“Casa Comune”, il bene confiscato che aiuta la vita indipendente

L'intervista di Interris.it a Sarah Mancini, direttrice del "Centro Argo" e referente del progetto "Casa Comune"

Un aspetto fondamentale dell’inclusione ad ogni livello delle persone con disabilità e fragilità passa attraverso l’abitare in autonomia in quanto, la casa, rappresenta il possibile inizio del percorso di vita indipendente e del cosiddetto “Dopo di Noi”.

L’esperienza di Napoli

A Napoli, grazie ad un progetto ideato e realizzato da Foqus-Fondazione Quartieri Spagnoli, Consorzio Co.Re. e Associazione Quartieri Spagnoli, riuniti in un’Associazione temporanea d’impresa (Ati), alla quale è stato assegnato dal Comune di Napoli un alloggio di duecento metri quadrati nel cuore di Napoli confiscato alla camorra sorge la “Casa Comune”, il primo progetto di co-housing rivolto a ragazzi affetti da autismo, che intende offrire loro diversi percorsi di autonomia. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato Sarah Mancini, direttrice del Centro Argo, una delle realtà che ha reso possibile questa esperienza di inclusione.

L’inaugurazione della “Casa Comune” (© Comune di Napoli)

 

L’intervista

Come nasce e che obiettivi ha il progetto “Casa Comune”?

Il progetto “Casa Comune” nasce fisiologicamente dalla domanda dei ragazzi che, dal 2016, frequentano il centro di abilitazione non medicalizzato “Argo”, il quale sorge all’interno di FOQS, ossia un incubatore sociale all’interno dei quartieri spagnoli. Siamo partiti sette anni fa con otto ragazzi ed ora ne abbiamo quasi una cinquantina. Chiaramente, dopo molti anni di lavoro sulle abilità sociali, sulle life skills e in riguardo alle autonomie di base, i ragazzi hanno il desiderio di portare le loro abilità all’interno di un contesto di vita più naturale. Abbiamo la fortuna di poter operare al centro di un incubatore che accoglie aziende, università e bambini; quindi, hanno la possibilità di svolgere percorsi pre professionalizzanti. È però chiaro che, poter avere, a poche centinaia di metri da qui, la possibilità di iniziare a lavorare sulla transizione e su autentici percorsi professionalizzanti, rappresenta l’idea che ci ha accompagnato negli ultimi anni”.

Che valenza simbolica ha, per voi, l’attuazione di un progetto di co housing in un bene confiscato alla camorra?

“Per una città come Napoli ha una valenza enorme. Come ha detto l’assessore alla legalità De Jesu alla conferenza stampa, si ha la possibilità, attraverso un impegno nel sociale, di poter donare qualcosa che appartiene alla città e che è stato mal occupato, a dei ragazzi che metteranno in atto delle attività solidali, anche con altre associazioni, dando vita ad un recupero in tutti i sensi.”

Quali sono i vostri desideri per il futuro in riguardo allo sviluppo del progetto “Casa Comune”? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione di inclusione?

“Nel corso dei primi anni, sicuramente, prevediamo di mettere in atto dei percorsi di produttività. Si avrà, ad esempio, un segmento del lavoro inerente alla fabbricazione della cioccolata, che porteremo anche all’interno della casa. Inoltre, metteremo in atto percorsi di professionalizzazione, nel senso che, i ragazzi, oltre che vivere la casa in un senso di fisiologico distacco dalle famiglie, avranno la possibilità, nella fase di transizione, di poterla abitare per interi weekend e periodi lunghi. Chiaramente, man mano, ciò darà loro la possibilità di pensare insieme a ciò che sarà il “Dopo di Noi”, che poi accompagnerà un gruppo di loro a vivere in quella casa. Mi auguro che, coloro che sono interessati e condivideranno la prospettiva con noi, potranno sostenere, in maniera pratica, tale iniziativa. Visto che crediamo tantissimo nel lavoro rete e, come ha detto anche l’assessore al welfare Trapanese, bisogna capire che, da soli, non si va da nessuna parte. Ciò conferma l’idea che, lo stare insieme, è fonte di grande forza.”