Per il pane quotidiano su ogni tavola

Sabato di solidarietà. Torna in tutta Italia la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare, a cui quest'anno parteciperà anche il presidente del Senato Elisabetta Casellati. Per tutta la giornata in 13.000 supermercati oltre 145.000 volontari inviteranno a donare alimenti a lunga conservazione, che nei mesi successivi verranno distribuiti a 7.569 strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d'accoglienza, ecc.) che aiutano più di 1.500.000 persone bisognose in Italia, di cui quasi 345.000 minori. Gli alimenti consigliati sono quelli di cui necessitano maggiormente le strutture caritative che si rivolgono al Banco Alimentare ovvero: alimenti per l'infanzia, tonno e carne in scatola, riso, olio, legumi, sughi e pelati, biscotti. All'iniziativa partecipa anche il presidente del Senato: Elisabetta Casellati che alle 10.30 andrà a fare la spesa nel supermercato del Gruppo Alì di via Saetta della sua città, Padova. Intanto una nuova tipologia di poveri si sta diffondendo nella città di Roma. Sono gli “equilibristi della povertà”, persone che hanno un reddito sufficiente a pagare un affitto o anche un mutuo, ma che riescono a malapena a pagarsi di che mangiare o a pagare le utenze. Questa situazione vulnerabile li fa camminare costantemente sull’orlo del precipizio della povertà vera e propria, in cui cadono di fronte a imprevisti anche minimi, secondo il Rapporto Caritas sulla città di Roma. Anche quest’anno la Caritas ha voluto, attraverso la rete dei suoi 157 centri d’ascolto parrocchiali, dei tre diocesani, e delle 52 Opere Segno sparsi su tutto il territorio offrire uno spaccato delle fragilità a Roma viste da vicino.

Sos povertà

Il rapporto Caritas parte da alcuni dati nazionali, con “le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale diminuite di circa un punto percentuale rispetto all'anno precedente”, passando dal 30% al 29%, sottolineando che in ogni caso “quasi un terzo della popolazione italiana rimane a rischio e in questo scenario è allarmante la situazione del Mezzogiorno, con un rischio che è circa il triplo per il Sud rispetto al Nord”. Per quanto riguarda specificamente Roma, la popolazione al tempo stesso diminuisce (in un anno di 16.605 cittadini) e invecchia, con una età media che ora è di 45 anni e 3 mesi e che in alcuni quartieri, fra cui la zona del centro storico, supera i 47 anni. L'incidenza della popolazione straniera è pari al 13,4% rispetto ad esempio al 19,8% di Milano: inoltre, il 44% degli immigrati proviene dal resto d'Europa, il 33% dall'Asia, il 12% dall'Africa e l'11% dall'America: “Sono dati – osserva la Caritas, a proposito di alcune polemiche e prese di posizione politiche – che fanno emergere una sovra-rappresentazione del fenomeno migratorio realizzata dai media”.

Piaga nazionale

Se la capitale piange, non va meglio nel Nordest. Nel 2018, riferisce Adnkronos, sono state oltre 5.230 le persone incontrate dai servizi della Fondazione diocesana Caritas Trieste, con una crescita significativa rispetto al 2012 (quando a essere incontrate furono 2.900 persone) anche se, precisa la Caritas, “va tenuto conto del fatto che i servizi sono raddoppiati” e 706 i minori supportati all’interno dei nuclei familiari beneficiari dei servizi, rileva il Rapporto 2019 “Non chiamatela solo povertà” diffuso della Caritas Diocesana di Trieste che attraverso questo strumento “vuole offrire alla città uno spaccato delle fragilità delle persone che Caritas ha incontrato nell’ultimo anno, delle possibili risposte di prossimità messe in campo per supportare tali fragilità e una valutazione dell’impatto del proprio agire”.  Tra gli elementi emersi dal report, lo svolgimento di 12.544 colloqui con una media di 7 per persona, prendendo in considerazione tutti i servizi (oltre a quello di ascolto svolto tradizionalmente dai Centri d’Ascolto, cuore delle attività delle Caritas, anche quelli sviluppatisi nel tempo di ascolto in carcere, la consulenza psico-sociale, i punti di ascolto per le nuove dipendenze). Sono state 108.768 le giornate di accoglienza nelle case della Caritas e 272.039 i pasti serviti dalla mensa “Giorgia Monti” che serve in un anno 100.804 pasti caldi a pranzo e a cena con una media di 276 pasti al giorno. Sono stati poi 706 i minori supportati, il 74% dei quali – di età compresa tra 0-12 anni – fa parte di nuclei familiari che accedono a servizi come il Centro di Ascolto Diocesano e l’Emporio della Solidarietà, mentre nelle strutture di accoglienza sono presenti 115 minori insieme alle loro famiglie.

