ad un cammino di guerra a causa del narcotraffico e salvarli, distoglierli da questa strada. Da qui, accoglierli nella fondazione per formarli affinché diventino protagonisti della Pace”.

Tutto nasce da una sua grande volontà di cambiare la situazione di violenza nel Paese?
“La mia storia personale è fondamentale per capire l’obiettivo dell’Associazione. Io sono nato in Colombia e nel corso della mia vita ho ricevuto varie offerte da parte dei guerriglieri. Qualcuno mi ha aiutato e mi sono immediatamente detto che avrei dovuto aiutare quante più persone possibile. Altri miei amici e compagni di scuola che hanno intrapreso la via della guerra sono finiti male e con loro, purtroppo, i figli. I nostri ragazzi studiano e possono laurearsi: poi si inseriscono nel mondo del lavoro, alcuni sono rimasti nella fondazione e oggi la amministrano e la guidano”.

Alcune serie idealizzano le figure dei trafficanti, che cos’è veramente il narcotraffico?
“Il narcotraffico e tutto ciò che lo circonda è una vera e propria tragedia. In Europa possiamo parlare di migrazione, guerre, Coronavirus perché questi fatti fanno scalpore. Invece, il narcotraffico e le droghe sono una tragedia che si è inserita così in profondità nella nostra società con persone che ci guadagnano e altri che ci perdono che, negli anni, è stata volutamente occultata”.

Perché il narcotraffico è interessato ai bambini?
“I narcotrafficanti non utilizzano solo i bambini ma intere famiglie sottomesse a condizioni di schiavitù. Queste per sopravvivere in quei territori dimenticati dallo Stato finiscono nelle grinfie dei trafficanti. Intendiamoci, si parla di territori molto ricchi dal punto di vista anche minerario. Lo Stato, però, non fa rispettare i diritti dei cittadini. Il 19 luglio, nella nostra regione è avvenuto un massacro che ha visto uccisi 8 contadini da parte dei guerriglieri. Il mondo non ne parla. Non interessa a nessuno raccontare di otto esseri umani prima schiavizzati e poi ammazzati dai narcotrafficanti. Questa è la tragedia nella tragedia: non volerla vedere”.

Quanta violenza perpetra il narcotraffico?
“La violenza dei narcos è una violenza che non conosciamo in Italia. Fanno delle cose impensabili. Penso alle persone che vengono uccise e fatte a pezzi. Filmano questi momenti e li inviano ai parenti delle vittime con il fine di terrorizzarli. Sono capaci di massacrare i bambini. I para militari, tra il 1999 e il 2005, hanno ucciso donne incinte, le hanno aperte per togliere il bambino. Delle cose terrificanti”.

La Colombia ha approvato una legge che protegge questa violenza.
“Questo è un residuo dell’operato dei conquistadores. Lo Stato nel 1930 con una legge ha permesso ai militari di fare qualunque cosa per difendere lo sfruttamento da parte delle multinazionali delle materie prime. Gli indigeni raccontano che si appostavano sulle rocce con archi e frecce per difendere il territorio e la loro gente ma, poi, arrivavano gli elicotteri a trivellarli di colpi. Bisogna difendere i loro diritti: agli indigeni non hanno solamente tolto il territorio, glielo hanno distrutto. Per loro non è pensabile sfruttare e distruggere il terreno e la natura per guadagnare e per arricchirsi. Le falde acquifere e le foreste devono sopravvivere all’oro, alle pietre preziose e al petrolio. In Italia andiamo in macchina, andiamo a comprare dei gioielli senza pensare alle persone che sono morte per difendere le proprie origini, i propri diritti e per mantenere un equilibrio nel mondo. Sono persone che si sono nascoste per secoli, ritirandosi man mano che la deforestazione delle multinazionali li costringeva ad arretrare. Non hanno mai avuto possibilità di studiare. Solo con la nostra associazione cominciano questo percorso”.

Un passato triste e inascoltato…
“Io cerco sempre di raccontare a questi bambini le loro origini. Quel territorio così bello e ricco è sempre stato loro. Poi, sono cominciate le violenze e gli omicidi. L’unica cosa che rimane nella loro memoria sono i cimiteri, le tombe, i luoghi di morte. Nient’altro”.

Lo Stato colombiano vi sta aiutando in questa opera di Pace?
“In Colombia nessuno si è interessato a noi. La nostra è un’opera che cammina nel silenzio. Alcuni pensano addirittura che io sia a favore dei guerriglieri e che ospiti alcuni di loro. Ma io me ne disinteresso, per me l’importante è salvare questi bambini per farli diventare protagonisti della Pace. Ragazzi istruiti e acculturati che troveranno alternative a questa condizione di violenza e sfruttamento. Nella regione al confine con il Venezuela, dove ci troviamo noi, ci sono tre gruppi di guerriglieri e sette al servizio dei narcos o dei cartelli messicani. È uno dei luoghi più complessi del mondo. I narcotrafficanti sono una realtà parallela a quella degli Stati: hanno a disposizioni miliardi, aerei, elicotteri, armi, flotte, eserciti, sottomarini e multinazionali”.

Ha corso dei rischi in questi 13 anni di attività?
“Purtroppo sì. Nel 2009 ho ricevuto una minaccia di sequestro, nel 2011 hanno ucciso mio nipote. Qualche anno fa, all’entrata della fondazione abbiamo trovato una bomba indirizzata alla polizia. Ogni tanto mi chiamano i guerriglieri per cercare di convincermi a mollare. Il Vangelo ci dice che se seminiamo del seme buono anche in un terreno difficile, i frutti si vedranno al momento del raccolto. Noi seminiamo del seme buono nonostante i narcotrafficanti”.