Lessico sociale della Chiesa. Solidarietà e sussidiarietà contro la povertà

Sono in aumento vecchie e nuove indigenze in qualche modo stemperate dal reddito di cittadinanza con "la brutta conseguenza che molti hanno preferito questa forma di assistenza piuttosto che cercare lavoro"

carità

La dottrina sociale sociale della Chiesa come risposta alla povertà economica ed educativa. A declinare il lessico solidale del cattolicesimo è la testimonianza dell’arcivescovo Michele Pennisi. Assistente ecclesiastico della Confederazione delle Confraternite delle diocesi d’Italia. Ha presieduto la Commissione storica per la causa di beatificazione di don Luigi Sturzo. Rettore dell’Almo Collegio Capranica di Roma prima del ministero episcopale a Piazza Armerina e Monreale. Alla base della sua riflessione c’è il principio di sussidiarietà. “Fondamento della libertà. Della responsabilità. Della creatività“, sostiene monsignor Pennisi. Questo significa che “ciò che può fare la famiglia, non deve farlo l’ associazione. Quello che può fare l’associazione non deve farlo il comune. Quello che può fare il comune, non deve farlo la provincia. Quello che può fare la Regione, non deve farlo lo Stato”.  Invece “il principio di sussidiarietà non è purtroppo molto osservato“.Chiesa

Chiesa sociale

Sos povertà economica. “Sono in aumento vecchie e nuove povertà che sono state in qualche modo stemperate dal reddito di cittadinanza. Con la brutta conseguenza che molti hanno preferito questa forma di assistenza piuttosto che cercare lavoro- osserva il presule-. Ma questo aiuto deve essere semplice e facile da ottenere. Chiedere il collegamento a internet a tanti anziani per ottenere un sussidio equivale a tagliarli fuori da certe provvidenze. Partire dalla realtà significa tener conto anche di questi esempi”. Un’altra emergenza sociale riguarda la povertà educativa. “È importante insistere sul principio della libertà di educazione. Perché neppure tutti i vescovi e molti cattolici sono d’accordo. È un diritto fondamentale delle famiglie educare i propri figli- sottolinea l’arcivescovo-. I figli non possono essere educati dallo Stato. Ed è proprio della famiglia scegliere la scuola in cui i genitori ritengono che i propri valori vengano rispettati”. E’ fondamentale al riguardo il pluralismo educativo. Don Sturzo parlava di libertà educativa. E si riferiva alla libertà della scuola di Stato. Adesso c’è l’autonomia scolastica ma prima non era così. E il ministero decideva tutto a partire dai contenuti dei programmi“.Chiesa

Libertà educativa

Libertà tra scuola statale e scuola paritaria. Che “è scuola pubblica perché rende un servizio pubblico“. E qui, sottolinea monsignor Pennisi, “c’è ancora molto da fare perché anche nel mondo cattolico non c’è questa sensibilità“. In questi anni, racconta, “mi sono battuto anche in dibattiti pubblici non per difendere i privilegi della Chiesa. O i diritti delle scuole dei ricchi. Perché anche in questo caso è un luogo comune che la scuola cattolica sia la scuola per i ricchi. Ma è il classico caso del cane che si morde la coda. Infatti se lo Stato non sostiene economicamente le scuole paritarie, se le possono permettere coloro che hanno i soldi”. Si tratta di “un valore importante. E non di un privilegio da difendere”. Inoltre “quando pensiamo alla Dottrina sociale della Chiesa non dobbiamo pensare a qualcosa di statico. Ma a qualcosa di dinamico che deve essere interpretato secondo i tempi e dentro la realtà. La persona è creata a immagine e somiglianza di Dio“, puntualizza il presule. Il concetto di persona è maturato nel cristianesimo. “Per noi cristiani la persona non è una monade isolata. Ma è relazione. Perché nella Trinità le persone sono in relazione l’una con l’altra. E questo fonda anche l’impegno politico. Se ciascuno vivesse per i fatti propri, perché dovrebbe impegnarsi politicamente?- si chiede l’arcivescovo-. Se invece ciascuno è in relazione con gli altri scaturisce automaticamente anche l’impegno politico”.Chiesa

Sussidiarietà

“Il principio di solidarietà ci fa sentire uniti gli uni con gli altri“, sostiene il presule. Una solidarietà che i vescovi siciliani definiscono nel documento offerto in occasione delle elezioni regionali “fattiva ed operosa”. Quindi a fondamento deve esserci la giustizia. Ma “non ci può essere giustizia se non c’è amore”. Il principio del bene comune non è il bene dello Stato. Cioè non si può chiedere all’individuo un sacrificio per conseguire un bene comune dello Stato come entità astratta. Il bene comune è la somma dei beni di tutti i membri di una comunità. Quindi non il bene dello Stato a prescindere dagli individui. In altre parole il bene comune non è il bene statale. “La Dottrina sociale della Chiesa si aggiorna con il mutare dei tempi. Ed è basata sulle virtù fondamentali del cristianesimo che sono le virtù teologali. Ossia la fede, la speranza e la carità- conclude l’arcivescovo-. Quindi in ogni scelta umana ci deve essere la fede, la speranza e la carità. Il cristiano non può estraniarsi perché fedele al Mistero dell’Incarnazione dalla vita della società. La politica va concepita come atto di amore.Chiesa

Il tesoro di Francesco

Concetti più volte ribaditi da Fracesco. In particolare il Papa ha sottolineato che “nel terreno inquinato dal predominio della finanza abbiamo bisogno di tanti piccoli semi che facciano germogliare un’economia equa e benefica. A misura d’uomo e degna dell’uomo”. Un appello, quindi, a “tradurre in pratica la dottrina sociale della Chiesa”. Che “è ancorata alla Parola di Dio”. Per “orientare processi di promozione umana a partire dalla fede nel Dio fattosi uomo”. Per questo “essa va seguita, amata e sviluppata. Appassioniamoci nuovamente alla dottrina sociale. Facciamola conoscere: è un tesoro della tradizione ecclesiale!”.