Mattarella: “La politica non sia solo scontro”

Sappiamo che la politica comporta anche scontri. Vorrei a questo riguardo ricordare alcune parole di Aldo Moro. 'Anche se talvolta profondamente divisi… sappiamo di avere in comune ciascuno per la propria strada, la possibilità e il dovere di andare più lontano e più in alto. Non è importante che pensiamo le stesse cose, ma la comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo'”. Sono queste le parole che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha pronunciato nel discorso in occasione degli auguri di fine anno con i rappresentanti delle Istituzioni, delle forze politiche e società civile. 

Riportiamo il discorso integrale pronunciato dal capo dello Stato. 

“Rivolgo un saluto molto cordiale, attraverso i loro Presidenti, al Parlamento al Governo, alla Corte costituzionale, a quanti sono qui rappresentati. E ringrazio il Presidente del Senato per il suo intervento, gli auguri e per le considerazioni che ha svolto. Nel corso del 2019 sono intervenute le dimissioni del governo costituitosi nell’anno precedente, essendo venuto meno il sostegno della coalizione su cui si basava. In Parlamento, secondo i meccanismi previsti dalla Costituzione, si è formata una nuova e diversa coalizione di maggioranza che ha espresso il nuovo Ministero e gli ha conferito la fiducia. Nel rinnovare il ringraziamento nei confronti dei componenti del Governo precedente per l’opera prestata, esprimo gli auguri al Governo di recente costituzione per la sua attività.

Nella stagione che viviamo il confronto politico assume sovente toni molto aspri; e anche alcuni recenti passaggi parlamentari hanno fatto registrare tensioni. Sappiamo che la politica comporta anche scontri. Vorrei a questo riguardo ricordare alcune parole di Aldo Moro. “Anche se talvolta profondamente divisi… sappiamo di avere in comune, ciascuno per la propria strada, la possibilità e il dovere di andare più lontano e più in alto”. “Non è importante che pensiamo le stesse cose” invece è di straordinaria importanza – scriveva – la “comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo”. Se ne possono trarre due preziose indicazioni. La prima: chi riveste ruoli istituzionali deve avvertire la responsabilità di farlo in nome e per conto di tutti i cittadini. Aveva ben presente, Moro, il grave pericolo – purtroppo confermato dagli eventi successivi – che corre una società attraversata da lacerazioni profonde.

Il bene comune è, appunto, bene di tutti, nessuno escluso. E chi amministra la cosa pubblica, chi è chiamato al compito di governare esprime, certo, gli orientamenti della maggioranza ma con il dovere di rispettare e garantire la libertà e i diritti degli altri, delle minoranze. Questa è l’essenza della democrazia, che richiede rispetto reciproco. Il rispetto rappresenta il più efficace antidoto all’intolleranza, foriera di conseguenze negative. La seconda indicazione è quella di confrontarsi, con lungimiranza, sulle prospettive, sull’ampio orizzonte del futuro. A volte parliamo del futuro come di un domani lontano, cui non dedicare grande attenzione, oppure un domani che giungerà all’improvviso. Invece il futuro è già cominciato: scrive sulle pagine del nostro presente. Il futuro ci riguarda già oggi perché sta cambiando le nostre vite. Questa consapevolezza deve interpellare anche chi assume responsabilità politiche, istituzionali, di governo e chi, dall’opposizione, vi si confronta.

Siamo pienamente dentro un cambiamento vorticoso e inedito. Il mondo in cui ci troviamo è diverso da quello che abbiamo conosciuto. Il modo in cui viviamo è differente. Cambiano le tecnologie, gli strumenti della nostra quotidianità, le nostre abitudini. I linguaggi, gli stili di vita, i lavori, i tempi con cui organizziamo le nostre giornate. Cambia l’ambiente in cui viviamo, il clima e, in conseguenza di questo, si aggravano gli effetti dei fenomeni naturali sui nostri territori. E’ forse questo uno degli aspetti più evidenti e più dirompenti del cambiamento. Oggi i mutamenti climatici fanno apparire fragili ed esposti i nostri territori. Insicure le popolazioni che si trovano ad affrontare le drammatiche conseguenze di calamità che sarebbe illusorio definire eccezionali, data la frequenza con la quale si ripetono.

