Non tutte le mamme hanno gli stessi diritti. “Per le lavoratrici domestiche esiste solo la maternità obbligatoria”

Domani si celebra la festa della mamma, ma nel mondo del lavoro i diritti non uguali per tutte le donne. Esiste ancora una “barriera di accesso” alla maternità

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Sos diritti negati. Domina è l’associazione delle famiglie datori di lavoro domestico.  Assiste le famiglie nella gestione del rapporto di lavoro con colf e badanti. Il Pnrr (missione 5: coesione e inclusione) parla di conciliazione tra lavoro e maternità. Ma questo è ancora uno dei punti dolenti del sistema italiano. Molte donne, infatti, si trovano costrette a scegliere tra lavoro e famiglia. E ciò determina una perdita consistente di capitale umano e di opportunità di crescita. Nel 2020, ad esempio, sono state quasi 33 mila le neo mamme che hanno lasciato il lavoro.
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Diritti delle mamme lavoratrici

Per le lavoratrici domestiche i problemi sono ancora maggiori. Devono fronteggiare, infatti, una “barriera di accesso” alla maternità. Le altre lavoratrici dipendenti possono usufruire della maternità senza particolari vincoli. Le lavoratrici domestiche, invece, devono aver accumulato un numero minimo di contributi. Ciò significa che la maternità non è subito fruibile dal primo giorno di lavoro. Ma dopo aver maturato una certa anzianità. Essere una lavoratrice domestica, quindi, non sembra conciliarsi con il diventare mamma. Lorenzo Gasparrini è il segretario generale di Domina. “A tutte le donne lavoratrici devono essere riconosciuti gli stessi diritti di maternità e genitorialità– spiega Gasparrini-. Conciliare lavoro e maternità è sempre difficile in Italia. Ogni anno molte neo mamme devono rinunciare al lavoro. Per potersi occupare dei figli”.
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Incidenza

I dati Inps parlano chiaro. Nel 2020 risultano 750 mila le donne assunte dalle famiglie italiane. Come colf, badanti e baby sitter. Di queste solo 6 mila sono in maternità (0,8%). Si tratta di un’incidenza molto bassa. Specie se confrontata con i dati delle altre lavoratrici dipendenti del settore privato (3,9%). Inoltre, il numero è diminuito negli ultimi cinque anni. Nel 2015 le lavoratrici domestiche in maternità erano 10.763. Nel 2020 sono scese a 6.185. Con una perdita netta di oltre 4 mila “mamme domestiche”. Nel 2020, per sostenere la maternità delle oltre 6 mila donne in maternità l’Inps ha speso circa 42 milioni di euro. Con un valore medio di 6.773 euro pro-capite. Variabile in base alla contribuzione della lavoratrice.
Genitorialità
Lorenzo Gasparrini esorta il governo a “convocare subito un tavolo con le parti sociali. Per poter discutere della proposta programmatica del settore”. Con l’obiettivo di rilanciarlo, puntualizza il segretario generale di Domina. Uscendo fuori dal “lavoro informale che conta oggi oltre il 60% degli occupati”. Pari a oltre “un milione di lavoratori”. La priorità, infatti, è “dare gli stessi diritti di maternità a queste che donne che si occupano della nostra casa e dei nostri anziani”. E’, sottolinea Guerini, “una questione di giustizia”. In linea con il principio di equità tra i settori sancito dalla convenzione Ilo (diritti del lavoro) numero 189 del 2011. Sul lavoro dignitoso “per le lavoratrici e i lavoratori domestici”.
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Due milioni

Nel complesso sono oltre 2 milioni le persone che lavorano come colf, badanti o assistenti familiari. Secondo i dati Inps rielaborati da Domina, nel 2020 i lavoratori domestici regolari sono stati oltre 920 mila. Con un aumento del 7,5% rispetto all’anno precedente. Tra questi, vi è una netta prevalenza di donne (87,6%). E una forte presenza straniera, pari al 68,8% del totale. Proveniente per lo più dall’Est Europa. Il settore del lavoro domestico rimane il comparto con la maggior presenza di lavoro nero. I dati aggiornati evidenziano, infatti, un tasso di irregolarità pari al 57%. Ben al di sopra rispetto alla media dei principali settori produttivi. In questo scenario, la maggior concentrazione di datori di lavoro domestico si trova in Lombardia e Lazio (34%).