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Verità e speranza nel dibattito sull’aborto

«Credo che sia proprio qui, proprio nel punto in cui il tema dell’aborto non è più un tema periferico, soltanto morale, soltanto di sagrestia, ma un tema centrale, civile, su cui si fonda una cultura, una società, un progresso, un tema che impegna a fondo i concetti di libertà, di verità, di eguaglianza, che si fa anche l’esperienza della speranza. Perché non è possibile cambiare il mondo se non si ripone l’uomo al centro, perché il tema dell’aborto in forma lucida ci propone la tematica dell’uomo. […] E allora qui rinasce la speranza. Rinasce la speranza nel mettere al centro il tema dell’aborto come punto di partenza, come suggerimento di una nuova costruzione in tutti i settori. Una costruzione che privilegi l’uomo, il debole soprattutto. E al centro non è necessario mettere chi già c’è, ma chi non c’è. È partendo da questa nuova costruzione che è possibile trovare la forza morale per costruire davvero un mondo migliore» [Carlo Casini, maggio 1979]

Il coraggio di dire la verità è condizione della speranza

Il titolo di questo libro Per ritrovare speranza è l’inizio di una frase che continua così: «bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra». Questa frase, contenuta in un documento dei Vescovi italiani a proposito della legge sull’aborto, ha in qualche modo spinto il babbo a sospendere, nel 1979, la sua professione di magistrato e a impegnare le sue energie e il suo tempo a difendere i più poveri dei poveri – i bambini non nati – nel campo politico-legislativo. Un impegno estenuante e difficilissimo, specialmente considerando che la “congiura contro la vita” presenta il suo «aspetto più sovversivo e conturbante» – sono parole di San Giovanni Paolo II (EV, n. 18) – proprio su quel terreno.

Lavorando alla realizzazione di questo libro, ho avuto più di una conferma di quanto per il babbo questa frase sia stata quasi una “folgorazione”, nello stesso tempo un’àncora nella tempesta e una stella cometa che guida il cammino.

Cercando nell’archivio i suoi scritti sui temi delle giornate per la vita, mi sono imbattuta, per esempio, nel testo di una conferenza tenuta a Osimo il 15 settembre 1989 dal titolo “La vita: un dono per la speranza”. Dice il babbo: «Tutto questo mio impegno […] si è consolidato, si è rafforzato, si è deciso, è diventato una scelta, quando una sera, scorrendo un giornale, mi capitò sotto gli occhi una frase contenuta in un comunicato dei Vescovi italiani, una frase che poi ho fatto scrivere e stampare e diventare manifesto in molte circostanze. La frase era questa: “Per ritrovare speranza bisogna dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra”».

Un altro esempio lo traggo dall’editoriale di “Sì alla Vita” dell’aprile 1991: «Noi del Movimento per la Vita scrivemmo dieci anni fa che “difendere la vita è sempre una vittoria” e che “il referendum non è che un episodio”. Fondammo allora la nostra agenzia di stampa che chiamammo Trentadue (la percentuale del “sì alla vita”) e facemmo scrivere ovunque potemmo la frase della Chiesa italiana che ci sostiene nei momenti di difficoltà: “Per ritrovare speranza bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra”».

Ancora, in un articolo pubblicato su “Avvenire” il 2 dicembre 1993, scrive: «“Per ritrovare speranza bisogna dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra!”. In mezzo al caos, al disfacimento e alla corruzione, nel naufragio mi aggrappo a questa frase pronunciata dai Vescovi italiani che mi ha chiamato alla politica e che da allora mi sono ripetuto ogni giorno».

La frase dei Vescovi italiani – che più volte s’incontra in queste pagine – è stata anche il filo conduttore della campagna elettorale del 1994. Si legge nell’opuscolo elettorale: «Da allora pur con tutti i miei limiti ho affrontato nella società e nella politica, con le parole, gli scritti, le iniziative, le proposte, i dibattiti, l’immensa quotidiana fatica di tradurre nella cultura, nelle strutture sociali, nelle leggi, le conseguenze che derivano da quel principio».

