Coronavirus: come la pandemia ha fermato cinema e teatro (AUDIO)

Il lockdown colpisce il settore dello spettacolo. Il doppiatore Chevalier, "I tempi di ripresa sono lunghi"

 

Questa terribile pandemia sta costringendo gran parte della popolazione di tutto il mondo a stare nelle proprie case in un isolamento doloroso ma necessario. Gli spettacoli nei teatri, cinema, luoghi d’arte e cultura sono stati sospesi. Annullati tutti gli eventi e le manifestazioni che in questo periodo avrebbero animato l’Italia intera. Come si rialzerà il mondo dell’arte? Quali sono le prospettive? Per Interris.it ha parlato l’attore e doppiatore Roberto Chevalier.

Il teatro è aggregazione come lo è la visione di un film ed anche un set cinematografico. La pandemia come agisce su tutto questo?

“La pandemia, purtroppo, ha colpito tutti i settori produttivi compreso cinema e teatro. In questi settori quando si lavora c’è sempre una forte aggregazione di persone, però magari quando verrà dato il via alla riapertura, qualcosa si potrà riprendere ma con determinate modalità. Per esempio, prendiamo il caso del settore cinematografico: se ci fosse una piccola troupe si potrebbe lavorare rispettando il distanziamento sociale, ma per i casi in cui ci sono molte più maestranze del gruppo attoriale coinvolto, per quei casi bisognerà aspettare che sia tutto finito e ci sia un’altra modalità di svolgimento del lavoro. Per quanto riguarda il mondo dello spettacolo teatrale, sarà ancora più difficile perché sono tante le persone che solitamente partecipano a queste attività e di conseguenza anche un distanziamento in platea diventerebbe una cosa un po’ più difficile da attuare. Oltretutto limiterebbe notevolmente gli introiti perché uno spettacolo costa molto e se vi è il 40/50% di spettatori in meno, rientrare nelle spese diventerebbe particolarmente difficile. L’unico settore che forse si salva è quello del doppiaggio dove si può doppiare uno per volta purché gli ambienti siano sanificati e corrispondano alle richieste del ministero con una certificazione medica di asl e quant’altro. Però il settore del doppiaggio penso sia l’unica eccezione perché poi per il mondo dello spettacolo in generale ci saranno tempi di ripresa diversi”.

 

Il mondo dello spettacolo uscirà cambiato da questa esperienza?

“Il mondo dello spettacolo uscirà sicuramente provato economicamente da questa pandemia e spero che il governo faccia qualcosa per risollevare le tante persone che vivono dell’arte teatrale e cinematografica”.

Tom Cruise, Tom Hanks, John Travolta, Andy Garcia, Dennis Quaid, Jeff Goldblum, Tom Berenger: con la sua voce ha dato vita a tantissimi attori famosi a livello mondiale. Quando si doppia qual è la responsabilità più grande? 

“É una bella responsabilità ma anche una grande soddisfazione essere chiamato a prestare la propria opera tecnico artistica a dei grossi attori, è bello potersi mettere alla prova sempre con personaggi nuovi, con attori, storie e strutture narrative diverse. Il doppiatore è uno che ha bisogno di esprimere vocalmente ciò che l’attore esprime vocalmente e fisicamente sullo schermo. É un lavoro che richiede una notevole empatia e dose di emotività messa al servizio dell’attore che va ad interpretare e a prestare la propria voce. É una gioia fare il proprio lavoro nei tempi giusti perché spesso capita che il cliente per voler risparmiare, contrae i costi imponendo ritmi forzati di lavoro che contrastano con quella che è la ricerca della qualità. Come dico sempre le intonazioni non si avvitano, bisogna entrare in contatto con il personaggio, elaborarlo emotivamente, aggiungerci una parte tecnica. Sono cose che richiedono tempo e il tempo purtroppo non si paga al kg, bisogna avere tempo per fare le cose bene”.

Quale personaggio l’ha divertita di più, tra tutti quelli interpretati nella sua carriera?

“Ci sono vari stadi di divertimento. Il divertimento tout court può essere stato quando doppiavo Tom Cruise alias Les Grossman, un personaggio che ha caratterizzato molto e che è contrario ai suoi soliti canoni secondo i quali lui fa sempre l’eroe, il buono, o il cattivo, lì invece interpretava un personaggio buffo, ridicolo. Dal punto di vista professionale un’interpretazione molto gratificante è stata quella di aver potuto doppiare Philip Seymour Rothman alias Truman Capote in ‘A sangue freddo’, un personaggio spigoloso, pieno di difetti di pronuncia, con una voce chioccia. Truman Capote mi ha permesso di vincere svariati riconoscimenti, mentre il primo Nastro d’Argento è arrivato grazie a ‘Talk Radio’ e il secondo con ‘Magnolia’”.

 É più facile doppiare un attore o un cartone animato? 

“C’è una bella differenza! Il sincrono sui cartoni non è lo stesso che c’è sulla bocca umana, anche se oggi, grazie al digitale, molti cartoni hanno raggiunto una notevole qualità di immagine e suono. Io non amo molto né dirigere né interpretare il cartone animato perché apporta poco alla carriera artistica, però sono comunque lavori che si rispettano. Ad ogni modo, se dovessi esprimere una preferenza tra un cartone e un attore in carne ed ossa, io preferisco l’attore, perché mi può consegnare qualcosa di più profondo di cui fare tesoro”.