Mattarella: “Grazie a Sant'Egidio che lenisce ferite”

Come Presidente della Repubblica ritengo di grande importanza la pedagogia civile, l'impegno civile nel nostro Paese e nel mondo. Per questo stasera a S. Egidio va il mio grazie“.

Con queste parole il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha concluso il suo discorso a braccio pronunciato davanti al “popolo” di S. Egidio durante la visita in occasione dei 50 anni della Comunità. Una visita iniziata qualche minuto prima delle 18 nella sede del movimento, dove Mattarella ha incontrato alcuni esponenti di quel “popolo'. Rasha con i tre figli, una famiglia giunta in Italia nel 2016 da un campo profughi palestinese alla periferia di Damasco grazie ai corridoi umanitari; Giovan Battista Minello, 79 anni, che ha raccontato al presidente come insieme ad altri volontari “grandi” insegna italiano agli immigrati al Tiburtino. E ancora alcuni ex senza tetto reinseriti nella società grazie alla Comunità, migranti che ora insegnano l'italiano e sono mediatori culturali per altri rifugiati, disabili che svolgono attività artistiche tanto da partecipare alla Biennale di Venezia e da esporre al Maxxi e quelli che lavorano alla Trattoria degli amici. Non è mancato, in via riservata, un breve colloquio con alcune vittime della tratta salvate dai volontari.

Nel suo breve saluto il fondatore della Comunità, Andrea Riccardi, ha ricordato che “S. Egidio è un mondo che ha in Italia e qui a Roma le sue radici” una “cultura di umanità che non è provincialismo ma apertura all'altro, all'Europa, al mondo”. Cinquanta anni di storia che si sono trasformati da “passione religiosa a passione sociale e civile“. Il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo, nel suo discorso ha ricordato le tante iniziative di S. Egidio, a partire dalle scuole della pace, nate nelle borgate di Roma della fine degli anni 60. 

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Mattarella, che ha scherzato con “don Vincenzo, pardon mons. Vincenzo”, ovvero l'arcivescovo Paglia, fin dai primi anni accanto alla Comunità, ha ricordato le grandi emarginazioni, le povertà che erano il “campo d'azione” degli inizi di S. Egidio tra “tanta gente che era estranea allo sviluppo” che interessava l'Italia in quegli anni. Periferie che sono cambiate, “quelle, non altre”, perché “l'emarginazione non è scomparsa” e “l'impegno della Comunità è stato lungimirante perché, se “il nostro Paese è cambiato, i poveri non sono venuti meno”

Per il Capo dello Stato la Comunità “lenendo le ferite per operare concretamente ha attraversato il tempo, curando varie forme di povertà ed emarginazione ma ha anche superato lo spazio e i luoghi perché è andata incontro alla sofferenza e alla povertà anche lontano, alla sofferenza mondiale. La Comunità ha superato i confini sempre curando debolezza e emarginazione”. Nonostante non gli piaccia usare termini di origine straniere, come ha ammesso lui stesso, Mattarella ha definito S. Egidio “glocal“, “con la sua attitudine ad occuparsi contemporaneamente della dimensione locale e generale. Questo consente speranza nel mondo: non c'è separazione nel rimedio alla povertà e ai diritti alla libertà: o tutti o nessuno. Questa è la dimensione importante”. “Ci sono poveri – ha aggiunto – per tante ragioni: sopravvivenza, mezzi, malattia, isolamento, abbandono e emarginazione sociale. Vi è una quantità di povertà diverse da affrontare e questa Comunità ha accompagnato il Paese intervenendo attivamente”.

“Il mondo e il nostro Paese hanno bisogno di solidarietà, di ritrovarsi, di trovare i vincoli che tengono insieme e non quelli che separano e fanno guardare con ostilità” ha aggiunto il Presidente, prima di ricordare l'impegno per la pace di S. Egidio: “La comprensione tra popoli e tra religioni è un tema fondamentale – ha affermato – e insieme alla pace l'impegno contro la pena di morte” ha fatto acquisire alla Comunità “credibilità e autorevolezza” con gli accordi per la fine della guerra civile in Mozambico che rappresenta “la punta dell'iceberg di un'attività ampia e diffusa”.