La legge Merlin non viola la Costituzione

La legge Merlin non viola la Costituzione. Le questioni di legittimità costituzionali riguardanti il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, punita dalla legge approvata nel 1958, sono state dichiarate non fondate dalla Corte costituzionale. Rendendo nota la sentenza, in attesa del deposito delle motivazioni, l'Ufficio stampa della Consulta ha comunicato che i giudici “hanno ritenuto che non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un'attività in sé lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale”.

Il caso

La questione di costituzionalità era stata sottoposta alla Consulta dai giudici della Corte di Appello di Bari, che l'avevano sollevata nel corso del processo penale sulla vicenda delle cosiddette escort presentate all'allora premier Silvio Berlusconi dall'imprenditore Giampaolo Tarantini

Cosa doveva valutare la Consulta

In particolare, i giudici della Consulta erano chiamati a sancire se la norma risalente al 1958 sia legittima o meno nel punto in cui configura come reato “il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione volontariamente e consapevolmente esercitata”. La Corte d'appello di Bari, infatti, poneva in rilievo un possibile contrasto della norma con il “principio della libertà di autodeterminazione sessuale, qualificabile come diritto inviolabile della persona umana, la quale potrebbe esprimersi anche nella scelta di offrire prestazioni sessuali verso corrispettivo” e, a suo dire, sarebbe violato anche l'articolo 41 della Costituzione, “potendo la libera autodeterminazione sessuale, essere considerata anche come una forma di estrinsecazione dell'iniziativa economica privata”. 

Ramonda (Apg23): “Potenziare la legge Merlin”

“La decisione presa oggi dalla consulta rafforza la legge Merlin e conferma la validità del suo obiettivo: la liberazione delle donne da questa forma di schiavitù moderna. Oggi in Italia prostituzione fa rima con schiavitù. Non possiamo continuare a tenere decine di migliaia di vittime per qualche escort di alto borgo”. E' quanto ha dichiarato Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Papa Giovanni XXIII, in merito alla sentenza della Corte Costituzionale circa le questioni sulla legge Merlin sollevate dalla Corte d’appello di Bari in merito al processo sulle escort e discusse nell’udienza pubblica del 5 febbraio 2019. “Rimaniamo in attesa delle motivazioni della sentenza, – ha continuato Ramonda – ma riteniamo che sia necessario potenziare la Legge Merlin, che ha appena compiuto 61 anni, al fine di renderla più efficace per il raggiungimento del suo obiettivo di emancipazione della donna. La nostra posizione rimane quella di adottare il modello nordico in cui si prevede la sanzione ai clienti, considerati corresponsabili della riduzione in schiavitù di queste persone”. La Comunità Papa Giovanni XXIII in 30 anni di attività ha liberato dalla strada e accolto oltre 7000 ragazze vittime del racket della prostituzione. Promuove, insieme ad un cartello di associazioni – tra cui Cisl, Agesci, Azione Cattolica, Forum Famiglie, Rinnovamento dello Spirito – l'iniziativa Questo è il mio Corpocampagna di liberazione per le vittime della tratta e della prostituzione.

La legge Merlin

La legge 75 del 20 febbraio 1958, è nota come legge Merlin, dal nome della prmotrice nonché prima firmataria della norma, la senatrice Lina Merlin. Essa abolì la regolamentazione della prostituzione, chiudendo le case di tolleraza e introducendo i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. A sei mesi dall'approvazione il Parlamento italiano chiudeva definitivamente 560 case chiuse. Un mercato del sesso che prima dell'approvazione della Merlin era regolamentato dallo Stato.