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Due nuovi santi per le missioni. Carismi nella pastorale dei migranti

Il vescovo Scalabrini e il laico Zatti saranno canonizzati il 9 ottobre. Sulle loro orme gli evangelizzatori del terzo millennio globalizzato tra migrazioni e servizio agli ultimi

Chiesa in missione. Il 9 ottobre saranno canonizzati il vescovo Giovanni Battista Scalabrini e il laico Artemide Zatti. Al concistoro presieduto da papa Francesco  è stata decretata la beatificazione del fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo. E della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo. E quella di Artemide Zatti. Laico professo della Società Salesiana di San Giovanni Bosco (Salesiani).Chiesa

Modelli per la Chiesa

Suor Neusa de Fatima Mariano è la superiora generale delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo. Le Scalabriniane ricordano all’agenzia missionaria vaticana Fides il “padre dei migranti”. Testimonianza di un impegno cristiano a tutela degli ultimi. Una voce che “nei tempi d’oggi risuona quanto mai necessaria e attuale”. L’eredità di Scalabrini è “la missione con i migranti. Un carisma per i tempi moderni“. Il suo percorso di santità è stato “per e con i migranti”. Artemide Zatti, invece, sarà il primo salesiano coadiutore (consacrato ma non sacerdote) ad essere proclamato santo. Costretta dalla povertà, la famiglia Zatti, agli inizi del 1897, dall’Italia emigrò in Argentina. E si stabilì a Bahìa Blanca. Il giovane Artemide prese a frequentare la parrocchia retta dai Salesiani. A 20 anni entrò nell’aspirantato salesiano di Bernal. Fu operatore sanitario di una dedizione assoluta ai suoi ammalati. La gente lo cercava e lo stimava. Per il personale qualificato dell’ospedale era non solo un ottimo dirigente. Ma soprattutto un grande cristiano.Chiesa

Sulle orme dei nuovi santi

I neo-santi Scalabrini e Zatti sono figure esemplari della Chiesa in uscita. Nel mondo i settemila missionari italiani hanno un ruolo essenziale. La loro attività umanitaria è un fattore di promozione. E un moltiplicatore della presenza dell’Italia nel mondo. 4 mila sacerdoti e religiose. 3 mila laici. Eccoli i missionari italiani. Sono impegnati in tutti i continenti. Nei campi dell’evangelizzazione. Dell’educazione. Della formazione professionale. Dell’assistenza sanitaria. La missione è uno strumento essenziale di promozione sociale delle comunità locali. A difesa dei diritti umani fondamentali. Ultimo baluardo in difesa della dignità della persona. In aree devastate da violenza. Carestie. Calamità naturali. È il quadro emerso alla Conferenza del Missionari italiani nel Mondo. Recentemente organizzata alla Farnesina dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Con la presenza del segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede monsignor Paul Richard Gallagher.Chiesa

Ruolo essenziale

Molte le testimonianze di missionari italiani dai cinque continenti. Da padre Luca Bergamaschi, a nome dell’Operazione Mato Grosso in Perù. A suor Anna Molinari, missionaria canossiana in collegamento da Darwin, Australia. Da padre Livio Maggi, del Pontificio Istituto Missioni Estere, in video da Yangon, Birmania. A suor Maria de Lurdes Lodi Rissini, missionaria scalabriniana collegata da Johannesburg, Sudafrica. Infine in streaming da Jerevan, in Armenia, suor Benedetta Carugati. Religiosa della Congregazione delle Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta. Il Capo dello Stato ha voluto “testimoniare la riconoscenza delle istituzioni nei confronti del loro ruolo. Spesso silenzioso ma essenziale”. Un contributo, sottolinea Sergio Mattarella, “ancora più rilevante nelle fasi più acute della pandemia. Specialmente alle latitudini più remote. E in aree di crisi“. Ed è “inestimabile” l’esperienza» dei missionari italiani. Che “condividono con le comunità ospitanti l’orizzonte di un futuro migliore. Del loro contributo tutti possiamo andare fieri”.

Rete solidale

Un apporto, evidenzia il presidente della Repubblica, “apprezzatissimo dai Paesi di accoglienza. E dagli italiani all’estero”. E “anche la nostra rete diplomatica e consolare ne conosce bene l’operato”. E ciò spesso si traduce in una “azione di sostegno e assistenza“. Come quella che caratterizzava lo stile dell’ambasciatore Luca Attanasio, assassinato in Congo. Un diplomatico che cooperava con i missionari sul campo con entusiasmo e professionalità. Testimonianza diretta della dedizione, dell’altruismo e delle capacità delle missionarie e dei missionari italiani in Africa.

L’ambasciatore Luca Attanasio

 

 

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