Come il governo pensa di combattere l'evasione fiscale

Il disinnesco della “bomba” Iva, più soldi nelle tasche degli italiani (con il taglio del cuneo fiscale) e la lotta all'evasione per recuperare risorse sono gli obiettivi della legge di bilancio per il 2020 del governo Conte II. L'esecutivo italiano punta a una manovra espansiva, con un rapporto deficit/Pil al 2,2%, come scritto nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. La cifra complessiva della finanziaria potrebbe essere di poco superiore alla trentina di miliardi di euro, di cui ben 23 impiegati per non far scattare le clausole di salvaguardia. Grazie anche alla flessibilità che sarebbe intenzionata a concedere la Commissione europea, ovvero l'utilizzo di 14 miliardi in deficit. Le diverse anime del governo – Movimento 5 Stelle, Partito democratico, Italia Viva, Liberi e Uguali e Italiani all'estero – cercano di tagliare di circa tre miliardi le tasse sul lavoro e di riprenderne sette dalla lotta all'evasione. Il fine, per quest'ultima, è comune ma sui mezzi non è facile trovare un accordo. Le idee fioccano, dall'inasprimento delle pene per i grandi evasori alla lotteria degli scontrini. Finora sembra più realistico però che lo Stato riesca a recuperare, secondo alcune delle modalità del decreto fiscale collegato alla manovra economica, all'incirca 3,5 miliardi di euro. Cioè la metà. Sulla stima di sette miliardi dal contrasto all'evasione avevano espresso i loro dubbi, tra gli altri, Banca d'Italia e Corte dei conti. “Mi sembra un po' un ballon d'essai, con delle contraddizioni in alcuni punti”, è il commento di Alessandro Polettini, avvocato padovano socio fondatore dello studio legale e tributario patavino Legalitax. Raggiunto da In Terris, il legale veneto esprime le sue perplessità in merito ad alcune criticità che nel scorge nella legge di bilancio che sta prendendo forma.

Primi in Europa

Le date importanti segnate sul calendario sono due. Quella del 20 ottobre, la scadenza entro cui il disegno di legge di bilancio deve essere presentato in Parlamento. E quella del 30 novembre, termine ultimo per la Commissione europea per esprimere il suo parere in merito al documento. Rispetto allo scorso anno, quando i toni tra le istituzioni europee e il governo italiano erano decisamente accesi e il nostro Paese sfiorò l'ingresso nell'esercizio provvisorio approvando la finanziaria all'ultimo momento utile, la situazione sembra più tranquilla grazie a un accorciamento delle distanze tra l'esecutivo comunitario e quello tricolore. Ma un clima più sereno non basta da solo a trovare le coperture. In merito all'obiettivo di recuperare sette miliardi dalla lotta all'evasione fiscale, bisogna ricordare a quanto ammonti in Italia. Secondo i dati, riferiti al 2016, del Ministero dell'Economia e della finanza, l'ammontare complessivo sfiora i 110 miliardi di euro. La cifra più alta d'Europa in numeri assoluti, per lo studio “The European Tax Gap”. Triste primato.

Le ipotesi

Per cercare di far fronte a questo gravoso problema, il pacchetto per il contrasto all'evasione che prende forma contempla diversi annunci, ricette e suggerimenti. C'è chi propone di abbassare da tremila a mille euro il tetto per l'uso del contante, chi avanza l'idea di una lotteria degli scontrini per chi si fa dare la ricevuta – con tre premi fino a un milione di euro – e quella per chi paga con la carta, l'introduzione di multe per gli esercenti e i professionisti che non accettano il pagamento con la moneta elettronica. Si è parlato anche di una pene più dure per chi ha evaso – nella bozza compare però solo il titolo della norma -, di stretta sulle compensazioni indebite e di una proroga di 10 giorni tra la consegna delle dichiarazioni e le compensazioni di credito Irap, Irpef e Ires dai 5mila euro in su.

