Campi profughi dell’Egeo, dove i bambini disperati tentano il suicidio (VIDEO)

Il terribile racconto di Apostolos Veizis, responsabile di Medici Senza Frontiere per il supporto medico ad Atene.

Una condizione spaventosa quella in cui sono costrette decine di migliaia di persone nelle isole greche dell’Egeo: Lesbo, Samos e Moria. Qui i bambini, spesso senza genitori, non hanno accesso all’acqua, al cibo, al bagno, alla scuola. “E si lasciano andare ad atti di autolesionismo e addirittura a tentativi di suicidio” come racconta in esclusiva ad Interris.it Apostolos Veizis, Responsabile di Medici Senza Frontiere (MSF) per il supporto medico ad Atene.

Qual è la situazione nei campi profughi dell’Egeo?
“La situazione nei campi profughi del Mar Egeo è orribile. Ad oggi non si sono registrati casi di Coronavirus nei campi delle isole, ma in ogni caso queste persone sono esposte ad una pluralità di fattori di rischio che li fa ammalare e che può sicuramente facilitare la diffusione della Coronavirus”.

Quali sono le condizioni igieniche nei campi?
“Prima di parlare di condizioni igieniche bisogna riferirsi al problema più grande che è l’affollamento. Se chiediamo alle persone di rimanere chiuse in casa, la situazione è difficile. Ci sono sei o sette persone in tre metri quadri. In totale, nei campi sulle isole dell’Egeo ci sono 38.509 persone mentre la capacità di questi centri di accoglienza sarebbe di 6.905 persone”.

Che rischio ci sarebbe con la diffusione del Coronavirus?
“Dopo il problema dell’affollamento c’è quello delle condizioni igieniche. Le fornisco qualche esempio: c’è un solo punto di rifornimento per acqua potabile per 1.300 persone, un bagno per più di 200 rifugiati e una solo doccia per più di 600 individui. E ancora, c’è una totale assenza di accesso alle cure sanitarie: non ci sono campi medici per assistere i pazienti. Da luglio 2019, tutti i nuovi arrivati sono completamente esclusi dal diritto di usufruire dell’assistenza medica tranne nel caso di emergenza. Questa è stata una decisione del governo greco”.

Come vede questo scenario?
“Per quanto riguarda il pericolo della diffusione del Covid-19 abbiamo la seguente condizione. Innanzitutto, le persone si stanno pian piano ammalando, sia dal punto di vista fisico sia mentale a causa di queste difficili condizioni di vita. Inoltre, le persone che soffrono di malattie croniche come ad esempio l’asma sono escluse dal trattamento medico. E i bambini non vengono più vaccinati quindi in realtà anche senza il Coronavirus questi individui rimangono esposti a condizioni mediche critiche. Adesso, se immaginiamo l’esplosione di un contagio del virus con il sovraffollamento, l’assenza di condizioni igieniche minime e di strutture sanitarie, la situazione sarebbe semplicemente un incubo. La realtà è che non possiamo controllare la diffusione del Coronavirus in una situazione di sovraffollamento come questa, specialmente se consideriamo che il governo greco solo per i rifugiati delle isole ha imposto il divieto di movimento, un coprifuoco che va dalle 7 di sera alle 7 di mattina, solo un membro della famiglia può uscire dal campo e solo cento persone per ora, in generale. Questo significa, che tutti quelli che non possono muoversi fuori dal campo spendono il loro tempo in uno stato di vita disumano”.

Come Medici Senza Frontiere (MSF) avete preso delle misure particolari?
Sì, come Medici Senza Frontiere in entrambe le isole di Lesbo e Samos abbiamo adattato le nostre cliniche al di fuori dei campi in modo da assicurare le visite per chi presenta alcuni sintomi. Stiamo lavorando in collaborazione con le autorità greche e con altre organizzazioni come l’Unhcr in modo tale da mettere in campo un sistema che permetta di isolare i casi possibili di positività al virus e di garantire il giusto supporto agli ospedali locali. In più, abbiamo una apposita squadra che sta rilevando informazioni sanitarie sulle persone che vivono nei campi e stiamo aumentando la capacità idrica e di sanificazione dei campi così da far abbassare i rischi. Abbiamo deciso, di concerto con le autorità, di permettere l’allontanamento di quelle persone maggiormente a rischio, quindi gli over 60. Questi sono stati accompagnati in alcuni hotel sulle isole. Per questa settimana ci aspettiamo di traslocarne un totale di 2.400 tra coloro che superano tale età o che presentano condizioni mediche allarmanti”.

Si sono registrati casi di Coronavirus nei campi sulle isole?
“Nelle isole fortunatamente ancora no, ma nel continente sì, all’incirca 200 casi”.

In che condizioni psicologiche sono i rifugiati?
“Per quanto riguarda la situazione che ci proviene dall’accordo tra Unione Europea e Turchia è diventata forse il lavoro più duro che ci siamo trovati ad affrontare come MSF. Deve pensare che questi rifugiati da quattro anni arrivano già con problemi fisici e psicologici, qui vi rimangono almeno per un lasso di tempo che va dai 5 mesi ad un anno. Le ho spiegato quali sono le condizioni di vita nei campi e può immaginare che conseguenze abbiano. I bambini non vanno a scuola. E quello che posso dirle è che ad oggi vediamo molti bambini che si lasciano andare, che compiono atti di autolesionismo e tentativi di suicidio. Un bambino di sette anni mi ha detto che preferisce morire piuttosto che tornare in un campo profughi”.

Quanti bambini ci sono nei campi?
“In questo momento sono il 40% del totale. E il 15% è senza accompagno. Quindi vivono in un posto insicuro, dove non c’è accesso al cibo, all’acqua, alla scuola. Quelli che sono più in pericolo sono questi bambini senza genitori perché si ritrovano senza protezioni”.

Che cosa dovrebbe fara la comunità internazionale?
“La comunità internazionale in generale e l’Unione Europea in particolare stanno lasciando da sole queste persone, le stanno ignorando. E non solo i rifugiati, ma anche gli abitanti locali delle isole. E nello stesso momento le autorità europee e greche hanno asserito che queste persone non possono avere lo status di rifugiati perché sono migranti economici e che l’ONG che li stanno supportando sono composte di cattive persone. Io ritengo che sia ieri, sia oggi, sia in un futuro prossimo la comunità internazionale e l’Unione Europea hanno tutte le capacità e le risorse per cambiare questa terribile situazione. Ciò che vediamo oggi nelle isole greche è una scelta politica. Questa è un’emergenza dovuta all’assenza di una volontà politica. Possiamo dare a queste persone la dignità e assicurare loro un minimo di condizioni di vita accettabili: dare loro un letto, una casa, un bagno e del cibo. Le cose basiche per chiunque. La comunità internazionale e l’Europa hanno creato questa situazione e ora sta a loro risolverla insieme. I rifugiati non sono un problema, ma lo divengono se vengono trattati come tali, per cambiare questo approccio come comunità internazionale dobbiamo cominciare a considerare queste persone come integrabili”.