Quanto accade rilancia la necessità di definire una nuova idea di cura del territorio e della sua difesa, basata sulla prevenzione del rischio, e non centrata sulla fase dell’emergenza. Prevenire è un dovere. Governare le trasformazioni è possibile. Anche perché disponiamo di strumenti nuovi ed efficaci. Quelli che – su un altro versante di novità – ci consegnano le rivoluzioni tecnologica e digitale, con riflessi in tutti gli ambiti della nostra vita. La cultura digitale moltiplica le opportunità, amplia le conoscenze. Ma troppo spesso l’accesso a queste possibilità, a queste conoscenze non è uguale per tutti. Il divario digitale è sempre più palesemente un fattore di profonde diseguaglianze. Cambiamenti e potenzialità nuove, di cui abbiamo via via preso coscienza in questi anni, avanzano molto più velocemente e incessantemente di quanto i nostri modelli tradizionali riescano a recepire. Mutamenti climatici e realtà digitale sono paradigmi di un tempo davvero inedito.

Il tradizionale e frequente augurio “felice anno nuovo” esprime il fascino e la suggestione del futuro. E’ paradossale – proiettati, come già siamo, nel domani – che venga contraddetto da spinte e aspirazioni di ritorno a condizioni del passato; a un passato impossibile perché rimosso dalla realtà. Una scelta siffatta condurrebbe inevitabilmente a un rapido e malinconico declino. Non ci si può limitare a subire gli eventi, lasciando a dinamiche incontrollate il compito di decidere come sarà il mondo nuovo. Tanto più è necessario questo impegno in quanto assistiamo all’emergere di energie nuove, di domande di tanti giovani che, in ogni parte del mondo, chiedono di far valere il loro diritto al futuro. Perché il loro futuro è oggi, qui, adesso.

Preparare il futuro, cominciando a viverlo, significa non ignorare quel che si trasforma attorno a noi. Alzare lo sguardo dalle emergenze del presente, non significa in alcun modo parlar d’altro. Significa, al contrario, indicare la cornice e un metodo in base ai quali adoperarsi per risolvere i tanti problemi, anche gravi, che ancora attendono soluzioni, guardando oltre il contingente e la mera ricerca di consenso. È necessario inoltre misurarsi con la complessità dei problemi e delle situazioni, assumere decisioni, compiere delle scelte nei tempi richiesti dalla velocità delle trasformazioni in atto. Stabilire priorità e concentrare le risorse sui settori strategici per il nostro futuro, fare affidamento su competenze solide, tener conto degli effetti non soltanto immediati di quanto viene deciso.

La fase prolungata di debolezza dell’economia ha inciso fortemente sull’apparato produttivo del nostro Paese, con pesanti conseguenze occupazionali e gravi fenomeni di disgregazione sociale. Ecco la missione per cui combattere e il nemico da sconfiggere insieme: la mancanza di lavoro, quel lavoro indicato come fondamento della nostra Repubblica. Il lavoro che, quando c’è, è sovente precario o sottopagato. Serve il lavoro, remunerato e tutelato, anche nella sicurezza, come rimedio alla frammentazione sociale e come elemento centrale della ripresa economica. Un lavoro che possa essere il risultato di investimenti che accrescano la produttività del sistema e che affrontino i nodi che frenano lo sviluppo.

La stessa ferita dell’emigrazione forzata di tanti nostri giovani è frutto di questa situazione di stallo, al cui superamento vanno indirizzati tutti gli sforzi delle Amministrazioni della Repubblica, delle forze economiche e sociali, delle energie dinamiche della società civile, dei suoi corpi intermedi, del mondo della scienza e della cultura. Una grande alleanza tra le qualità, spesso sottoutilizzate della straordinaria rete di competenze e capacità imprenditoriali del nostro Paese, dei suoi territori, dei suoi Sindaci. Delle sue Regioni la cui autonomia rappresenta un valore costituzionale e apporta un contributo di grande rilievo che qualifica l’unità nazionale.

