Ue, il ritardo della “quarta gamba” nel pacchetto europeo

Colpo di scena. Dopo Spagna, Portogallo e Grecia, anche la Francia sembra intenzionata a non chiedere il prestito del c.d. Mes sanitario. A quanto pare i governi di questi Paesi non lo ritengono conveniente, nonostante che il tasso di interessi sia praticamente vicino allo zero. Questi orientamenti da parte di Paesi che non navigano nell’abbondanza e che sono stati messi a dura prova (soprattutto Spagna e Francia) dall’epidemia del Covid-19, rinfocola anche da noi le posizioni delle forze politiche che sono contrarie o che tentennano ad incassare il bonus da 36 miliardi per interventi diretti e indiretti sul fronte sanitario. C’è infatti la preoccupazione che, a presentarsi per primi e quasi da soli, tra i grandi Paesi dell’Eurozona, a batter cassa dal Fondo Salva Stati, possa essere considerato dai mercati come un segno di debolezza. E’ forse per questa ragione che alcuni governi esitano a fare il primo passo ed aspettano che vi sia qualcun altro a farsi avanti. Noi però non ce lo possiamo permettere. Ha detto bene Romano Prodi, invitando il governo a non fare storie e ad incassare il prestito, in un commento su Il Messaggero: ‘’Non facciamo fesserie’’. Soprattutto sarebbe il caso di tener conto degli effetti di una misura contenuta (a quanto è stato detto) nel decreto ‘’Rilancio’’ ovvero l’esonero dal pagamento dell’Irap per alcuni anni in vista di una prossima riforma fiscale.

L’Irap grava sulle imprese, ma non è un balzello privo di logica e inutile. Quando fu istituita questa imposta, a beneficio delle Regioni, prese il posto della contribuzione per il finanziamento della sanità. Le entrate dell’Irap coprono dunque una quota rilevante della spesa sanitaria. Ne deriva che il prestito a buon mercato del Mes potrebbe diventare la conditio sine qua non che permetterebbe di intervenire sull’Irap, riducendo il costo del lavoro senza mortificare i servizi. Intanto va avanti le definizione delle misure predisposte dalla Commissione nel il pacchetto di 540 miliardi di aiuti europei: Mes, iniziativa della Bei e piano Sure della Commissione Ue di sostegno alla disoccupazione. Il pacchetto, una volta licenziato dall’Eurogruppo, dovrebbe essere operativo a partire da giugno. Intanto ha avuto il via libera  definitivo, da parte del Consiglio Ue, “Sure”, il dispositivo che eroga 100 miliardi di euro “per sostenere cassa integrazione e strumenti analoghi in Europa”. Il punto è che tarda ad arrivare la cosiddetta ‘quarta gamba’ del pacchetto concordato a fine aprile. Vale a dire il ‘recovery fund’ inserito nel bilancio pluriennale dell’Ue, finanziato con bond emessi dalla Commissione europea ed erogato agli Stati sotto forma di prestiti e sussidi a fondo perduto. Come è noto, è questa l’operazione a cui tiene maggiormente il governo italiano, prevalentemente per ragioni interne alla maggioranza, dal momento che l’istituzione di questo fondo consentirebbe al M5S di accettare anche il Mes. E’ un mercanteggiare un po’ singolare, ma così va il mondo. E’ interessante approfondire il ruolo del Sure, uno strumento che affronta, per la prima volta a livello europeo, il grande tema della tutela della disoccupazione. Q uesta misura, nella pratica, si concretizza – come ha scritto Mattia Moretta su Il Sole 24 Ore – in un sussidio pubblico, che garantirà il posto di lavoro a milioni di cittadini europei riducendo gli orari di lavoro. I lavoratori potranno così continuare ad acquistare quanto loro necessario generando, conseguentemente, un impatto positivo sull’economia. Nel tempo libero creatosi a causa della diminuzione delle ore di lavoro, i dipendenti possono partecipare a corsi di formazione, volti a beneficiare sia le imprese sia i lavoratori stessi. Un surplus, come si suol dire, a vantaggio di tutta la comunità, in un’area, quella europea in cui, da circa sette anni il tasso di disoccupazione stava vivendo un declino non indifferente. 

Quando l’emergenza sarà conclusa, i fondi di cui avranno beneficiato i Paesi dell’Ue andranno restituiti, essendo un prestito, avendo solo successivamente la possibilità di ritirare le garanzie versate. Stando a quanto affermato nei giorni scorsi, circa il 60% dei fondi del Sure – quindi fino a un massimo di 60 miliardi di euro – sosterranno i paesi più colpiti dall’emergenza, come Spagna e Italia. Le caratteristiche di questo provvedimento – prosegue l’articolo de Il Sole 24 Ore – ricordano un’altra misura intrapresa dall’Ue nel 2010 a seguito della Grande Recessione del 2008: l’EFSF, European Financial Stability Facility, ovvero “Fondo europeo di stabilità finanziaria”. Tuttavia, oltre ad essere provvedimenti a sostegno di due “cause” diverse, differiscono in quanto questa cassa di integrazione europea prevede condizionalità piuttosto favorevoli per il beneficiario, prese di comune accordo con quest’ultimo. Quanto a convenienza in termini di tassi rispetto al finanziarsi emettendo debito, il risparmio è quasi trascurabile: numerosi sono gli esperti concordi nello stimare un risparmio medio, in termini di costo del debito, pari a circa 0,015 punti percentuali rispetto all’emettere Btp italiani.