“Aspettiamo ancora giustizia”

Dopo la commemorazione delle 29 vittime davanti al totem dell’hotel Rigopiano, dal bivio Mirro, tra Rigopiano e Farindola è partita la fiaccolata che è poi arrivata davanti alla chiesa parrocchiale “San Nicola” dove è stata celebrata la messa dal vescovo di Pescara, monsignor Tommaso Valentinetti e dal parroco di Farindola, don Luca Di Domizio. Alla cerimonia commemorativa anche l’attuale sindaco Ilario Lacchetta e il suo predecessore Massimiliano Giancaterino, entrambi imputati nel processo madre su Rigopiano. Una presenza poco gradita ad alcuni familiari, ma che Giancaterino, il quale il 18 gennaio del 2017 ha perso il fratello, cameriere nel resort, rivendica all’Adnkronos: “A Rigopiano ho perso mio fratello Alessandro, ho diritto ad essere qui proprio come loro. Credo anche io nella giustizia”. Proprio l’ex sindaco finì in ospedale dopo una discussione animata in tribunale con la mamma di Stefano Feniello, altra vittima di Rigopiano, durante una delle ultime udienze.

L’inchiesta

Sono 25 gli imputati (24 persone e una società) nell’inchiesta principale sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che provocò 29 morti. Tra le persone coinvolte nel procedimento attualmente in corso davanti al giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, ci sono l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia di Pescara. Antonio Di Marco, e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta. Le accuse, a vario titolo, vanno dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all’omicidio e lesioni colpose, all’abuso d’ufficio e al falso ideologico. L’inchiesta del procuratore capo Massimiliano Serpi e del sostituto Andrea Papalia, riferisce l’Agi, si è focalizzata sulla mancata realizzazione della carta valanghe; sulle presunte inadempienze relative alla manutenzione e sgombro delle strade di accesso all’hotel; e sul tardivo allestimento del centro di coordinamento dei soccorsi. Le posizioni che riguardano il versante politico della tragedia sono state archiviate il 3 dicembre scorso dal giudice dell’udienza preliminare Nicola Colantonio, come chiesto dalla Procura. Tra gli archiviati ci sono tre ex governatori abruzzesi, Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco, e Gianni Chiodi; e gli assessori che si sono succeduti alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca.“Non si ritiene – ha scritto il giudice dell’udienza preliminare  nel provvedimento di archiviazione – che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione (in quanto irrilevanti) possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pubblico ministero, non potendo sminuire le considerazioni da questi assunte nella richiesta di archiviazione e condivise da questo giudice”.

Il ruolo del sindaco

I difensori del primo cittadino nella denuncia ipotizzavano il reato di omissioni di atti d’ufficio a carico dell’ufficiale dei carabinieri forestali e l’abuso d’ufficio nei confronti di Igor Chiambretti. Nell’esposto i legali sostenevano la tardiva trasmissione dell’annotazione di polizia giudiziaria da parte di un agente della polizia alla Procura e poi che sarebbe stata omessa l’analisi delle risultanze peritali elaborate dal Ris di Roma sui cellulari delle vittime della tragedia. La terza accusa ipotizzata nella denuncia, evidenzia l’Agi, era quella di aver omesso di segnalare le mail che si sarebbero scambiati il consulente Chiambretti con uno degli imputati attuali, Sabatino Belmaggio, relativamente all’assegnazione di un incarico da parte della Regione alla società Aineva, nella quale il consulente è responsabile tecnico. L’ultimo fascicolo aperto dalla Procura pescarese ruota attorno alle vicende relative alle telefonate di Gabriele D’Angelo per chiedere lo sgombero dell’Hotel. Secondo una denuncia presentata il 21 novembre scorso dall’ex capo della squadra Mobile di Pescara, Piefrancesco Muriana, ci sarebbero incongruenze tra le acquisizioni dei tabulati e i tempi delle indagini condotte dai carabinieri forestali. Nell’inchiesta sono indagati il tenente colonnello dei carabinieri forestali, Annamaria Angelozzi, e i sottufficiali Michele Brunozzi e Carmen Marianacci, che sono stati interrogati dai pubblici ministeri e hanno fornito ogni chiarimento sulle contestazioni a loro carico. Le ipotesi di reato formulate a carico dei tre indagati sono falso materiale e falso ideologico. Nei giorni scorsi, è stato iscritto nel registro degli indagati anche un quarto carabiniere. Si tratta del  tenente colonnello Massimiliano Di Pietro, ex comandante del Nucleo investigativo di Pescara.

Una sofferenza mai superata

“Non c’è giorno che io non pensi a Luana ma alla giustizia non credo. Avevo sentito mia sorella due giorni prima, lavorava lì e sulla sua bacheca Facebook aveva scritto che aveva paura. Quando posso seguo le udienze ma è lungo il processo. Aveva 30 anni, aveva solo 30 anni”, racconta all’Adnkronos è William Biferi, fratello di Luana, la giovane giocatrice di calcio a cinque femminile morta il 18 gennaio 2017 nell’hotel Rigopiano dove lavorava come aiuto cuoco. Quel giorno, poco prima che la valanga la sorprendesse, sulla sua bacheca Facebook chiedeva notizie da Bisenti, il suo paese in provincia di Teramo colpito dallo stesso terremoto che le sarebbe costato la vita di lì a poco. “Lua’ un macello, siamo in trappola – le rispondeva un’amica – Non abbiamo luce, il terremoto ci perseguita e la neve anche”. Ma lei pensava a suo fratello, a William, che ha taggato e con cui non riusciva a parlare. “Io non riesco a contattare i miei, nessuno – scriveva – Non so più che fare…”. E ancora: “Sono bloccata a Rigopiano con 3 metri di neve, il terremoto”. “Tu non hai notizie di mio fratello? Di qualcuno? – l’ultimo messaggio a una amica – Io non riesco a contattarli”.