Allarme clima in Italia: cosa dobbiamo aspettarci

I danni causati all’Italia dal maltempo negli ultimi dieci giorni somigliano a un bollettino di guerra. Anzitutto va fatta la conta delle vittime: sono trentasette in un mese. Poi c'è la devastazione ambientale – 14milioni di alberi caduti in tutto il Paese – nonché gli aggravi all’agricoltura e all’itticoltura. Le immagini di campi coltivati divelti e delle stragi di pesci e delle imbarcazioni fanno venire i brividi. Ma non meno sconfortante è vedere le strutture sciistiche sopraffatte dal fango e gli stabilimenti balneari spazzati via dalle mareggiate: solo in Veneto si stimano danni per circa 1miliardo. Ma il maltempo è ormai un cliente sgradito quanto abituale del Belpaese: dal 2013 al 2017 ha prodotto 9miliardi di euro di danni. In Terris ne ha parlato con Roberto Troncarelli, presidente dell’Ordine dei Geologi del Lazio.

Presidente, come si spiegano condizioni meteorologiche così devastanti?
“Con una modificazione del regime degli afflussi, cioè delle precipitazioni. Assistiamo sempre più spesso a piogge molto intense, che scaricano quantità d’acqua importanti in archi temporali molto ridotti. A tutto ciò va associato un territorio che non è pronto a far fronte a questi fenomeni, sia a livello di gestione sia di manutenzione. E poi c’è anche un deficit enorme di informazione sulla popolazione”.

A cosa si riferisce?
“Anche in questo caso abbiamo assistito alla conta delle vittime. C’è l’imponderabile, c’è la scarsa manutenzione, ma non solo… Alcuni sono stati sorpresi dalle violente piogge mentre viaggiavano in auto. Oggi i mezzi satellitari di cui disponiamo ci avvisano con un certo anticipo dei fenomeni meteorologici avversi; è mai possibile che non si riesca a far capire alla popolazione che in certi casi l’automobile non va presa?”.

Lo chiedo a lei… Forse c’è un problema nella diffusione delle informazioni…
“Va fatta un’informazione più massiccia, è vero, a cominciare dalle scuole. Noi, come Ordine nazionale dei Geologi, organizziamo molte iniziative in questo senso. Ma in certi casi è sufficiente accendere la tv: l’allerta meteo in Sicilia, ad esempio, era attesa da 48 ore. Se i cittadini assumessero comportamenti più responsabili, rimarrebbe inalterata la conta dei danni economici, ma forse si potrebbe evitare la conta delle vittime”.

Ma questi fenomeni climatici si riescono a prevedere anche nella loro intensità? Penso a Terracina, chi avrebbe mai immaginato un uragano di quelle dimensioni in Italia…
“Non possiamo prevedere le dimensioni di un fenomeno. Possiamo però avere una stima che, proprio perché è ancora molto imprecisa e può riservarci sorprese negative, dovrebbe metterci in allarme. Terracina si sapeva che era a rischio nubifragio e che, in certe condizioni meteo, un nubifragio può trasformarsi in una sorta di tromba d’aria. Dunque, anche in quel caso bisognava lavorare sull’informazione nei confronti della popolazione”.

Come valuta l’affermazione di Salvini contro un “ambientalismo da salotto” che impedisce all’uomo di intervenire nei confronti della natura anche solo per estirpare un albero?
“È una dichiarazione di pancia quella del ministro. Che ha però degli elementi di verità. Per mia esperienza posso citare un esempio: tutti i parchi regionali del Lazio hanno norme tecniche di attuazione che vietano di fare qualsiasi intervento, anche la manutenzione più leggera. Rispettare l’ambiente non significa lasciarlo a sé stesso, come vorrebbe fare un certo ‘integralismo verde’. E poi c’è un altro problema: se lei mi chiedesse, ad esempio, chi deve fare manutenzione di una via d’acqua, io sarei in grande difficoltà ad elencare tutti gli enti che sono coinvolti. Vanno dunque centralizzate le competenze per operare velocemente in caso di necessità e vanno soppressi enti che non hanno più ragione di esistere. Ecco, alla politica, prima ancora di fare dichiarazioni, chiederei di intervenire su questo”.

