Vaccini, un’arma efficace per debellare malattie terribili

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Ricordare nell’anno 2021, in cui è in atto la più massiccia ed importante vaccinazione nella storia dell’umanità, la ricorrenza dei 225 anni dall’introduzione della vaccinazione antivaiolosa rappresenta, al di là del ricordo di un evento di straordinaria portata medica, l’occasione per una riflessione sull’efficacia della vaccinazione nella prevenzione di gravi malattie, quale è stato il vaiolo nei secoli passati. Si stima infatti che prima dell’introduzione della vaccinazione, questa malattia nel corso delle diverse epidemie che si sono succedute nel corso dei secoli e di cui c’è ampia traccia in documenti storici, aveva causato la morte di un numero maggiore di individui rispetto a quello cagionato dalle guerre.

Del resto, il termine “vaccinazione”, che oggi viene correttamente applicato come somministrazione di una specifica “sostanza” al fine di prevenire le malattie, deriva proprio dalla prima vaccinazione antivaiolosa in cui si utilizzava per immunizzare il siero ottenuto da bovini affetti da vaiolo (diverso da quello umano – poxcow). Da allora, questo termine si è applicato indiscriminatamente per indicare tutte le vaccinazioni senza spesso ricordare quale sia stata la sua origine legata per l’appunto al vaiolo.

Come spesso succede, quando si vuole prevenire una malattia grave come il vaiolo è necessario che ci sia la fortunata convergenza di più fattori. Soprattutto c’è bisogno di un grande personaggio quale era Edward Jenner che ha coniugato: cultura medica, spirito di osservazione – nella fattispecie la prevenzione del vaiolo umano da parte di chi si era infettato con il vaiolo bovino – e soprattutto un grande coraggio. Vorrei soffermarmi proprio su quest’ultima caratteristica a cui spesso non si presta la dovuta attenzione. Essere coraggiosi in medicina non significa essere temerari, ma avere una forte convinzione sulla giustezza delle proprie convinzioni. La storia della medicina è costellata, specie in passato quando le conoscenze scientifiche erano limitate, di figure che avevano questa qualità. Louis Pasteur che decide di vaccinare con il vaccino antirabico il bambino morso da un cane e a rischio di sviluppare una malattia mortale; Albert Sabin, che pazientemente per dieci anni studia l’inattivazione del virus della poliomielite attraverso passaggi nel rene di scimmia per poi allestire un vaccino dalla straordinaria efficacia, sono solo alcuni esempi di scienziati coraggiosi perché sorretti da una straordinaria convinzione nella giustezza delle loro idee. Ve ne sono anche altri che qui per brevità non ricordo, ma che hanno tutti lasciato un segno indelebile nella storia della medicina.

I vaccini contrariamente ai farmaci vengono somministrati ai soggetti “sani” per prevenire una possibile, seppur non certa, malattia. In altre parole, mentre l’effetto del farmaco è immediato e riguarda solo la persona ammalata che lo assume, i vaccini prevengono la malattia in molti soggetti sani con un effetto che non si palesa immediatamente, ma a distanza di tempo secondo una logica di prevenzione e di sanità pubblica. Pertanto chi riceve il vaccino non è malato, ma sano e da qui nasce in alcune persone la diffidenza fino al rifiuto ad assumere un qualcosa (il vaccino) di cui non si comprende l’immediata utilità.

Questa diffidenza era peraltro presente anche per il vaccino antivaioloso fin dagli albori della sua introduzione. Il Re d’Inghilterra di allora prima di vaccinare i nipoti ha vaccinato gli ergastolani per vedere se c’era un qualche effetto negativo a seguito della vaccinazione. Oggi definiremmo il sovrano un esitante anche se non era un no vax. In quest’ultima categoria si potrebbero assimilare quanti si identificavano in quell’incisione, sempre contemporanea all’inizio della vaccinazione antivaiolosa, che rappresentava il vaccino come un mostro dalle sembianze di una gigantesca vacca (il riferimento al vaccino antivaioloso è più che evidente) che divora una moltitudine di uomini vaccinati. A dispetto di queste iniziali esitazioni e rifiuti della vaccinazione antivaiolosa, questa è stata, a far corso dal 1796, con successo applicata in tutto il mondo, grazie anche all’obbligatorietà della stessa, determinando una netta riduzione di una malattia, i cui effetti erano stati, fino a quel momento devastanti. Il successo della vaccinazione antivaiolosa è stato, del resto, riconosciuto dalla dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha certificato la scomparsa del vaiolo dal mondo nel 1978 e che per questo ha reso non più necessaria la vaccinazione.

Agli inizi degli anni 2000 si è nuovamente parlato di vaiolo, in questo caso, come potenziale arma di bioterrorismo. Considerato che una quota significativa della popolazione mondiale non era protetta perché nata dopo il 1978 si sono ipotizzati vari scenari al fine di nuovamente introdurre questa vaccinazione, anche se nel proseguo degli anni questa potenziale minaccia è andata scemando rendendo non più necessario alcun provvedimento.

Come concludere questa mia breve riflessione sulla ricorrenza dei 225 anni dall’introduzione della vaccinazione anti vaiolosa, se non affermando proprio oggi, in epoca di pandemia COVID-19 come da situazioni molto gravi, rappresentate ieri dal vaiolo ed oggi da COVID-19, si possa uscire solo con la vaccinazione. A questa pratica dobbiamo quindi affidarci sempre con fiducia, consci che grazie ai vaccini si è riusciti a debellare terribili malattie.