Acqua alta su Raffaello

In occasione dei 500 anni dalla morte di Raffaello Sanzio, il pittore marchigiano Giannetto Magrini ha realizzato otto disegni a inchiostro acquarellati su carta, in omaggio al genio del Rinascimento, dal titolo “Acqua alta su Raffaello”. Racconta a Interris.it l'artista, le cui opere sono esposte fino al 31 gennaio nella mostra personale “Aqua alta su Raffaello” allo studio XX Giugno di Jesi, in provincia di Ancona: “L'inchiostro con il quale ho realizzato e disegnato i lavori in omaggio a Raffaello, l'ho fabbricato alla maniera degli antichi maestri”. Raffello Sanzio, quindi, come pretesto, spiega Magrini, e “il paradosso del mare che arriva a coprire i suoi dipinti per cercaredi dare un piccolo cotributo ad evitare quella catastrofe ambientale che climatologi e scienziati paventano”. E aggiunge: “Non mi è difficile stare con Greta” .

La vita come fonte d'ispirazione

Giannetto Magrini nasce a Jesi nel 1938. Vive e lavora nella sua città. “La passione per l'arte è un fuoco che ha dentro, un richiamo istintivo, un'attrazione che stimola la sua curiosità e lo avvicina ai grandi maestri- sottolinea Gianni Rossetti -.Non aveva ancora compiuto 18 anni quando decise assieme a un caro amico, Gilberto Filippetti, di visitare la biennale di Venezia. Era il 1956 e nel padiglione francese c’erano esposte opere giganti di Matisse, uno dei maggiori esponenti del Fauvismo, una corrente artistica nata dal pittore simbolista Gustave Moreau che spinse i suoi studenti a pensare al di fuori del solco della tradizione e a seguire le proprie visioni e le proprie mozioni”. Matisse, uno dei grandi artisti del XX secolo, partiva dalla raffigurazione della realtà per trasformarla in forme semplificate attraverso l’uso selvaggio del colore, cioè una gamma cromatica sganciata dal riferimento naturale. Fauves significa “bestie selvagge”. L’incontro con l’arte di Matisse segna profondamente l’evoluzione artistica di Giannetto Magrini, che nel 1962 va a Parigi alla scoperta dei più importanti musei e collezioni d’arte della capitale francese. E proprio in quegli anni comincia il suo percorso e seguendo i primi disegni figurativi, i primi dipinti, le prime sculture. 

Nuovi percorsi artistici

“Magrini è affascinato dalla ricerca di nuove forme espressive – osserva Rossetti -.Nel 1966-67 realizza le prime composizioni sperimentali, la “digitografia”, una specie di anticipazione di quello che sarà lo sviluppo tecnologico di fine millennio. Nel 1967 si lancia nelle opere informali che chiamerà “strutture immaginifiche”. Con questi particolarissimi lavori partecipa al premio Marche che si è svolto in quello stesso anno ad Ancona. Si impone all’'attenzione pubblica della critica con una serie di ritratti immaginari”. Poi nuovi percorsi artistici: nel 1970 a Barcellona, poi Londra dove scopre ingrandimenti metallici e strutture cellulari. Dopo quel viaggio comincia a dipingere opere su fondo nero, una specie di viaggio nell'ignoto, alla ricerca del mistero e del miracolo della nascita della vita. “L’inizio degli anni ‘80 ha una sua precisa identità ed è ormai un artista in grado di tracciare strade innovative sempre nell'ambito della sperimentazione, della ricerca e delle avanguardie- ricostruisce Rossetti-. Individua nuove tecniche e realizza opere materiche di impostazione archetipica-informale. Si dedica anche alla scultura e propone alcune opere in marmo. Nel 1983-84 scopre per caso vecchi modelli da fonderia, il legno, utilizzati da una fabbrica di macchine agricole di Jesi. Li acquista in blocco e li assembla suo modo realizzando una serie di originalissime sculture”. 

Perno del sapere

Con il passare degli anni emerge l'attenzione e l'interesse verso il sociale. Dipinge quadri di grandi formati su temi di attualità, come l’immigrazione clandestina. Negli ultimi anni, un po’ in controtendenza con lo sviluppo tecnologico punta la sua attenzione sul libro cartaceo. “Realizza opere assai significative che espone in una ex chiesa nel cuore della vecchia Jesi, proprio accanto al museo dell’arte tipografica – puntualizza Rossetti -. Per Magrini il libro resta il perno del sapere e della cultura e rifiuta l’idea che la tecnologia, l’elettronica e i nuovi strumenti di comunicazione possano trasformarlo in una specie di feticcio. Quasi un percorso alla rovescia per un artista che è stato un innovatore, un precursore dei tempi, un esploratore del nuovo. In realtà gli anni che passano non hanno affatto affievolito la sua sete di ricerca, la sua smania infinita di conoscenza”.