Ma su questi cambiamenti climatici quanto incidono i comportamenti umani?
“Certamente si sono registrati dei cambiamenti negli ultimi cent’anni. Ed è altrettanto certo che ciò che noi emettiamo in atmosfera, sul lungo termine produce qualche effetto sul clima. Esistono però dei micro-cicli naturali, che si avrebbero comunque, anche senza interferenza antropica, come insegna la storia del pianeta terra. Quindi possiamo dire che i comportamenti umani rappresentano una concausa. Dobbiamo comunque abituarci a questa nuova realtà, che ci impone di ripensare i nostri comportamenti e il metodo di realizzazione delle opere pubbliche”.

Un Paese come l’Italia, concepito tenendo conto di un clima mediterraneo, andrebbe forse ricostruito daccapo per far fronte a questi nuovi fenomeni climatici?
“Le nuove costruzioni possono essere fatte bene, esistono già delle norme d’indirizzo. Sull’esistente vanno considerati vari fattori, a mio avviso non c’è bisogno di demolire e ricostruire daccapo, perché esistono strutture costruite decenni fa che rappresentano eccellenze. Un esempio? I Navigli di Milano, che ancora oggi hanno la capacità di scaricare gli afflussi del Ticino sul Lambro e il Seveso in maniera efficiente. Probabilmente le opere del passato sono migliori perché c’era un unico centro decisionale che aveva competenze in materia. Quindici giorni fa sono girate le immagini dello scarico del sovrafflusso del fiume Adige nel lago di Garda, grazie ad un tunnel di 18 chilometri che risale al 1937: un’opera simile oggi – con l’ambientalismo, i vincoli, le scarse competenze, la sovrapposizione di enti – ce la sogniamo”.

Penso però all’esempio di Venezia. In questi giorni si è toccato uno dei record dell’altezza dell’acqua. Qual è il destino di una città lagunare con questi cambiamenti climatici?
“A Venezia c’è un problema enorme che si chiama Mose: secondo una recente perizia, i materiali utilizzati avrebbero già una corrosione di gran lunga superiore a quella ipotizzata. Quindi c’è il rischio che trentun’anni di attesa e di miliardi dei contribuenti spesi, si rivelino inutili. Ricordo che a Rotterdam un’opera simile, ma fatta bene, è stata costruita in soli due anni. Ecco, se Venezia avesse già un’opera analoga a quella, i problemi dell’acqua alta sarebbero contenuti”.

Cosa pensa della geoingegneria, cioè l’applicazione di tecniche artificiali di intervento umano sull’ambiente? Può essere una soluzione ai fenomeni climatici così devastanti, come ipotizza un libro del caporedattore dell’Economist, Oliver Moerton,“Il pianeta nuovo”?
“A parte le perplessità etiche di un’azione di questo tipo, va detto che correggere fenomeni naturali su larga scala, alla lunga, è una strategia perdente. Può portare forse qualche beneficio, una sorta di palliativo, a livello episodico e locale. Ma in prospettiva rischiamo di pagare un conto salatissimo, con gli interessi: la natura si riprende tutto”.

Come giudica la teoria che sta circolando in queste ore su alcuni siti considerati complottisti, secondo cui l’Italia potrebbe essere oggetto di un attacco climatico attraverso la diffusione di particelle chimiche nell'atmosfera?
“La mia sensazione personale è che si tratti di fantascienza”.

Venendo alle previsioni meteo per i prossimi giorni, il peggio è passato?
“Non è detto. I due periodi critici per eventi meteorologici importanti sono ottobre-novembre e febbraio-marzo. Quindi attenderei almeno la fine di novembre prima di tirare un sospiro di sollievo. Per altro queste temperature così alte rispetto alla media del periodo, non aiutano a sentirsi sicuri”.