In diverse aree del mondo, soprattutto in quelle più povere dei cosiddetti “Paesi in via di sviluppo“, la piaga del lavoro minorile continua a perpetuarsi. Gli ultimi dati ci dicono che, al mondo, ben 160 milioni di bambini, sono costretti a lavorare con turni e mansioni massacranti per contribuire al mantenimento delle loro famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà.
Questo li priva del loro diritto all’infanzia, alla scuola e, soprattutto di poter vivere e realizzare i loro sogni, lasciando su di loro conseguenze indelebili, le quali avranno ripercussioni molto negative, sia nel processo di crescita che nell’età adulta. Questi gravi presupposti, nel 2002, hanno spinto l’Organizzazione Internazionale del Lavoro dell’Onu a proclamare la Giornata internazionale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, con l’obiettivo di eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile e sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale in merito alla tutela dell’infanzia.
Papa Francesco, nel corso del suo pontificato e soprattutto nell’enciclica “Laudato Sì”, ci ha ricordato più volte che “tutto è connesso”, in ogni parte del mondo. Quindi, i bambini costretti a lavorare, anche se geograficamente vivono molto lontani da noi, alimentano un ciclo economico globale che richiede sempre più oggetti, senza pensare alle condizioni di vita di chi li deve produrre. Noi cristiani, dobbiamo imprimere nella nostra mente e nelle nostre azioni le parole luminose che, il Santo Padre, ha pronunciato qualche tempo fa ad un convegno su questo tema: “la piaga dello sfruttamento lavorativo dei bambini è di particolare importanza per il presente e per il futuro della nostra umanità. Il modo in cui ci relazioniamo ai bambini, la misura in cui rispettiamo la loro innata dignità umana e i loro diritti fondamentali esprimono quale tipo di adulti siamo e vogliamo essere e quale tipo di società vogliamo costruire”.
Questo pensiero deve costruire la base ideale per far si che, il sistema economico globale, possa essere ripensato sulla base dell’eticità e della fraternità, attraverso il perseguimento di uno sviluppo umano integrale, in grado di mettere sempre al centro la tutela di un’infanzia serena e il diritto ad un’istruzione democratica. Tutto ciò però, presuppone che le aziende europee e americane che operano sui mercati dei Paesi in via di sviluppo, si dotino di codici etici di autoregolamentazione per le gestione delle forniture al fine di escludere tassativamente il ricorso al lavoro minorile. Questo deve essere il primo passo per allontanare lo spettro di questa deplorevole forma di sfruttamento dell’infanzia, la quale un’offesa alla nostra “famiglia umana” che non può e non deve continuare.
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