Radio Radicale: lunedì si decide?

Continua a tener banco la vicenda di Radio Radicale, non tanto presso l'opinione pubblica quanto tra i palazzi della politica e nel mondo del giornalismo. Sulla storica emittente di partito pesa la decisione del governo, confermata dal sottosegretario all'Editoria Vito Crimi, di non voler rinnovare la concessione a trasmettere le sedute del Parlamento in quanto – spiega Crimi – Radio Radicale “da 25 anni un servizio senza alcun tipo di gara e valutazione dell'effettivo valore di quel servizio“. Se fino a stamattina gli spiragli sembravano chiusi, specie dopo la bocciatura di un emendamento al dl Crescita presentato dalla Lega che prevedeva una proroga della concessione di altri sei mesi per una cifra totale di 3,5 milioni di euro, un pertugio sembra averlo aperto il vicepremier Luigi Di Maio.

“Evitare la chiusura senza sprecare soldi”

Il capo politico del M5s, ospite a “L'aria che tira” su La7, ha risposto così alla domanda se ci fossero in programma misure per non far chiudere l'emittente: “Se vogliamo dargli una mano gliela diamo da lunedì, perché adesso vedo che questa questione se la tirano un po' tutti per la campagna elettorale”. Secondo il vicepremier “una soluzione si può trovare, partendo però da un presupposto e cioè che non possiamo dare milioni a un'unica radio e lasciare le altre sul mercato”. Quindi, ha concluso, “il ministro competente sono io, non voglio far chiudere né far perdere dipendenti, ma è finita l'era di dare soldi alle radio e ai giornali senza un minimo di meritocrazia”. Insomma, ha concluso, “voglio fare in modo che si eviti la chiusura senza sprecare risorse pubbliche”.

Le dure parole di Renzi

Sulla chiusura di Radio Radicale, ieri a Di Maio era giunto un appello da parte di Matteo Renzi. “Le campagne elettorali sono state inquinate dalle fake news sui social di cui i Cinque stelle sono responsabili politici, fake per mostrificare gli avversari. La storia vi giudicherà colpevoli, ma avete una possibilità di redenzione, non chiudendo Radio Radicale“, le parole dell'ex primo ministro. “Il presidente Fico – ha aggiunto – non se ne lavi le mani. Ieri c'era un accordo scritto, cosa è successo tra le 5 e le 6 del pomeriggio che ha fatto saltare tutto?”. “Pensare che la storia di Radio Radicale – ha concluso Renzi – sia messa in discussione da un omuncolo, da un gerarca minore, è un insulto“. Martedì 28 maggio, dalle ore 15, previsto un presidio della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana) davanti Montecitorio in cui si invitano “tutti coloro che si sono schierati al fianco di Radio Radicale e delle testate colpite dai tagli a intervenire”.

Di Battista: “Chiedete i soldi a Soros”

“Io, contrariamente a quel che si possa pensare, non ho nulla contro Radio Radicale”, scrive su Facebook Alessandro Di Battista, ex parlamentare del M5s. “Ce l’ho a morte con il finanziamento pubblico all’editoria e ancor di più con tutti questi sepolcri imbiancati della sinistra radical chic che si ricorda di Berlinguer solo tra una tartina e l’altra sugli attici della Roma bene. Per costoro va bene privatizzare la sanità e le telecomunicazioni; per costoro va bene regalare le autostrade ai Benetton e per 25 anni il Paese a Berlusconi. Ma guai se qualcuno osa toccare i finanziamenti pubblici all’editoria o ai partiti”. Poi Di Battista si rivolge direttamente ad Emma Bonino, scrivendo che “potrebbe chiamare il suo amico George Soros e, dopo averlo ringraziato per i 200.000 euro appena donati da lui a +Europa, potrebbe chiedergli per Radio Radicale l'1% di tutto ciò che incassò nel 1992 con quella speculazione che fece a danno della lira e della nostra economia. Speculazione legittima si dirà, come è legittimo tagliare i fondi all'editoria aggiungo io”.