Liberazione, Mattarella: “Ricordiamo la Resistenza senza odio né rancore”

“Oggi, senza odio né rancore, ma con partecipazione viva e convinta, ricordiamo la Resistenza”. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella intervenendo al Teatro Comunale di Carpi. “In tante famiglie italiane c’è una storia, grande o piccola, di eroismo – ha spiegato -. Perché lo facevano? Coraggio, ideologia, principi morali, senso del dovere, disillusione, pietas umana, senso comune… Tante e diverse furono le storie, tante e diverse le motivazioni. L’insieme di tutte queste fu la Resistenza“.

Con la lotta partigiana, ha ricordato, “non moriva la Patria in quei giorni, luttuosi e concitati. Tramontava, invece, una falsa concezione di nazione, fondata sul predominio, sul disprezzo dell’uomo e dei suoi diritti, sull’esaltazione della morte e sulla tirannide; una concezione di barbarie, che pure, per numerosi anni, aveva coinvolto tanti e affascinato tante menti”.

La rivolta che sfociò nella Liberazione dell’Italia, ha sottolineato, fu “custodita, inizialmente, nell’animo da pochi spiriti eletti, uccisi, perseguitati o isolati durante i lunghi anni del trionfo fascista. Ma che riuscì a propagarsi, dilagando tra la popolazione, dopo che gli eventi succedutisi all’8 settembre resero evidente, anche a chi si era illuso, anche a chi era stato preda della propaganda fascista, quanto fallaci fossero le parole d’ordine di grandezza, di potenza, di dominio, di superiorità razziale diffuse dal regime”. Mattarella ha poi citato le parole pronunciate dal maggiore dei carabinieri Pasquale Infelisi, prima di essere fucilato, a Macerata, dai nazisti: “Non si può aderire a una Repubblica come quella di Salò, illegale da un punto di vista costituzionale e per di più alleata a uno straniero tiranno. (…) L’Arma, in tutta la sua gloriosa storia ha difeso sempre le leggi dettate da governi legalmente costituiti e ha protetto i deboli contro i prepotenti. Invece adesso si doveva fare l’opposto: difendere i prepotenti contro i deboli. Per i miei sentimenti civili, militari, e per la mia fedeltà all’Arma, accettare una cosa simile con un giuramento di fedeltà l’ho ritenuta un’azione indegna e umiliante“.

Mattarella ha poi ricordato l’orrore del campo di concentramento di Fossoli (Modena). “Il lager: incarnazione, metafora e sbocco inevitabile di un’ideologia che aveva fatto della sopraffazione, della discriminazione, dell’oppressione e della guerra la sua stessa ragion d’essere. Per molti italiani – circa cinquemila – Fossoli fu il primo passo verso l’abisso. O, come disse con grande efficacia il reduce Pietro Terracina, ‘l’anticamera dell’inferno. Un inferno per chi è morto nei lager e un inferno per chi è sopravvissuto'”.

La mancanza, ha proseguito, “a Fossoli, delle camere a gas e dei forni crematori non deve trarre in inganno: anche questo campo in terra italiana faceva parte, a pieno titolo, del perfezionato meccanismo di eliminazione fisica dei cosiddetti nemici interni, dissidenti politici o appartenenti a razze follemente considerate inferiori. Con i suoi reticolati e le sue baracche, con i suoi macabri simboli – la stella gialla per gli ebrei, il distintivo rosso per i prigionieri politici – il campo di Fossoli era a tutti gli effetti una tragica tappa decisiva per la deportazione nei lager nazisti in Germania e Polonia. Da Fossoli – nodo ferroviario strategico – partirono dodici treni della morte con destinazione Auschwitz, Buchenwald, Bergen-Belsen, Mathausen, Ravensbruck“. Con le sue fasi diverse, ha evidenziato, “il campo di Fossoli è parte rilevante della storia italiana. Un luogo della memoria tra i più peculiari e importanti nel nostro Paese, che un’opera, doverosa e meritoria, ha recentemente salvato dall’incuria e dall’oblio“.