La Chiesa in Myanmar e il sentiero birmano verso la pace

Il vescovo birmano Tjephe: “In Myanmar la Chiesa ha un ruolo importante nel processo di pace”

La presenza cattolica in una delle regioni storicamente più complicate della geopolitica mondiale è iniziata alla fine del 1800 con l’arrivo dei primi missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Fino a quando padre Antonio Cazzuloni, nel 1893, si stabilì a Solyaku, a 30 chilometri da Loikaw. Oggi gli oltre 90 mila cattolici del Kayah (quasi un terzo dei 355 mila abitanti dello Stato) possono contare su 41 parrocchie in quasi 300 villaggi, un centinaio di sacerdoti. Inoltre 230 suore e 220 catechisti. Come riferisce Fides, per l’emergenza Covid la cattedrale, come le altre chiese e gli altri luoghi di ogni culto, è chiusa al pubblico e la messa è celebrata in diretta sui social. 

Processo di pace birmano

Monsignor Stephen Tjephe è vescovo della diocesi di Loikaw, capitale dello stato di Kayah, uno dei luoghi del Myanmar dove la presenza cattolica è una realtà molto significativa. Tanto che lo stato viene spesso definito la “roccaforte del cattolicesimo”, con circa il 30% di cattolici tra la popolazione, mentre la media nazionale del Myanmar è circa l’1%. Spiega il presule all’agenzia missionaria vaticana: “La Chiesa cattolica ha avuto e ha tuttora un ruolo importante nel processo di pace in Myanmar. E possiamo dire con soddisfazione che nello Stato Kayah ‘il cessate il fuoco’ regge ormai da anni. Senza nessun episodio di violenza negli oltre cinque anni del mio servizio come vescovo della diocesi. Vorrei ricordare il mio predecessore, il vescovo Sotero Phamo. Uomo che ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di pacificazione e che è stato il primo presule Kayan della diocesi”. 

Fiducia

Il motivo è semplice: “In questa regione del Paese, le parole di un sacerdote vengono ascoltate. Accade che, tra gli uomini in armi, vi siano molti cattolici, che hanno quindi fiducia nella Chiesa”. Gli uomini che detengono le armi hanno aderito all’appello di non usarle, sottolinea il presule. “Del resto – aggiunge il vescovo – abbiamo rapporti anche con l’esercito birmano. Nell’appello alla tregua, lanciato dall’arcivescovo Bo, tutti abbiamo firmato questa richiesta di pace. Ci siamo rivolti a tutti i birmani, nessuno escluso”.