“La speranza” è stato il nome del periodico del Centro di Aiuto alla Vita e del Movimento per la Vita di Firenze.

Ecco perché questa raccolta di scritti – legati all’annuale Giornata per la Vita voluta dai Vescovi italiani – si intitola “Per ritrovare speranza”.

Il lettore si accorgerà come nella trama di queste pagine la forza della speranza sia presente, trainante, coinvolgente. Una speranza che evoca l’espressione paolinaspes contra spem”, tanto cara anche a Giorgio La Pira. Una speranza coraggiosa e incrollabile, come incrollabile è la dignità della vita di ogni uomo, sin da quando “dal nulla compare all’esistenza”. Una speranza che ha tutto il sapore della virtù che contrasta ogni ripiegamento, chiusura, pessimismo; che apre nuovi orizzonti; che dal cammino fatto sa trarre il buono per guardare all’oggi costruendo l’avvenire; che si sposa con la fiducia nell’uomo, nello sbocco positivo della storia, nella Provvidenza; che si lascia guidare dallo splendore della Verità che libera e che apre all’Amore. Il tema della vita è il tema della speranza soprattutto se pensiamo alla vita che inizia, così silenziosa, così povera, simbolo di ogni ultimità, eppure così ricca di speranza e portatrice di speranza. In quel “puntino” – il “big bang” di ciascuno di noi – si rinnova, si realizza e si concentra una speranza di Bene per tutta l’umanità. La speranza di Dio.

“Uno di noi” per un generale e profondo rinnovamento di tutta la società

È tanto significativo il fatto che la frase dei Vescovi italiani sia collegata all’approvazione della legge 194/1978 sull’aborto e alla conseguente istituzione della Giornata per la Vita che in un dattiloscritto del babbo (9 ottobre 1985) si legge: «Se dovessimo indicare con una frase il senso di tutte le “Giornate per la Vita”, l’annuncio permanentemente proprio di esse, troveremmo proprio in una dichiarazione dei Vescovi italiani (Consiglio di Presidenza della CEI, marzo 1979) una formula sintetica, completa e forte: “Per ritrovare speranza bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra».

Per ritrovare speranza è necessario vincere ogni forma di rassegnazione, assuefazione, pavidità riguardo a un popolo di bambini cui viene impedito di nascere, perché ogni concepito è uno di noi. Ecco spiegato anche il sottotitolo di questo libro: “La Giornata per la Vita: il concepito è uno di noi”. Ma speranza in ordine a che cosa?

Ecco: al complessivo rinnovamento morale e civile che investe tutta intera la vita umana e quindi il bene comune, grazie a quello sguardo che riconosce l’altro nel più minuscolo e povero dei figli. A Firenze, il 14 novembre 1981 si svolse un grande convegno presso il Teatro Verdi. Il titolo era “Vita umana e rinnovamento civile e politico”. Rileggendo il testo dattiloscritto della relazione del babbo mi sono imbattuta in questo forte e luminoso passaggio:

«Crediamo che ci sia bisogno oggi di tante cose in questa nostra società: c’è bisogno di case, c’è bisogno di lavoro, c’è bisogno di solidarietà, c’è bisogno di sanare l’economia in dissesto, ma c’è soprattutto bisogno di speranza. Ecco lo “spes contra spem”, c’è bisogno di offrire un’indicazione alla gente, perché valga la pena lavorare, impegnarsi, sacrificarsi, rinunciare… C’è bisogno di un volontariato generoso e vasto e tutto questo non si può ottenere senza una indicazione di ideali e di valori che vanno oltre il domani, che spesso vanno anche oltre la propria personale vita.  E allora è abbastanza facile la conclusione rispolverando un dimenticato, ma secondo me splendido, documento dei nostri Vescovi che hanno colpito il punto giusto quando nel marzo ’79 scrivevano: “per ritrovare speranza, bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra”. Ecco, da questa affermazione densa e sintetica noi, da oggi, non da soli, vogliamo sforzarci di enucleare le categorie logiche, le specificazioni, le scelte sociali, le scelte culturali, le scelte politiche che ci diano coraggio, speranza, che ridiano, soprattutto ai cattolici, ma perché siano al servizio di tutti, la gioia di sacrificarsi, di spendere la loro vita, di donarsi».

