Cresce il Pil dell’Eurozona, ma la Corte dei Conti avverte: “In Italia ripresa modesta”

Dall’inizio degli acquisti di titoli pubblici a gennaio 2015 da parte della Bce, il Pil dell’Eurozona è cresciuto del 3,6%, “più degli Usa dopo il Qe1 e il Qe2 nello stesso periodo”. E’ quanto afferma il presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, durante il forum delle banche centrali a Sintra, in Portogallo. Poi aggiunge: “Nello stesso lasso di tempo l’occupazione è cresciuta di oltre quattro milioni”. La ripresa nell’Eurozona, osserva è “al di sopra del trend e ben distribuita” ma “dobbiamo persistere nella nostra politica monetaria” e serve “prudenza” con un aggiustamento graduale dello stimolo della Banca centrale europea.

Pressione a rialzo sui prezzi

Uno dei motivi per cui la crescita nell’Ue sta andando meglio dell’inflazione, secondo Draghi, potrebbe essere il fatto che la bassa inflazione passata sta continuando a pesare sulla formazione dei salari, con contratti indicizzati all’andamento dei prezzi in passato. Draghi ha notato come “vi sono segnali che un’indicizzazione sia tornata in alcuni Paesi di grandi dimensioni dell’Eurozona. In Italia, per esempio, l’indicizzazione rivolta al passato ora riguarda circa un terzo dei contratti privati”. “Le riforme strutturali – fa notare il presidente della Bce – che hanno aumentato la contrattazione a livello d’impresa potrebbero aver reso i salari più flessibili verso il basso, ma non necessariamente verso l’alto”. In ogni caso, una volta che diminuirà la capacità produttiva inutilizzata, “ci saranno pressioni al rialzo sui prezzi”: si tratta semplicemente di aspettare che la politica monetaria abbia “pieno effetto“.

Lenta la ripresa in Italia

Ma se cresce il Pil in Europa, non si può dire lo stesso dell’Italia, dove “il recupero della crescita del Pil, dopo una lunga crisi, appare ancora troppo modesto e, soprattutto, in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi europei“. Così si esprime il presidente di coordinamento delle sanzioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti, Angelo Buscema, in occasione della relazione sul rendiconto generale dello Stato. Ecco che “il bilanciamento della politica economica e della gestione della finanza pubblica appare particolarmente complesso per l’Italia”. L’elevato livello del debito pubblico”, elemento di “maggiore vulnerabilità” dell’Italia, “impone alla politica economica, ben di più di quanto non derivi dai vincoli fissati con le regole europei sui conti pubblici, di proseguire lungo un ‘percorso di rientro’ molto rigoroso”.

Misure contro corruzione insufficienti

“A consuntivo – dice ancora la Corte – le misure messe in atto mentre sembrano avere salvaguardato l’operare di interventi di sostegno dei comparti produttivi, non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa”. “Resta, quindi, ancora attuale la necessità di una revisione attenta di quanto può, o non può, essere a carico del bilancio dello Stato”. Sul fronte degli acquisti, evidenzia Buscema, si conferma “la centralità” della Consip nelle politiche di contenimento della spesa “anche se è emersa nel corso degli anni l’esigenza di una verifica dei risultati più rispondenti a dati reali“. “Per lo Stato – conclude – nonostante l’incremento della spesa mediata da Consip, l’acquisizione di beni e servizi risulta ancora in prevalenza effettuata con il ricorso alla procedure extra Consip“. Un altro grido d’allarme è stato lanciato sulla corruzione che continua a produrre “effetti negativi sulle risorse pubbliche, spesso devastanti”. La denuncia, questa volta del procuratore generale Claudio Galtieri evidenzia “rilevanti effetti distorsivi, irregolarità e illeciti penali, proprio nei settori in cui più alto è il livello della spesa, come quelli della sanità, della realizzazione di opere pubbliche e della prestazione di servizi”. Dal che Galtieri ha sollecitato pertanto “un approccio più sostanziale che, superando talune impostazioni dottrinarie, astrattamente fondate, ma assolutamente inadeguate nel concreto, che affronti il fenomeno della corruzione” tenendo conto della sua “diffusività” e della “insufficienza delle misure finora apprestate dall’ordinamento“.