Un calcio all’obiezione e alla vita

“Stiamo mettendo a posto la sanità”. Parole e musica (stonata) del presidente della Regione Lazio Zingaretti. Che ha voluto fortemente un bando per l’assunzione di due ginecologi non obiettori all’ospedale San Camillo, con una clausola che vieta ai professionisti di cambiare idea, pena il licenziamento.

In una sola volta l’ineffabile presidente riesce a calpestare due diritti sacrosanti: quello alla vita dei nascituri e quello all’obiezione di coscienza dei medici. Il primo è sancito dall’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il secondo è di natura costituzionale. Il tutto in nome del discutibile “diritto” a sopprimere un essere innocente, quello all’aborto. Zingaretti sostiene che senza l’assunzione di medici non obiettori sarebbe disattesa l’applicazione della legge 194. Un falso smascherato dai fatti come dimostra una vicenda che in troppi hanno già dimenticato.

Nell’aprile 2013 la Cgil presentò un ricorso al Consiglio d’Europa sostenendo che il ricorso all’obiezione di coscienza limitava l’applicazione della 194. Una posizione analoga a quella di Zingaretti, intrisa di ideologia e mascherata da tutela sindacale: si affermava, infatti, che il personale non obiettore veniva sottoposto a discriminazioni e carichi di lavoro insopportabili. Nel luglio 2016 il Consiglio (dopo un primo pronunciamento parzialmente favorevole emesso ad aprile) bocciò sonoramente il ricorso. Il Ministero della Salute dimostrò infatti che i dati su cui si basava erano vecchi e inattendibili e che l’obiezione non incide sul lavoro del personale non obiettore. Eventuali “disservizi” erano da imputare a una distribuzione inadeguata degli operatori nelle varie strutture delle singole regioni.

Ma Zingaretti prese la palla al balzo per annunciare il bando (siamo a maggio dello scorso anno) che sta per diventare operativo. Secondo il presidente, calpestare il diritto alla vita e all’obiezione significa mettere a posto la sanità. Dimentica che i medici obiettori sono il 70% in media in Italia e l’80% nel Lazio. Quindi un’adeguata distribuzione del personale non obiettore nei vari presidi ospedalieri sarebbe sufficiente a garantire l’interruzione di gravidanza.

Non solo. Visto che Zingaretti sbandiera la corretta applicazione della legge 194, viene da chiedersi quanto sia attuato ad esempio l’articolo 2 che afferma “I consultori familiari (…) assistono la donna in stato di gravidanza” (…) “contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”. Cosa fa la Regione (e lo Stato) per aiutare le mamme a tenere il loro bambino? Praticamente nulla. L’unica strada indicata è la drammatica scorciatoia dell’aborto. Non puoi permetterti un figlio? Sei troppo giovane? Hai commesso uno “sbaglio”? La contraccezione non ha funzionato? Niente panico, il problema si risolve eliminando il “terzo incomodo”. Che sia un essere umano in formazione nel grembo della madre in fondo è un dettaglio trascurabile

Altro che tutela della maternità. Il prossimo passo sarà proprio la colonizzazione ideologica dei consultori, per i quali il presidente del Lazio ha annunciato “una strategia di investimenti che tra pochi giorni presenteremo, con nuove assunzioni, ristrutturazioni, politiche di prevenzioni”. Una strategia già iniziata nel 2014 con il decreto che imponeva a tutti i medici dei consultori di prescrivere contraccettivi ormonali (ad esempio la pillola del giorno dopo), l’applicazione di quelli meccanici, come la spirale, abortivi, e di rilasciare la certificazione per chiedere l’interruzione di gravidanza. Un attacco all’obiezione di coscienza che ora, con il bando per i ginecologi del S. Camillo, fa un triste salto di qualità che non lascia presagire nulla di buono.