L’abito della nonna che torna attuale tramite solidarietà e sostenibilità

Un progetto di speranza e solidarietà dell'8xmille che lancia un messaggio importante "stop allo spreco". Cosa è davvero possibile recuperare dall'armadio?

L’8xmille destinato alla Chiesa cattolica in questi mesi sta seguendo le ricadute che la pandemia e la crisi economica conseguente, hanno avuto sulla società. Sono tanti i progetti che sono stati realizzati grazie al finanziamento del progetto Cei che vive tramite le offerte di tantissime persone.

Come la Caritas di Prato che grazie all’8xmille della Chiesa cattolica italiana, donne di ogni età si rimettono in gioco dando nuova vita a tessuti e abiti usati con la finalità di raccogliere fondi per progetti solidali.

“Il Laboratorio” offre quindi un servizio per il recupero di persone che vivono in condizione di disagio sociale e rappresenta un’opportunità per un reinserimento concreto nel mondo del lavoro. Nello specifico, lo staff de “Il Laboratorio” è impegnato nella realizzazione artigianale ed esposizione di articoli da regalo, bomboniere, arte sacra, legatoria di ogni genere, sartoria, produzioni di monili ecc. Interris.it ne ha parlato con Beatrice Conti responsabile del progetto.

L’arte del riciclo

“Il laboratorio esiste a Prato da molti anni e di recente però, ha subito una grande trasformazione. Negli anni, infatti, mano mano che cresceva lo abbiamo fatto diventare sempre più un laboratorio sartoriale. Così oggi ci occupiamo di riparazioni e cerchiamo di lanciare un messaggio di stop allo spreco indiscriminato per cui siamo noi per primi ad impegnarci per rimettere a modello abiti che uno può avere. La moda tra l’altro è molto veloce e si cerca di inserirla riadattando sempre quello che abbiamo. In questi ultimissimi anni abbiamo anche cominciato a riadattare gli abiti da sposa e proprio prima dell’inizio del primo lockdown siamo riusciti a realizzare anche una prima sfilata di moda. Così abbiamo lanciato il riuso degli abiti di famiglia che si possono mettere nuovamente a modello cambiando una manica oppure un’altra parte dell’abito”.

Il luogo dell’accoglienza

“Il laboratorio è sempre stato un luogo nel quale venivano accolte in particolare le donne, ma ci sono anche uomini con difficoltà economica o sociale. Le persone vengono accolte all’interno del laboratoro ed impegnate in piccoli lavoretti che prima venivano venduti nei mercatini. Negli ultimi anni, invece, nell’ottica del riciclo ci siamo specializzate nelle varie riparazioni e tutti coloro che sono inseriti nel laboratorio partecipano a questo progetto ognuno secondo le proprie capacità”.

Il momento della rinascita

“Le persone quando arrivano hanno sempre gli occhi tristi, il volto impaurito. Il tempo che trascorrono con noi, solitamente dai 3 ai 6 mesi, e in questo tempo anche se non si può imparare a tutti gli effetti un mestiere partendo da zero, si impara sicuramente a mettersi in gioco. Questo è l’aspetto più importante perché le persone che arrivano qui non hanno più voglia di combattere però quando vanno via hanno pià forza. Qui vivono un periodo che gli fa acquistare nuovamente fiducia in loro stessi ed è questo l’elemento più bello perché il laboratorio sartoriale rappresenta per loro un vero luogo della rinascita“.