Per una teologia della liberazione dalle mafie

Papa Francesco all’Angelus del 21 marzo in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, dopo aver richiamato il magistero dei suoi predecessori che collegavano le mafie alla “cultura di morte”, ha detto che “Queste strutture di peccato, strutture mafiose, contrarie al Vangelo di Cristo, scambiano la fede con l’idolatria”. Il Papa ha ribadito che le mafie si sono globalizzate e si stanno arricchendo sfruttando la pandemia. Il Cardinale Gualtiero Bassetti nella stessa data in una lettera a Libera ha affermato che le mafie stanno cambiando pelle. Non ricorrono più alla violenza delle armi ma alla corruzione sistematica e ha richiamato l’intervento di Francesco a Sibari il 21 giugno 2014:” Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati”.

Alla minaccia della scomunica il Papa ha unito più volte l’invito alla conversione, che esige la riparazione del male fatto. “Per favore cambiate vita, fermatevi di fare il male, altrimenti vi attende l’inferno” ha detto il Santo Padre con grande coraggio rivolgendosi “ai grandi assenti” il 20 marzo del 2014.  Ai fedeli della diocesi di Cassano allo Ionio il 21 febbraio 2015 aveva affermato che i “gesti esteriori di religiosità non bastano per accreditare come credenti quanti, con la con la cattiveria e l’arroganza tipica dei malavitosi, fanno dell’illegalità il loro stile di vita”. Molti mafiosi pretendono di avere una loro religiosità, che è asservita ai loro disegni di potere ed è usata per accrescere la propria legittimazione sociale.

La mafia è una religione capovolta con una sacralità atea che rende schiave le persone inserendole in un circolo diabolico dal quale è difficile uscire. I mafiosi, indifferenti alle verità di fede e della morale cristiana, mostrano interesse per i simboli e le manifestazioni religiose, ma non si pongono alcun problema sull’evidente contrasto fra quei simboli e la coerenza nella vita quotidiana. Quest’atteggiamento schizofrenico crea notevole confusione e ambiguità. In realtà queste manifestazioni pseudo religiose non possono essere semplicisticamente interpretate come espressione di una religiosità distorta, ma come una forma brutale e devastante di rifiuto di Dio e di fraintendimento dei valori evangelici. Si richiede un’estrema vigilanza da parte dei pastori della chiesa, affinché le espressioni della religiosità popolare non diventino il set su cui i mafiosi possano inscenare una rappresentazione del loro potere intimidatorio e di seduzione verso i giovani.

Bisogna che le comunità di fede, a partire dalla fedeltà al Vangelo, si rendano protagoniste di una loro lotta alle mafie e dello sviluppo di una teologia della liberazione nei confronti di un’organizzazione, che rende schiavi di un potere basato sulla violenza e l’ingiustizia, ossia sull’esatto opposto dell’autentica fede. La resistenza alla mafia esige un rinnovato impegno educativo che porti a un cambiamento della mentalità e dei comportamenti concreti, per non fare del denaro e della ricerca del potere gli idoli cui sacrificare tutto a partire dalla vita delle persone.

Papa Francesco denuncia negli appartenenti alle varie mafie l’idolatria, l’adorazione del male, del denaro che prende il posto dell’adorazione per il Signore. In una società secolarizzata, è importante mettere in chiaro che c’è una scomunica di fatto che entra in vigore, anche a prescindere dalla scomunica comminata con un decreto giuridico: consiste nell’auto-esclusione dalla comunione ecclesiale, cui si “condanna” chi preferisce incancrenirsi nell’appartenenza alla mafia che diventa un atto di apostasia. Se non si aiutano le persone a recuperare la redenzione “a caro prezzo” che Cristo ci ha ottenuto con la sua morte e resurrezione, che non può essere svenduta a prezzo di liquidazione, l’esclusione giuridica dalla comunione ecclesiale, inflitta con una sanzione canonica, rischierà di essere non compresa – prima ancora che temuta o contestata – da parte delle persone affiliate alle mafie.