Far rispettare le leggi

“Bei proclami politici”, afferma Polettini. Ma bisogna andare a guardare la sostanza: quali misure vengono approvate e come vengono attuate. Per il legale padovano i maggiori impedimenti nella lotta all'evasione fiscale in Italia sono la mancanza di senso civico, l'esistenza di norme che possono avere come effetto collaterale quello di incentivare il nero (se sembra più conveniente), una vaga applicazione della sanzioni e un ritardo culturale nell'uso della tecnologia. “Io non uso contanti, pago tutto con la carta”, racconta. “Se vai nei paesi dell'Est Europa o in Cina tutti pagano addirittura con il telefonino”. Una situazione ben diversa dall'Italia, dove non mancano negozi, ristoranti ed esercizi dove non c'è traccia del terminale per il pagamento elettronico. “Bisognerebbe punire chi ha l'obbligo del Pos e non lo lascia usare. È un imbroglio“. Ma proprio quando si tratta di punizioni, come dice il famoso proverbio, casca l'asino. “Dal punto di vista delle sanzioni, l'Italia fa disastri. Chi evade il fisco approfitta di misure come il condono, il ravvedimento operoso, lo scudo fiscale o la voluntary disclosure oppure non paga e aspetta di vedere come va a finire”. Con un aiuto – involontario – dei tempi lunghi della giustizia italiana. Un inasprimento delle pene per i reati tributari come ha avanzato il M5S – innalzamento dai sei agli otto anni di detenzione, abbassamento delle soglie di punibilità e confisca dei beni per sproporzione – potrebbe rivelarsi inutile. “Bisognerebbe applicarle”, commenta Polettini “ho visto diversi casi in cui il reato tributario c'è stato ma gli accertamenti sono stati così lunghi che il rinvio a giudizio è arrivato a ridosso dello scatto della prescrizione…”.

Contraddizioni

La strada da seguire dovrebbe essere, prima di tutto, quella di “educare” le persone a tenere un corretto comportamento nei confronti del fisco. Ma questo, per Polettini, “è un percorso su lunghissimo periodo” che si può affrontare solo un passo alla volta. Ad esempio, introducendo strumenti che incoraggino una condotta trasparente come il contrasto d'interesse, in poche parole rendere “appetibile” per l'acquirente chiedere lo scontrino, la ricevuta o farsi fare la fattura che può usare come documento per farsi, in un secondo momento, portare in detrazione le spese sostenute e ridurre così l'imponibile fiscale su cui si pagano le tasse. Il legale fa un esempio risalente a pochi anni fa: “Con le detrazioni sulle ristrutturazioni al 50 e al 60%, in molti chiedevano la fattura alla ditta che faceva i lavori”. Ma tra le proposte all'interno della manovra ce ne sarebbe una che va in direzione pressoché contraria, con un effetto facilmente comprensibile. Polettini la illustra così. “Sembra che intendano abbassare gradualmente le detrazioni dai redditi intorno a 100mila-120mila euro fino ad azzerarle a quota 200mila. Ma in questo modo non sarò incentivato a chiedere la fattura al mio dentista, se mi fa pagare di meno rinunciandovi, o al pittore che ha tinteggiato le pareti di casa mia se oltre al lavoro devo corrispondere anche l'Iva”. Polettini fa anche altre considerazioni, sia sui risultati della fatturazione elettronica come strumento di contrasto al nero sia all'ipotesi di digitalizzare milioni di cartelle dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione. In merito alla e-fattura, scrive Italia Oggi che all'interno del Nadef le stime di gettito degli incassi Iva del 2019 sarebbero inferiori a quelle del 2018 (da 5,76 a 5,72 miliardi), anche se per il prossimo triennio sarebbero previsti incrementi annuali superiori al miliardo. Sulla conversione del sistema delle notifiche delle cartelle esattoriali, circa 32 milioni di atti ogni anno per il Mef, comparsa in una bozza del decreto fiscale, scrive Il Sole 24 Ore, si punta per risparmiare (intorno ai 100 milioni di euro), ottimizzare le comunicazioni e aggirare gli ostacoli della burocrazia a livello locale. “Gli strumenti ci sono”, riconosce Polettini “con le fatture elettroniche qualcosa è emerso e la digitalizzazione migliora l'efficienza del sistema”. Ma non sono sufficienti: “Mancano la coscienza civica, i vantaggi per chi dichiara e qualcuno che applichi effettivamente le sanzioni”.