Occorre impegnarsi intensamente, valorizzare le professionalità e le intelligenze. L’Italia ha grandi potenzialità. Le trae dalla sua storia, dai principi fondamentali su cui è nata la Repubblica. Le ritrova nel suo straordinario patrimonio culturale; e anche nella creatività, nella voglia di fare della nostra gente. Queste potenzialità possiamo e dobbiamo investirle anche per rafforzare l’Unione Europea, di cui siamo fondatori. Ne abbiamo il prestigio, l’autorevolezza e l’interesse. L’Europa è casa nostra, e costituisce l’ambito di integrazione essenziale per consentire al nostro Paese di misurarsi con questioni divenute – piaccia o meno – globali e che solo a questo livello possono trovare soluzioni efficaci. In un mondo, i cui gli attori protagonisti hanno ormai dimensioni continentali.

L’Unione Europea ha avviato una fase di importante rifondazione, per la prosecuzione, con coraggio, di un processo di integrazione equilibrato e solidale; e per un ruolo più incisivo in ambito internazionale. Il nostro contributo sarà tanto più significativo quanto più la nostra presenza ai tavoli negoziali saprà essere qualificata nelle proposte e ferma nel sostegno di una visione che valorizzi gli interessi comuni.

Nell’incontro di auguri per il 2019 abbiamo accolto, con apprezzamento generale, l’elezione di una senatrice alla Presidenza del Senato, quest’anno salutiamo, con altrettanto apprezzamento, la nuova Presidente della Corte Costituzionale e la nuova guida dell’Avvocatura Generale dello Stato. Si tratta di scelte che evidenziano come il merito non trovi ostacoli di genere.

La presenza delle donne ai vertici delle istituzioni e nei ruoli di responsabilità delle imprese e della società civile è uno straordinario fattore di crescita e di equilibrio. Stiamo compiendo passi in avanti, anche se ancora non siamo vicini al traguardo. Resistono divari, e dobbiamo affrontarli con determinazione per superarli al più presto: penso, in particolare, al dato dell’occupazione femminile, troppo carente rispetto al resto dell’Europa. Il lavoro delle donne è oggi, per il nostro Paese, la principale opportunità di crescita e sviluppo.

In questa occasione desidero rinnovare la riconoscenza della Repubblica alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, agli Organismi di informazione per la sicurezza, a tutte le Forze impegnate, insieme alla Magistratura, per debellare la criminalità, per contrastare l’illegalità, per prevenire minacce alla convivenza civile. Nei loro confronti va espressa, insieme agli auguri, l’assicurazione della alta considerazione dell’impegno profuso.

Profonda gratitudine esprimo alle amministrazioni, ai Servizi e ai Corpi dello Stato. Dai Vigili del Fuoco alla Protezione Civile, dal mondo della sanità a quello della scuola. Le nostre Forze armate continuano a farsi apprezzare nel mondo per la loro professionalità e per il loro senso di umanità. Ai nostri militari che trascorreranno le festività in missione all’estero, formulo gli auguri più cordiali. Come ai tanti volontari, impegnati in diverse parti del mondo in opere di solidarietà e di sostegno allo sviluppo.

Di Forze Armate, Forze dell’Ordine, di Corpi dello Stato ricordiamo, con commozione e riconoscenza, quanti sono caduti nell’espletamento del dovere. Oggi, al Quirinale – che gli italiani avvertono come la loro casa – sono presenti i vertici politici, istituzionali, amministrativi, delle magistrature, quelli militari, assieme ai rappresentanti delle realtà sociali. Con voi lavorano donne e uomini che si impegnano, ogni giorno, nella vita della Repubblica. A tutti va il mio apprezzamento e il mio grazie, insieme all’augurio più sincero di buon Natale e di buon 2020″.