I timori del Vaticano sul Ddl Zan

La Santa Sede esprime tutta la sua preoccupazione per le ripercussioni liberticide del Ddl Zan contro l’omotransfobia e lo fa facendo ricorso al Concordato per la prima volta nella storia. Ieri il Corriere della Sera ha riportato in esclusiva i passaggi salienti della “nota verbale” che monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario ai Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, ha consegnato all’ambasciata italiana presso la Santa Sede. Secondo il quotidiano milanese si tratta di un atto senza precedenti perché mai, finora, il Vaticano era intervenuto per contestare una legge ancora da approvare esercitando le facoltà previste dai Patti Lateranensi.

Nel documento sono evidenziati i timori per quella che femministe, associazioni familiari, intellettuali liberali e la stessa Cei da oltre un anno non esitano a definire una proposta inutile (esistono già tutti gli strumenti legislativi per punire atti violenza e discriminazione) e liberticida. “Alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato – si legge nella nota – riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”. I commi in questione assicurano alla Chiesa “libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale” e garantiscono “ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Il Segretario ai Rapporti con gli Stati ritiene che a mettere in discussione queste libertà elementari sia l’articolo 4 del Ddl, quello che in teoria dovrebbe garantire la libertà di espressione ma che in realtà affida ad un giudice il compito di valutare se le opinioni espresse possono incitare al compimento di atti discriminatori e violenti. Contestato anche l’articolo 7 che istituisce la Giornata nazionale contro l’omotransfobia, con iniziative sul tema in ogni scuola di ogni ordine e grado. Questo articolo metterebbe in discussione la “libertà di organizzazione” perché, riporta il Corriere, non esenterebbe le scuole private dall’organizzare tali attività in occasione della costituenda Giornata nazionale.

In questa cornice il rischio che le scuole di ispirazione cattolica siano obbligate a prestare il fianco all’indottrinamento gender è più che mai concreto, visto e considerato che l’articolo 1 del Ddl Zan introduce nell’ordinamento italiano anche il concetto di identità di genere, completamente sganciato dal sesso biologico di nascita. Passaggio, questo, tra i più contestati dall’universo femminista che teme lo sdoganamento della cosiddetta self Id, che consente a uomini che non hanno fatto il processo di transizione di definirsi donne fruendo di spazi, leggi e welfare dedicati all’universo femminile.

L’intervento del Vaticano accentua le spaccature nella maggioranza. Solo la scorsa settimana il centrosinistra (Pd-Sel-M5S-ItaliaViva) aveva fatto quadrato attorno al testo già approvato alla Camera chiedendo un’immediata calendarizzazione in aula al Senato per l’approvazione definitiva. Ma la voce autorevole della Segreteria di Stato ha causato le prime crepe di questo fronte tutt’altro che granitico. A seguito della pubblicazione della nota, il segretario del Pd Enrico Letta ha prima aperto ad un confronto sul testo per “guardare i nodi giuridici” del Ddl poi, dopo forti pressioni interne, ha corretto il tiro confermando l’impegno del partito per l’ok alla legge.

I numeri in Senato per l’approvazione del testo sono tutt’altro che sicuri, quindi ora bisogna vedere quanto il fronte progressista intenda forzare la mano per andare in aula a cercare una via libera anche di stretta misura. Dal canto suo il segretario della Lega Matteo Salvini tende una mano per uscire fuori dall’impasse: “Sul ddl Zan io sono pronto a incontrare Letta, anche domani, per garantire diritti e punire discriminazioni e violenze, senza cedere a ideologie o censure, e senza invadere il campo di famiglie e scuole”. In altre parole, la soluzione politica, per evitare uno scontro insanabile tra le forze di maggioranza, prevede di salvare l’aggravante per omofobia per i reati di violenza e discriminazione e di stralciare gli articoli più ideologici sulla libertà di pensiero, il gender e le attività nelle scuole. Il pressing in questa direzione arriva anche associazioni di donne ArciLesbica, Laboratorio Donnae, Lobby europea delle Donne-Italia, Se Non Ora Quando-Libere, UDI- Unione Donne in Italia. Nessuno sconto invece dalle associazioni famigliari come Family Day e Pro Vita e Famiglia per le quali il testo resta emendabile e in ogni caso foriero di derive liberticide.