Dal carcere di Terni un progetto di inclusione attraverso la formazione

Nel carcere di Terni si è concluso un progetto di formazione a più voci per l’inclusione socio lavorativa dei detenuti nel settore della ristorazione

Nella diocesi umbra di Terni – Narni e Amelia, grazie alla collaborazione tra l’Associazione di Volontariato San Martino e Università dei Sapori, si è svolto un interessante progetto presso la Casa Circondariale locale. Il tema è stato quello dell’inclusione. Si tratta del progetto FILAR – Formazione per l’Inclusione socio Lavorativa nel settore della Ristorazione. Obiettivo dell’iniziativa, l’intento di favorire il miglioramento della condizione sociale e lavorativa di 48 detenuti della Casa circondariale di Terni, attraverso percorsi di formazione specifici nel settore della ristorazione. Anche nell’espressione della partnership creata tra le varie realtà che hanno portato avanti l’iniziativa, l’attività ha voluto mettere a disposizione dei detenuti un’esperienza formativa qualificante, strumenti e supporti dedicati ed espressamente tarati sulle esigenze del singolo, sulle caratteristiche e la durata della pena da scontare, in modo da inserire la persona ristretta, in attività occupazionali capaci di aiutarla e ridefinire il proprio recupero sociale.

Altro obiettivo del progetto è stato quello di creare un modello condiviso di lavoro tra tutti i soggetti coinvolti (Soggetti proponenti, Istituto penitenziario, mondo del lavoro, mondo del volontariato, Istituzioni pubbliche). Il tutto favorendo la predisposizione di percorsi didattici attivi e motivanti, fondati sui bisogni reali dei detenuti. Così da orientare queste persone ad un progetto di vita futuro, coniugando il sapere ed il saper fare verso l’acquisizione di competenze coerenti con le esigenze del mercato del lavoro per implementare il reinserimento e contrastare il fenomeno della recidiva.

Un momento della consegna degli attestati finali del progetto, con il vescovo di Terni, mons. Piemontese

Come si è svolto il progetto

La coordinatrice del progetto Filar, Marilena Liccardo di Università dei Sapori, ci racconta nel dettaglio come si è dipanato il percorso formativo.

“Per la nostra istituzione si trattava del primo di progetto dedicato a questo tipo di utenza, per questo abbiamo chiesto l’adesione anche all’Associazione San Martino, che già è impegnata con un servizio all’interno del carcere di Terni. Il progetto è stato presentato nel 2019 e ha subito poi delle interruzioni per via del Covid. 

Dovevamo formare in tutto 48 detenuti in condizioni tra massima e media sicurezza. Avevamo a disposizione solo 120 ore in totale, di cui 75 ore teoriche e 45 ore laboratoriali. Più di questo l’avviso non concedeva. Tutta la parte teorica ha visto la partecipazione di docenti di varie discipline. Nello specifico, sotto la guida degli Chef esperti Simone Minelli, Edi Dottori, Daniele Guerra e Donatella Aquili, 2 edizioni del percorso di cucina dedicato alle Preparazioni Gastronomiche della durata di 120 ore e 2 edizioni del corso di Pizzeria, sempre della durata di 120 ore totali.

Abbiamo pensato alla formazione per il settore della cucina e della pizzeria.

Le attività laboratoriali, precedute da momenti di Orientamento tra gli operatori dell’Associazione di volontariato San Martino e i detenuti, sono iniziate a Gennaio 2020 e terminate, con non molte difficoltà causa Covid, lo scorso 31 Agosto”.

I detenuti che hanno beneficiato di questo percorso, potranno in futuro contare su in titolo che permette loro di accedere al mercato del lavoro?

“Dato il numero limitato di ore concesse dal bando, i detenuti hanno ricevuto un attestato di frequenza in cui sono specificate il numero di ore frequentate e gli argomenti seguiti. Così come le certificazioni conseguite, che restano valide anche per il mondo del lavoro”.

Che prospettive ci sono adesso per i detenuti che hanno frequentato il corso?

“I detenuti potrebbero lavorare all’interno del carcere, anche se essendoci il sovraffollamento non è possibile, occorre una turnazione.

All’interno del carcere esiste poi un laboratorio di panificazione molto bello, da tanto era dismesso e lo abbiamo rimesso in funzione in occasione dei corso. Ora cerchiamo di farlo funzionare soprattutto per chi deve scontare pene lunghe (massima sicurezza). Se la Direzione carceraria lo vorrà, il laboratorio di panificazione potrebbe continuare a funzionare.

Sarebbe interessante pensare anche a qualche imprenditore, magari interessato a lavorare all’interno del carcere con un marchio particolare. Noi siamo in grado di mettere in atto un progetto che comprenda imprenditori sensibili a queste tematiche. Ma è fondamentale che il mondo dell’istituzione carceraria ci creda”.

Cosa è rimasto in voi di Università dei Sapori di questa prima esperienza nel mondo del carcere?

“L’esperienza è stata formativa per tutti. Solo quando ci si entra, si può capire il carcere come è. Non è semplice trovare dei formatori che prendano di buon grado la formazione in carcere, ma siamo stati fortunati perché abbiamo trovato dei docenti che hanno delle caratteristiche particolari”.