Una tragica vittoria della “cultura dello scarto”

Giorgio La Pira, nel 1978, mentre era in atto la campagna socio-politico-culturale a favore dell’aborto, definì l’aborto il “limite invalicabile”, oltre il quale si sarebbe aperto il baratro della morte come diritto civile. Se mai ce ne fosse stato bisogno, proprio in questi giorni, con l’approvazione della scellerata legge sulla “morte volontaria medicalmente assistita”, abbiamo avuto la prova di quanto fosse stata profetica quell’affermazione.

La Camera dei Deputati ha licenziato il disegno di legge Bazoli/Provenza grazie al fronte dei partiti del centrosinistra, che hanno reso vano ogni tentativo di “limitare il danno”, attraverso sensati emendamenti proposti da coraggiosi deputati quali Antonio Palmieri, Alessandro Pagano, Andrea Orsini e altri: è un evento storico nella storia della nostra Repubblica, un evento di tragica vittoria della “cultura dello scarto” tante volte evocata da Papa Francesco.

Lo stesso accorato appello del Santo Padre, “la morte va accettata, non somministrata … esiste il diritto alla vita, non alla morte” è passato inascoltato anche nelle coscienze e nelle menti di parlamentari che si proclamano cattolici, e agiscono in modo esattamente opposto alla Rivelazione, alla Tradizione e al Magistero, passato e presente, della Chiesa. La recente dichiarazione “Samaritanus Bonus” della Congregazione della Dottrina della Fede, con la firma del Santo Padre in calce, non lascia spazio a dubbi: uccidere una persona è sempre un atto immorale, intrinsecamente malvagio, che non può trovare giustificazione alcuna. Almeno una volta, abbiamo il coraggio di chiamare i fatti con il loro nome, anche se certamente non “politicamente corretto”: è un peccato mortale, un atto che insedia la morte spirituale nella nostra vita e corrompe la nostra coscienza e esistenza.

Abbiamo sentito uomini politici (purtroppo sedicenti cattolici) affermare che si tratta di una buona legge, perché si prefigge di eliminare la sofferenza! Prescindiamo dall’assurdità che per eliminare la sofferenza si elimina il sofferente, poniamoci una domanda: si può davvero eliminare la sofferenza? E ancora: esiste una risposta di senso di fronte alla sofferenza? L’unica via d’uscita è la fuga nella morte o esiste una via diversa? Ogni uomo, prima o poi, si troverà di fronte a questo crocevia e sarà costretto a fare una scelta. Il dolore, soprattutto quello morale e spirituale, è ineliminabile perché connaturato all’esistenza umana.

Dunque, il compito che ci spetta non è il tentativo prometeico (e perdente) di eliminarlo, ma quello di dare senso e significato a vicende che sembrano inghiottire ogni progetto di vita che avevamo sognato. Proprio qui sta la grande sfida dell’annuncio cristiano: colui che è entrato liberamente nella morte, morendo ha vinto la morte e risorgendo ci ha ridato la vita. La morte non è l’ultima parola, non è la fine di tutto, e questo per ogni uomo, credente o no che sia.