In attesa dei camici bianchi

Tra il 2020 e il 2022 ci saranno 23.000 potenziali candidati specializzandi agli ultimi anni di corso (dal terzo al quinto) a rafforzare il Servizio sanitario nazionale. Inoltre il ministero della Salute stima che la platea degli over 65 specialisti con un'età inferiore a 70 anni, che potrebbero essere interessati a restare volontariamente in servizio oltre i 40 anni di servizio effettivo nel triennio 2020-2022, sia mediamente pari a circa 10 mila  unità. Queste, secondo l'Ansa, le previsioni del ministero della Salute, in relazione alle misure contro la carenza di medici previste nel nuovo Patto per la salute. In Italia la carenza di camici bianchi fa chiudere i reparti e scoppiare le strutture di pronto soccorso.

In provincia strutture al collasso

“A Termoli, in Molise, non si può più partorire perché il punto nascite è stato chiuso- evidenzia Donna Moderna-. Così le donne devono spostarsi in un’altra Regione visto che il reparto di Ostetricia più vicino è a Vasto, in Abruzzo. In Sardegna, invece, il Sulcis è a corto di anestesisti e i pazienti con traumi importanti ma non urgenti devono aspettare almeno 15 giorni per un intervento. Negli ospedali di provincia i medici non bastano più. Per l'associazione dei dirigenti medici, la situazione si avvia a diventare un dramma entro il 2025 quando mancheranno negli ospedali italiani circa 16500 figure, soprattutto specialisti in medicina d’emergenza-urgenza, pediatria, chirurgia generale, medicina interna, anestesia, rianimazione e terapia intensiva: “Se andiamo avanti così il Sistema sanitario nazionale potrà erogare sempre meno servizi e tanti reparti chiuderanno”.

Tagli alla spesa

Sperimentazioni d’emergenza, sottolinea il settimanale, sono in corso nei Pronto soccorso di Piemonte e Veneto, dove arrivano neolaureati senza specializzazione e in Molise dove si è ipotizzato persino l’invio di medici militari nei reparti a rischio chiusura. “È il risultato di anni di tagli alla spesa sanitaria e sarà anche peggio nel prossimo futuro perché il blocco delle assunzioni ha causato nel tempo l’invecchiamento della professione– avverte l'Anaao-. Più della metà dei nostri medici è over 55 e si prepara a lasciare il lavoro nei prossimi anni. In teoria, i giovani laureati in medicina e chirurgia ci sono ma non possono lavorare negli ospedali perché non hanno la specializzazione necessaria: in pratica non riescono ad accedere alle scuole per diventare cardiologi, ortopedici, internisti o pediatri”. Per specializzarsi oggi bisogna frequentare le scuole presenti in una rete di università e ospedali: durano dai 4 ai 5 anni e gli studenti vengono remunerati circa 25.000 euro l’anno ma si accede tramite concorso nazionale. Nelle strutture pubbliche italiane lavorano circa 213 medici ogni 100 mila abitanti. Nel 2025, senza interventi strutturali, si arriverà a 181. In Francia ogni 100 mila abitanti i medici sono 264, in Germania 237 e in Spagna 227. La situazione è più drammatica in Piemonte dove mancano 2004 medici, in Toscana (1973) e Sicilia (2251). Secondo la Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie, oggi nel nostro Paese il 35% dei medici lascia l’ospedale prima del pensionamento per trasferirsi nel settore privato dove viene  pagato meglio e lavora in condizioni  meno stressanti.

La formazione

“I posti resi disponibili dal ministero, a causa dei tagli e della mancanza di programmazione, sono sempre meno del numero dei candidati- spiega a Donna Moderna l'associazione dei medici in formazione specialistica FederSpecializzandi-. Nel tempo si è così formato un grosso “imbuto formativo” in cui si affollano i giovani abilitati alla professione ma impossibilitati a specializzarsi. Quest’anno per esempio le stime parlano di circa 19.000 medici per poco più di 8.000 posti di specializzazione”. L’obiettivo secondo l'Anaao deve essere permettere a tutti i laureati di specializzarsi. In Germania i medici in formazione lavorano, assunti dagli ospedali, con i più anziani come tutor. E evidentemente il modello piace. Non è un caso che, secondo i dati della Federazione degli Ordini medici, il 71% dei  neolaureati italiani stia valutando proprio l’idea di specializzarsi oltrefrontiera.

Stereotipo da superare

“A farlo già ogni anno sono in 1500. Una volta varcato il confine però raramente un giovane medico torna in Italia a lavorare perché qui lo stipendio di uno specialista parte da 2400 euro al mese. Lo stesso medico in Germania ha una retribuzione che parte da 5.500 euro- ricostruisce il settimanale. E in Gran Bretagna da 4.300. “Oltre a quelli per gli specialisti il ministero mette a bando ogni anno posti nei corsi di formazione per la medicina generale, un settore che a torto è considerato meno prestigioso degli altri”, evidenzia  Carlomaurizio Montecucco, delegato ai Rapporti con il Sistema sanitario nazionale e regionale del rettore dell’Università di Pavia. Questi corsi sono meno affollati perché pagati la metà di quelli per aspirante cardiologo o chirurgo. Ma proprio per questo è molto più facile accedere e il lavoro è assicurato. “Basta superare lo stereotipo secondo il quale il medico di famiglia ha un ruolo meno prestigioso. Oggi non è più relegato alle visite a domicilio ed è spesso a capo di strutture complesse, equipe in cui lavorano infermieri e specialisti. È una figura sempre in prima linea in quella che è la missione di ogni medico, aiutare il prossimo”.