Un orrore senza fine

Lo aveva appena detto ieri all’Angelus il Papa, c’è una recrudescenza della violenza ed a farne le spese sono tanti uomini, donne e bambini vittime della guerra e che provano a chiedere rifugio e aiuto ad una parte del mondo che in questo momento non li ascolta, presa com’è da un’altra emergenza che non riesce a gestire. Ma mentre si sprecano fiumi di parole su una presunta epidemia influenzale, nel mondo ogni giorno si muore per la fame, per l’inquinamento e per la guerra. In questo scenario, si confrontano uomini potenti che si sfidano e alzano la voce, calpestando coloro che sono più fragili.

La morte del bimbo durante il tentativo di sbarco di un gruppo di migranti a Mitilini (isola di Lesbo, Grecia), è l’emblema di un orrore senza fine, di fronte al quale si scopre che la vita è barattata perché la “mia voce venga ascoltata”. Il mare ancora una volta diventa un muro invalicabile, sul quale al massimo puoi rimbalzare e magari puoi salutare qualcuno da lontano, invocare aiuto a sazietà e magari affogare. Proprio come questo piccolo che è stato strappato alla vita in ossequio a logiche di potere che lo hanno spinto fino in fondo, senza pietà.

Non è il mare che lo ha ucciso, ma la cattiveria umana che sta distruggendo il mare e chiunque ci viva o lo solchi. Che diritto possiamo arrogarci per decidere chi vive e chi affoga? Soprattutto quando le condizioni di vita fra le bombe costringono le persone a fuggire, che diritto abbiamo di scegliere noi per loro su dove debbano stare? L’idea di “chiudere le frontiere”, alzare muri, sbarrare le strade, impedire l’attracco delle navi, ha come diretta conseguenza l’inumanità, l’idea che ci siano uomini che hanno un diritto superiore ed altri che debbono accontentarsi di subirlo.

È nostro preciso dovere non tacere di fronte alle ingiustizie e all’orrore, non lasciamoci intorpidire, inquinare, annientare dagli affabulatori, manteniamo un cuore pulito e desideroso di donarsi al prossimo, prendendo esempio da Gesù, che ha donato la vita per noi…magari non tutti siamo chiamati al martirio, alla Croce, ma siamo certamente chiamati alla coerenza con i valori cristiani. “L’esistenza cristiana è un’esistenza che risolve la storia e non è fatta di intenzioni, ma di incarnazione….E l’incarnazione non è una cosa astratta, avviene nella storia concreta e nei rapporti umani. La fede senza le opere è morta”!(D.Oreste Benzi)

Guardiamoci intorno, cerchiamo il campo da arare e da seminare, usiamo il concime migliore e certamente raccoglieremo i frutti di questo lavoro, faticoso ma onesto. Cerchiamo anche i “compagni per il nostro cammino”, per vincere la solitudine di questo tempo e insieme cambiamo la storia. Quello che ci accade intorno dimostra quanto è difficile questo percorso e quanti ostacoli si possono incontrare: primo fra tutti l’indifferenza verso il degrado delle persone e dei luoghi che ci sono “prossimi”.

Si, perché di questo piccolo fra qualche giorno non se ne ricorderà nessuno, la sua morte cancellerà presto anche il suo ricordo, altri morti e altre guerre scuoteranno le nostre coscienze, ma senza un nostro protagonismo il mondo non cambierà. È un orrore senza fine, un tempo in cui l’egoismo sta distruggendo la vita, la terra, le coscienze. Di fronte al braccio teso per chiedere aiuto di un piccolo inerme, abbiamo scelto ancora una volta di voltarci a guardare da un’altra parte.