Pil, l'Istat conferma il -0,2%: è recessione tecnica

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L'analisi di Bankitalia lo aveva predetto, la stima del Fondo monetario internazionale lo aveva ribadito, le parole di Conte lo avevano definitivamente anticipato: l'Italia è in recessione tecnica. Il sigillo finale lo ha messo l'Istat, nel suo dossier relativo ai dati del quarto trimestre del 2018, nel quale si è registrata una contrazione dello 0,2%, in aumento dello 0,1% rispetto al 2017. Un risultato così negativo non si registrava da 5 anni, ovvero nel 2013, quando il Pil registrò anche in quell'occasione un segno meno vicino allo 0,2%. Non certo una buona notizia per l'Italia, visto che il trend per il 2019 si conferma estremamente incerto, tenendo conto che ai livelli attuali il tasso di crescita resterebbe al -0,2%, ben lontano dall'obiettivo 1%.

Di Maio: “Non necessario rivedere le stime”

Nella giornata di ieri il premier Conte aveva anticipato il rischio concreto di una recessione, confermando però l'obiettivo di rilancio nel secondo semestre dell'anno: “E' una contrazione che era nell'aria – ha ribadito il presidente del Consiglio -, gli analisti la pronosticavano ed è legata a fattori esterni alla nostra economia”. Linea leggermente diversa quella del vicepremier Luigi Di Maio, secondo il quale rivedere le previsioni per il 2019 non sarà un passo necessario: “Non credo ci sarà bisogno di correggere le stime, nonostante la congiuntura economica difficile” e considerata “anche la guerra dei dazi. I dati Istat di oggi testimoniano che chi stava al governo prima di noi ci ha mentito, non ci ha portato fuori dalla crisi”.

Spread stabile

E allora, pur con un tasso di occupazione dato in leggero cresendo (58,8%, in aumento dello 0,1%), la doccia fredda dell'Istituto di statistica non manca di assestare il colpo di coda sui titoli bancari: giù quasi tutti i principali listini a Piazza Affari, con il Banco Bpm che cede il 4,2%, Bper il 3,15%, Ubi banca il 3,1%, Unicredit il 2,8%, Mps il 2,6%, Intesa il 2,2%. Il tutto, è legato al timore che la previsione pessimistica sulla crescita per l'anno 2019 possa frenare lo smaltimento degli effetti post-crisi. Non ne risente, almeno per ora, lo spread: il differenziale è fermo a 241 punti.