Capitano Ultimo a Interris.it: “Nell’infanzia abbandonata vedo il volto di Cristo”

Intervista su fede e pandemia di Interris.it a Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che nel '93 catturò Totò Riina e oggi da assessore regionale in Calabria combatte le ecomafie

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Il colonnello Sergio De Caprio

Il Capitano Ultimo ha combattuto Cosa Nostra talmente in prima linea e in profondità da aver catturato il capo dei capi, Totò Riina e aver ricevuto dalla mafia una condanna a morte. Interris.it ha raggiunto al telefono Sergio De Caprio in una pausa del suo impegno solidale nella casa famiglia che si occupa di bambini strappati all’abbandono della vita di strada. Ne è scaturita un’intervista che unisce riflessioni di fede e valutazioni sugli effetti sociali della pandemia. Sostituendo la “cultura del dono di sé” a quella “cultura dello scarto” dalla quale papa Francesco ha più volte messo in guardia i fedeli.Ultimo

Valori contro la pandemia

il Capitano Ultimo nel ’93 mise fine alla ultraventennale latitanza di Riina e oggi da assessore regionale in Calabria combatte le ecomafie. “La fede è sempre stata un punto fermo nella mia vita- spiega a Interris.it-. Fin dall’infanzia il mio è stato un mondo di case popolari, comunità, parrocchie. E’ l’Italia del fattore identitario che supera il Paese delle fazioni. Lo spirito di umanità è il pronto soccorso per combattere l’avidità e l’egoismo“. Aggiunge: “Praticare la cultura del dono ci consente di trovare segni di Vangelo e testimonianze di fede nel servizio al disagio del prossimo. Nel povero si guarda in faccia Gesù. Donarsi a chi ha bisogno è una preghiera recitata senza accorgersene”. UltimoCosa rappresenta per lei la fede?

“La fede è darsi sulla strada ai più fragili e indifesi. E’ il donarsi mettendosi in ascolto di coloro che incontriamo sulla nostra via. Ho imparato il valore del dono  di sé dalla fede nitida di frati mendicanti che proseguivano la loro missione nonostante malattie gravi come un tumore. Ho rintracciato Cristo nell’ombra del disagio psichiatrico di chi, non avendo nulla da regalare, ha voluto darmi il suo mandolino. Tutto ciò che possedeva. E’ la fede della strada. La vita è un cammino nell’umanità. E’ così che ho capito che voler bene ai poveri è un tesoro che dura tutta la vita”. UltimoPerché in pandemia non ha mai smesso di prendersi cura della sua casa famiglia?

“L’abbandono è il miglior alleato del virus. Il Covid aggrava le disuguaglianze sociali. E non può esistere giustizia al di fuori dell’uguaglianza e della fratellanza. Più ci allontaniamo dalla giustizia sociale più la criminalità specula e si arricchisce sulla disperazione delle fasce più deboli della popolazione”.UltimoCome orienta la sua attività di solidarietà nell’emergenza Covid?

“Proprio perché la pandemia aggrava le disuguaglianze sociali, per sconfiggerla bisogna soccorrere subito i più deboli. Il Covid è un killer che colpisce nell’abbandono. Le fasce che colpisce di più sono quelle abbandonate. L’indifferenza e l’abbandono sono i migliori alleati del virus. Nascondere il disagio sociale per convenienza o ipocrisia spiana la strada alla pandemia”.Qual è il suo piano di azione solidale?

“Questa emergenza sanitaria e sociale è un nemico da combattere contrastando l’abbandono. Il virus unito all’abbandono degenera in una miscela impossibile da gestire. Per affrontare il Covid dobbiamo ripartire dal mutuo soccorso, cioè da quel valore cattolico e operaio che ci ha sempre consentito di riemergere dalle rovine delle guerre e dei momenti più bui. E’ questa la nostra arma più efficace contro il Covid”.UltimoPuò farci un esempio?

“Siamo tutti travolti dalla stessa tempesta, ma non siamo tutti sulla stessa barca. I più fragili soffrono di più le conseguenze devastanti del Covid. C’è urgente bisogno che lo Stato agisca come una comunità coesa che si occupa con sollecitudine di persone e persone e famiglie. E’ una coscienza e una mobilitazione che devono crescere dal bassa. Il distanziamento personale per evitare il contagio va unito alla vicinanza del sostegno e della solidarietà reale”.UltimoVede troppe frammentazioni nella lotta al Covid?
«Sì, è evidente un certo scollamento. Le istituzioni sono tenute a capire dove sta il bisogno di aiuto. La lontananza che produce abbandono non è il metro di distanza delle misure di sicurezza, bensì è il male sociale di fregarsene degli altri e di ignorare chi soffre. La reazione al virus deve partire dall’unione delle energie”.A cosa si riferisce?

“Alle case popolari, alle parrocchie, alle comunità. L’Italia che si divide in fazione agevola il virus. Il vaccino è quel fattore identitario che valorizza il mutuo soccorso e combatte l’avidità e l’indifferenza verso chi ha più bisogno”.