Sos maltempo, il pericolo sono le frane

Negli ultimi quattro decenni il dissesto ci è costato l’equivalente di oltre 50 miliardi, ma oggi l’Italia è meno sicura di prima”, avverte Legambiente. Sono 7,5 milioni i cittadini italiani che vivono o lavorano in aree a rischio e negli ultimi cinque anni sono stati stanziati già oltre 7,6 miliardi per il risarcimento dei danni provocati dal maltempo in Italia (dati Ecosistema Rischio). Per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico, invece, sono stati stanziati 5,6 miliardi dal 1999 al 2018 (fonte Rendis Ispra). A tal proposito l’associazione ambientalista evidenzia che sono 437 i fenomeni meteorologici (riportati dalla mappa CittàClima.it) che dal 2010 a dicembre 2018 hanno provocato danni nel territorio italiano (264 i comuni dove si sono registrati eventi con impatti rilevanti che hanno provocato oltre 189 vittime e l’evacuazione di oltre 45mila persone a causa di eventi quali frane e alluvioni.

Strade interne impraticabili

Strage di agnelli, pecore e capre in Sicilia a causa dello straripamento del torrente Favara che ha investito in pieno un allevamento di Ispica, in provincia di Ragusa. A darne notizia è la Coldiretti sulla base di un primo monitoraggio sugli effetti provocati dalla terribile ondata di maltempo che si è abbattuta sulle province dell’isola. “L’esondazione del corso d’acqua – spiega Coldiretti – ha letteralmente spazzato via oltre una sessantina di animali dell’azienda Roccuzzo che sono annegati. Da una prima stima i danni al solo allevamento superano i 100mila euro. I violenti nubifragi hanno devastato – continua Coldiretti – anche le produzioni di verdura nei campi del Ragusano e reso le strade interne impraticabili. Ma danni alle colture e allagamenti si registrano anche nelle altre province siciliane investite dal maltempo”.  La perturbazione si abbatte su una regione fragile che ha ben il 92,3% dei comuni con parte del territorio a rischio idrogeologico. A questa situazione non è certamente estraneo il fatto che il territorio è stato reso più fragile dalla cementificazione e dall’abbandono che negli ultimi 25 anni ha fatto sparire a livello nazionale oltre ¼ della terra coltivata (-28%) con la superficie agricola utilizzabile in Italia che si è ridotta ad appena 12,8 milioni di ettari.

La difesa del patrimonio agricolo

“Per questo – sottolinea la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura -. L’Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell’attività nelle campagne”. L'associazione ambientalista chiede al governo di usare bene i fondi stanziati. Priorità a progetti integrati di riduzione del rischio e di adattamento al cambiamento climatico.  Negli ultimi cinque anni stanziati 7,6 miliardi per il risarcimento dei danni provocati dal maltempo. Lo stanziamento di risorse per la prevenzione del dissesto idrogeologico serve per Legambiente  ad “avviare una buona politica di prevenzione quanto mai urgente e importante”.. Per farlo è indispensabile mettere al centro progetti integrati di riduzione del rischio e di adattamento al cambiamento climatico, “altrimenti si rischia di spendere soldi inutilmente, come fatto fino ad oggi”. Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente, valuta le varie ipotesi di piano di messa in sicurezza e lotta al dissesto.

Progetti da migliorare

“Prima di avviare i finanziamenti è indispensabile rivedere l’approccio e la qualità dei progetti presentati e in attesa di essere sovvenzionati – sottolinea-. La gran parte di questi, infatti, rispondono ancora ad una logica di difesa passiva e puntuale del territorio che oggi è inefficace alla luce anche degli scenari dei cambiamenti climatici in atto”. Oggi, infatti, “gli interventi per la riduzione del rischio e quelli di adattamento al clima devono andare avanti in maniera sinergica e coordinata e per questo chiediamo anche di approvare quanto prima il piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico”. L’associazione ecologista ritiene fondamentale creare una rete di coordinamento e di controllo dal livello nazionale fino a quello locale di esecuzione di questi interventi, oltre che per la manutenzione e la gestione del rischio.  È fondamentale migliorare la qualità dei progetti di difesa alla luce del nuovo contesto climatico e delle direttive alluvioni, acqua, habitat e dotarsi di strumenti adeguati per la loro valutazione e monitoraggio nell’esecuzione e nell’efficacia.

Delocalizzare gli edifici

E’ urgente dare avvio a una politica di delocalizzazione degli edifici più a rischio: interventi che, nonostante segnali incoraggianti legati anche a specifici atti normativi passati, stentano infatti ancora ad essere messi in pratica. Lo stop al consumo di suolo è indispensabile per mitigare gli effetti del rischio ed occorre quindi rafforzare e rendere maggiormente cogenti i vincoli di inedificabilità, soprattutto nelle aree a rischio. Ancora, la tutela, rinaturalizzazione e ripristino delle aree di esondazione e dei corsi d’acqua e, infine, interventi di riqualificazione urbana che tengano insieme rischio idrogeologico e rischio climatico. Tutto questo, secondo Legambiente, si colloca in uno scenario per cui la tendenza è quella di un costante peggioramento delle condizioni climatiche che rende oggi non più rinviabile intervenire anche sul fronte dell’adattamento ad un clima che cambia, con l’obiettivo di salvare le persone e ridurre l’impatto economico, ambientale e sociale dei danni provocati.