Gli effetti della pandemia di Covid sul comportamento alimentare degli italiani

L'intervista di In Terris al professor Giorgio Calabrese, medico specializzato in Scienza dell’alimentazione, docente universitario e Consulente scientifico del Ministero della Salute

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La pandemia di Coronavirus ha spezzato tante vite e ha colpito la salute mentale degli italiani. In questo anno e mezzo segnato dal Covid, anche i disturbi del comportamento alimentare (Dca) hanno subito gli effetti di una situazione costellata da periodi di isolamento, maggior sedentarietà, tensioni e incertezza,  difficoltà ad essere visitati dal proprio medico, che magari per alcuni periodi era possibile contattare quasi esclusivamente via telefono o in videochiamata. Secondo l’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi), nel periodo febbraio 2021-febbraio 2021 c’è stato un aumento medio del 30% dei casi rispetto allo stesso periodo 2019-2020.

Questi disturbi, come ad esempio l’anoressia, la bulimia, il binge eating e il pick eating, derivano da una percezione alterata di come si è, del proprio corpo, che induce un determinato rapporto con il cibo: chi quasi non vuole vederlo; chi mangia in grandi quantità e molte volte al giorno; chi ne introduce tanto, per il senso di appagamento, e poi lo rigetta, per il senso di colpa.

Nel nostro Paese, secondo i dati del Ministero della Salute, soffrono di questi disturbi circa 3 milioni di persone, soprattutto donne, in età giovanile, anche si registra un incremento dei casi anche nei maschi.

Per capire come il lungo periodo della pandemia ha influito su questi comportamenti e su quali fasce d’età, In Terris ha intervistato il professor Giorgio Calabrese, medico specializzato in Scienza dell’alimentazione, docente universitario, Consulente scientifico del Ministero della Salute.

L’intervista

Quali sono i principali disturbi del comportamento alimentare?

“Ne cito alcuni, come l’anoressia, la bulimia, il binge eating e il pick eating. Nel primo caso, il soggetto non vuole quasi proprio vedere gli alimenti. Nel secondo c’è invece una grande introduzione di cibo, per il senso di appagamento di tutti i gusti, a cui fa seguito il rigetto di quanto ingerito. Ancora, il binge eating consiste nel mangiare molto e nel farlo continuamente durante il giorno, mentre nel caso del pick eating la persone mangiano solo alcune cose”.

Come sta andando il fenomeno in questo anno e mezzo di pandemia?

“Dobbiamo distinguere questo periodo in due fasi. Un dato ci dice che nel primo momento della pandemia, quando c’è stato il lockdown e tutti dovevano restare a casa, i consumi di pasta, pizza e pasti lievitati sono arrivati a essere quattro volte sopra la norma. Dopo, per circa un anno, in parte per via delle restrizioni – non si poteva mangiare al chiuso al ristorante – e in parte perché della pandemia ha risentito anche l’economia, ci si indirizzati su cibi che riempissero ed appagassero, piuttosto che preoccuparsi se fossero salutari o meno”.

Quali sono stati gli effetti della paura del contagio, dell’isolamento, delle varie restrizioni, dell’incertezza?

“Le situazioni già in essere si sono aggravate anche, per esempio, per via di una diminuzione del controllo da parte dei medici di famiglia. Le visite sono riprese da poco, per circa un anno è stato possibile solo il consulto telefonico, per cui è stato più difficile fare delle diagnosi differenziate. Una novità è stata il quasi raddoppio dei casi di pancreatite, quasi raddoppiati, sia perché c’è stata minore possibilità di curarsi che una grande abbondanza di alimenti. Si è presentato un problema legato alla componente psicologica: quando il sistema nervoso è sottoposto a stress, dovuto ad esempio a paura o anche noia, il sistema nervoso autonomo che si trova nell’intestino si altera”.

Com’è la situazione dei giovani e dei giovanissimi?

“I bambini e i giovani si sono trovati a stare in casa, a non poter giocare, a non poter andare a scuola e a non poter vedere i loro amici. In questa condizione di tensione allora mangiavano il doppio se non il triplo. Negli adolescenti c’è da considerare che si trovano in un periodo in cui cambia la loro percezione del corpo – si chiedono “Chi sono?” – in cui si attivano meccanismi psicologici. Per quanto riguarda gli adulti, di base lavorano ed escono, mentre le persone più avanti con l’età stanno di più a casa, non possono uscire e la paura, l’incertezza, li ha spinti a mangiare di più”.

Cosa si può fare per cercare di mantenere la situazione sotto controllo, in un periodo come questo?

“Adesso che si può è molto importante stare all’aria aperta e muoversi, uno dei nostri problemi è l’inadempienza meccanica dei muscoli e non dobbiamo dimenticare che il nostro muscolo principale è il cuore”.