Don Buonaiuto al raduno Confsal: “Non lasciamo solo chi soffre”

Fa ancora una volta il pieno di presenze il raduno Confsal del Primo maggio, per il secondo anno di fila convocato a Piazza del Plebiscito a Napoli. Una manifestazione che ha messo al centro il lavoro ma anche il futuro dell'azione sindacale, inquadrata non come un percorso da compiere ognuno nella sua autonomia ma da pensare nell'ottica di un fronte unitario che orbiti attorno alla centralità comune, quella del lavoro appunto, come ha ricordato anche il segretario generale Raffaele Margiotta. L'evento di Napoli ha visto quest'anno la partecipazione di don Aldo Buonaiuto, direttore di In Terris e sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, che nel suo intervento ha invitato i giovani presenti nel consesso napoletano a prendere le redini del futuro della nostra società, ricordando loro di non dimenticare coloro che sono lasciati indietro: “Vorrei che noi tutti potessimo oggi ricordare una persona, morta qualche giorno fa: Antonio Stano, di Manduria. E chiedo proprio a voi ragazzi di fargli un applauso che possa arrivare al cielo”.

Il ricordo di Antonio Stano

Antonio, ha spiegato don Buonaiuto all'assemblea di Confsal, era “una persona emarginata, sola, con problemi”, ed è per questo che “non possiamo tacere” di fronte alle indicibili vessazioni che ha subito negli ultimi giorni della sua vita: “Quattordici giovani, tra cui 12 minorenni, si divertivano a torturarlo. Alcuni di voi avranno magari un parente, un amico, un vicino con dei problemi, disagi, con problematiche di profonda solitudine, degrado, isolamento: come si fa a sopportare un'ingiustizia così grande?”. In tutte le città e paesi d'Italia, ha detto ancora, “ci sono questi nostri fratelli che soffrono. Lasciarli nell'emarginazione ma addirittura andare a far loro del male, nonostante stiano già soffrendo tantissimo: penso che non ci sia atto più disumano”.

L'emarginazione per le strade

Emarginazione, derisione, isolamento… Condizioni che caratterizzano fin troppe persone nell'ambito della nostra società, che troppo spesso dimentica il dolore di chi vive ai margini, nell'indifferenza: “Da oltre vent'anni – ha spiegato don Aldo – vado sulle strade, dove ci sono donne giovanissime, magari della vostra stessa età: ci andavo all'inizio con il fondatore della nostra Comunità, don Oreste Benzi, che oggi è in causa di beatificazione. Su quelle strade ci sono schiave, donne che tutti deridono. Ma ci sono anche tanti uomini che credono di avere diritto di acquistare il corpo di queste ragazzine che hanno magari la stessa età della loro figlia o della loro nipote. Una vergogna delle vergogne pensare di trasformare una persona in una merce, in un oggetto”. Restituire il senso di dignità alla nostra società: un compito che spetta anche e soprattutto ai giovani, “speranza e futuro” per “ribaltare il tessuto valoriale di una società che ha perso i valori e i principi, il senso profondo della dignità e della persona”.

L'appello

E, parlando di dignità, è inevitabile il riferimento al lavoro: “Come si fa a parlare di lavoro se si specula sulle persone, se si prendono in giro, se si da un po' di elemosina. La dignità e lo sviluppo integrale della persona umana ha bisogno di un lavoro dignitoso, che sia veramente la risposta di un Paese che ama il suo popolo. E allora non chiamiamo lavoro ciò che nulla a che fare con il lavoro”. Nel concludere il suo intervento, don Buonaiuto lancia un appello proprio ai ragazzi presenti: “Io sono qui anche per dare voce a chi non ne ha e tante persone, purtroppo, non hanno la possibilità di farsi ascoltare. Io spero tanto in voi ragazzi, che possiate sempre mettervi dalla parte di chi è ultimo, scartato, vulnerabile, emarginato. Non schieratevi dalla parte di chi si incolla alle poltrone, dei potenti prepotenti, dei carrieristi, degli ipocriti, degli opportunisti. Ma, come deve fare qualsiasi sindacato e chiunque vi è impegnato, mettetevi dalla parte del popolo, degli ultimi, delle persone bisognose, dei cittadini e dei cittadini per bene come siete tutti voi qui presenti”.