Le nuove fragilità sociali

La maggior parte delle persone incontrate è residente sul territorio di Trieste e fruisce prevalentemente dei servizi di ascolto e accompagnamento, delineando la presenza di situazioni più complesse, caratterizzate dalla necessità di interventi intensivi e continuativi. I non residenti, in prevalenza richiedenti asilo, utilizzano soprattutto i servizi di accoglienza nelle strutture e la soddisfazione dei bisogni primari (pasti, vestiti, docce, dormitori notturni) oltre che quelli dedicati come l’ufficio immigrazione per l’espletamento delle pratiche burocratiche e l’assistenza legale. La Caritas diocesana, evidenzia Adnkronos, opera sul territorio attraverso il suo braccio operativo, la Fondazione diocesana Caritas Trieste onlus che conta 81 dipendenti a cui si aggiungono 139 volontari ai quali se ne sommano altri 480, di tutte le età, per gli eventi che Caritas organizza durante l’anno, come la Raccolta Alimentare o la Corsa dei Miracoli. Negli ultimi due anni la Fondazione Diocesana Caritas Trieste onlus ha deciso di rafforzare il servizio “Formazione e inserimenti lavorativi”. Da dicembre del 2018 il servizio ha incontrato circa 130 persone, valutando per ciascuna l’opportunità e la possibilità di un inserimento lavorativo tramite tirocinio o l’avvio o il prosieguo di un percorso di apprendimento formale. Nel 2018 sono stati 18 i progetti finanziati che hanno avuto come destinatari finali per il 77,4%  persone residenti e nel 22,6% richiedenti asilo. Le aree d’intervento sono state la casa (43%), il supporto di persone richiedenti asilo (22,7%), l’inserimento lavorativo (17,8%), le persone senza dimora (5,1%), la povertà alimentare (4,4%), il carcere (3,0%), e gli anziani (1,9%).

La dimensione inclusiva

Nell’ultimo anno Fondazione ha attivi 45 servizi alla persona, suddivisi in 6 Servizi d’ascolto, 26 Servizi d’accoglienza, 7 Servizi di risposta ai bisogni primari, 5 Servizi specialistici più un ufficio progetti, un osservatorio e i servizi amministrativi. L’81,7% delle risorse deriva da convenzioni e progetti con enti pubblici come Prefettura, Comune di Trieste, ministero dell’Interno, Fondazione CRTrieste e Regione Friuli Venezia Giulia. La Diocesi contribuisce con fondi propri per il 16,3% e un 2% arriva da elargizioni di cittadini. Quanto alle principali voci di spesa, il 56,2% dei fondi è utilizzato per i servizi alla persona ed il 41,7% per la retribuzione dei dipendenti che svolgono il lavoro di accompagnamento e gestione dei servizi. Rispetto al supporto delle persone, i principali interventi economici riguardano pasti e alimenti (39,3%), soluzioni abitative (37,1%) e formazione lavoro (15,4%). “La dimensione inclusiva e collaborativa – spiega all’Adnkronos il vescovo di Trieste, Gianpaolo Crepaldi – è stata coltivata dalle diverse parti coinvolte creando così, particolarmente in questi ultimi anni, una rete solida di servizi alla persona animata da un fecondo interscambio alla ricerca del bene comune. Auspico che sia proprio questa la strada sulla quale mantenere vivi i rapporti con tutte le altre agenzie sul territorio impegnate, a diverso titolo, nella lotta alle povertà”. “La Chiesa e certamente la Caritas – sostiene il direttore Caritas, Alessandro Amodeo – non sono costruite da numeri, ma alcuni dati di questo report sono ineludibili”. “Caritas – ha aggiunto il presidente della Fondazione Caritas Trieste, Monsognor Piero Emilio Salvadè – è innanzitutto prima che fare “esserci”. Da questo “esserci” nasce un’analisi dei bisogni. Un’attenzione al particolare, ad ogni persona. Prima di fare occorre pensare, perché il fare sia non un vuoto rincorrersi di azioni sconclusionate, ma sia il prodotto di un progetto, di un cammino fatto insieme”.