Ciò che emerge con forza dal pensiero e dall’opera del babbo è proprio questo: il tema della vita è unitivo e occasione di dialogo aperto, fiducioso, onesto; il riconoscimento dell’essere umano in età embrionale (la “fase più giovane dell’esistenza”) come uno di noi, non è semplicemente un punto di arrivo né – tantomeno – una questione circoscritta e secondaria. Anzi, è il punto di partenza (la “prima pietra”) per un rivoluzionario, profondo, «rinnovamento anche politico che trovi nel fertile terreno della meditazione sulla vita più povera ed indifesa le indispensabili energie, gli opportuni entusiasmi, la forza coesiva». Analogamente si è verificato un progresso nel mondo quando nel corso della storia il principio di uguaglianza si è affermato sempre più pienamente abbattendo le discriminazioni in dignità tra categorie di esseri umani. È questa la prospettiva di grande respiro che ha motivato tutta la vulcanica attività del babbo e le iniziative promosse in Italia e in Europa.

Tuttavia, come emerge anche da molti suoi scritti e dalla netta percezione di chi lo ha conosciuto una simile osservazione sarebbe parziale se non comprendesse un aspetto più profondo: la lucidità e l’intelligenza del pensiero traggono vigore da quella dimensione contemplativa che in ultima istanza rimanda a «tutto il lavoro creativo di Dio» che «nei secoli, nei miliardi di anni è servito per poter pronunciare questa parola d’amore che è l’uomo-che-comincia», al “volto di Cristo nei volti senza nome dei bambini non nati”, all’«amore di Dio che si materializza in ogni nuovo essere umano che compare nell’esistenza, fino alla fine».

Insomma, lo sguardo sull’inizio della vita rende più pura e profonda la prossimità verso ogni altra periferia dove l’uomo è disprezzato, emarginato, vilipeso; accogliere “lui” significa rinsaldare le basi di ogni accoglienza; la solidarietà verso la vita nascente rinforza la solidarietà verso tutta la vita; riconoscerlo come uno di noi è il fondamento di un più alto livello di civiltà e prepara un futuro in cui si realizzano – nella verità e in misura sempre maggiore – l’uguaglianza, la pace, la solidarietà, la giustizia, la libertà, la democrazia, l’autentico fondamento dei diritti dell’uomo. Con “lui” – il più piccolo, il più povero, il più inerme – ci siamo tutti.    

Due libri per una Giornata lunga 365 giorni

Questo libro esce contemporaneamente ad un altro che si intitola Giornate di Vita. I messaggi, la storia e le iniziative per la Giornata per la Vita. Entrambi sono editi dal Movimento per la Vita. La Giornata è dell’intera Chiesa italiana, ma il Movimento per la Vita ha da subito avvertito la responsabilità di partecipare, di animare, di mantenere la Giornata coerente con gli originari intendimenti, di essere a servizio della società e della Chiesa anche in occasione della Giornata per la Vita.

Pagine che vanno lette, assaporate, meditate, tradotte in tenace e gioioso impegno. Esse contengono una grande sfida: unire le intelligenze e le energie per un impegno durevole, nella convinzione che la vita nascente sia ragione di unità e di dialogo.

Il lettore potrà avventurarsi su una strada in cui avrà modo di ripercorrere decenni di storia e di impegno civile ed ecclesiale a favore della vita e di avvertire un’autentica tensione verso la civiltà della verità e dell’amore (il nuovo umanesimo) che riguarda ogni uomo di ogni tempo e latitudine, sempre e comunque, e la cui costruzione ha bisogno dell’apporto di tutti. Davvero un patrimonio culturale e spirituale sempre attuale, per ritrovare speranza.

Tratto dalla premessa del libro “Per ritrovare speranza. La Giornata per la vita: il concepito è uno di noi”, a cura di Marina Casini Bandini, Elisabetta Pittino, Giovanni Sedda.

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