Caso nomine, Mirabelli: “Essenziale che la magistratura sia indipendente”

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Quello che si è abbattuto sul Consiglio Superiore della Magistratura è un vero tsunami. Dimissioni, accuse e insinuazioni stanno monopolizzando le cronache delle ultime settimane. Un groviglio difficile da dipanare quello che sembra legare nomi della politica ai membri del Csm. Dalle indagini sull'ex presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara, infatti, emergerebbe un modus operandi che coinvolgerebbe alcuni magistrati, tra cui i consiglieri del Csm dimissionari Luigi Spina, Gianluca Morlini e Antonio Lepre e gli autosospesi Corrado Artoni e Paolo Criscuoli. È delle ultime ore, inoltre l’autosospensione dal Partito Democratico di Luca Lotti che, secondo l’ipotesi degli inquirenti, sarebbe stato uno dei referenti politici per controllare le nomine ai più alti incarichi della magistratura. Per capire quale sono le implicazioni di questo scandalo, In Terris ha intervistato Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale, esperto di Diritto Ecclesiastico e già vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura dal 1986 al 1990.

Siamo davanti al momento peggiore nella storia della magistratura?
“Su queste valutazioni c’è sempre una qualche enfasi. Crisi di questo genere ci sono sempre state, sia interne al consiglio superiore della magistratura, sia esterne. In questo caso, però, è diverso. Siamo difronte ad un problema relativo alle nomine degli uffici direttivi che si somma al comportamento individuali scorretto di alcuni magistrati. Insomma, la peculiarità di questa situazione è che siamo davanti a dei comportamenti individuali che hanno le loro ripercussioni nella vita operativa del consiglio superiore della magistratura”.

Queste crisi rischiano di annacquare la fiducia che gli italiani hanno verso i giudici?
“La magistratura come potere e ordine giudiziario complessivo ha una tenuta buona e una buona considerazione da parte dei cittadini, ma è essenziale che sia indipendente. Ci possono essere dei momenti di crisi, come ce ne sono in ogni sistema, ma questo non deve infrangere il giudizio positivo che, a differenza di altri ordini e sistemi, è essenziale per mantenere intatto il cotesto democratico. Certamente questa crisi ha una incidenza sull’opinione generale sul funzionamento dell’organo costituzionale”.

Quale sono le ragioni per cui è stato possibile infilarsi in questo collo di bottiglia?
“Questa vicenda fa emergere il legame essenziale che il Csm ha con le correnti. Nel tempo questi gruppi legittimi di magistrati hanno smarrito il loro ruolo di anima dell’associazione, esercitando un domino sempre più forte sull’istituzione. Questo è avvenuto quando le correnti sono diventate il raccordo tra Csm e forze politiche, assumendo un atteggiamento corporativo e di gestione delle carriere interne dei magistrati. Bisogna dire, però, che la stessa rappresentatività dei componenti del consiglio viene messa in dubbio quando il sistema elettorale fa si che quasi tutti i candidati vengano eletti rettificano sostanzialmente delle nomine esterne”.

Quindi occorre superarle con un intervento del legislatore?
“Questo non è possibile perché riguarda l’ordinamento interno dell’Associazione Nazionale Magistrati”.

Però la magistratura è entrata nella vita politica italiana…
“Infatti, il governo deve riorganizzare, proponendo sistemi elettorali per il consiglio che non diano questo spazio eccessivo alle selezioni operate precedentemente dalle correnti. Le correnti oramai sono meno distanti da un punto di vista ideologico rispetto al passato e rischiano di trasformarsi in macchine del consenso al fine di condizionare le carriere e della vita dei soggetti. Del resto, il nodo di questa faccenda è nato intorno alle nomine degli uffici direttivi e, singolarmente, per l’assegnazione degli uffici delle procure della repubblica. C’è da chiedersi quali siano i criteri per questa selezione. La legge stabilisce che siano l’anzianità, l’attitudine e il merito. Il Consiglio superiore poi ha autodisciplinato questi criteri, sia sul versante della modalità di elezione, sia sulla precisazione dei criteri di valutazione delle nomine. Tuttavia, quello che emerge è il nome dei pubblici ministeri che sono coloro che iniziano la procedura penale, e non quello di chi è destinato a giudicare, un ruolo molto delicato. Per riuscirci il Consiglio deve assicurare l’indipendenza dei magistrati sia dalla politica, sia dallo stesso organo”.

La scelta di Mattarella di indire elezioni suppletive solo per i due pm dimissionari è adeguata secondo lei?
“È una soluzione corretta rispetto ai due dimissionari che non sono diversamente sostituibili. Ridare la voce ai magistrati mi appare la scelta più corretta”.

Quale deve essere la soluzione a questa impasse?
“L’unica soluzione è un rispetto deontologico individuale forte. In questo caso, questa affermazione è stata certificate dalla prontezza dall’azione disciplinare che è stata promossa dal procuratore generale della cassazione che, tra le altre cose, è componente del consiglio. E' la prima volta attiva l’azione contro di componenti del consiglio. il sistema quindi, ha ancora gli anticorpi per uscirne. Questo è un passaggio fondamentale per garantire l’indipendenza di ogni singolo magistrato. Questo non significa che la giustizia possa essere arbitraria: i giudici sono soggetti solo alla legge. Semplificando Il consiglio deve tutelarsi rimanendo aperto alle riforme provenienti del parlamento”.

Che tipo di riforma si riferisce?
“La Costituzione garantisce la composizione e la rappresentatività che deve avere il consiglio. Io credo che il parlamento ha la responsabilità di promuovere dei cambiamenti che non devono essere punitivi, ma che devono essere strumentali per risolvere le patologie verificate che sono emerse. Occorre limitare il peso delle correnti.  È evidente che il parlamento dovrà anche modificare la legge elettorale per il consiglio, cambiando complessivamente il sistema e introducendo, per esempio, collegi uninominali con candidature plurime, facendo passare di fatto la scelta dei nomi sotto il controllo del consiglio. Quando quattro posizioni devono essere assegnate e quattro sono i candidati, votare è utile solo per misurare la rispettiva forza nell’assemblea. Insomma, il problema è che i meccanismi possono essere diversi ma è difficile trovarne uno che non possa essere piegato ad altre esigenze”.