I temi caldi che Giorgia Meloni dovrà affrontare al prossimo Consiglio europeo

Roma 25/10/2022 - Il Presidente del Consiglio alla Camera dei Deputati per le dichiarazioni programmatiche del Governo / foto Ufficio Stampa Presidenza Consiglio Ministri/Image nella foto: Giorgia Meloni

Certo, il caso Lega c’è, inutile negarlo. Ma saranno i fatti dei prossimi giorni, a partire proprio dal Consiglio europeo di domani dove sarà di scena la premier, Giorgia Meloni, a dire si tratta realmente di uno strappo nella maggioranza oppure di una sgrammaticatura istituzionale, figlia di incomprensioni tecniche. Perché se è vero che al Carroccio certe scelte del governo non sarebbero andate a genio, è altrettanto vero che mettere in piazza tutto ciò rischia di compromettere il lavoro fatto. Tanto per essere chari quanto successo alla Camere potrebbe essere solo un banale incidente di percorso, se non addirittura un modesto avviso di noia. Che capita, eccome se capita. A beneficio dei distratti riassumiano per sommi capi.

Quando Giorgia Meloni comincia le sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo, intorno alle 10 di ieri mattina, in Aula, non c’è un solo ministro della Lega sui banchi del governo. Non è cosa senza precedenti e probabilmente nemmeno voluta. Carlo Calenda, leader di Azione e azionista del Terzo polo, in tandem con Matteo Renzi, lo fa notare via Twitter: “La Lega assente dai banchi del Governo. L’intervento di ieri in Senato del capogruppo contro la linea della Meloni sull’Ucraina. Questo esecutivo è già in crisi. Per le ragioni sbagliate”. Il riferimento è a Massimiliano Romeo che a Palazzo Madama ha criticato il “pensiero unico” riguardo al sostegno all’Ucraina: “Che libertà è quella che criminalizza qualsiasi idea che si discosti, anche di un millimetro, dal pensiero dominante? Mi faccia dire che assomiglia più ad una dolce tirannia”. Polemica o semplice contrappunto, fatto è i leghisti si rendono conto che l’assenza di oggi può essere mal interpretata. E corrono ai ripari. Matteo Salvini posta le foto del tavolo di lavoro presso il ministero dei Trasporti per la sicurezza stradale, corredata dal lungo elenco dei soggetti presenti. Come a dire: non potevo mancare a quella riunione. E Valditara fa la sua apparizione in Aula. Poi, dato che anche lui più tardi ha degli impegni, viene organizzata la staffetta in modo da evitare che non ci sia neppure un leghista sui banchi del governo. L’attesa, a quel punto, è per l’intervento della Lega. Prende la parola Candiani e la tensione si scioglie: “Abbiamo allineato un fronte importante nella guerra a favore dell’Ucraina e in contrasto alla Russia: abbiamo bisogno che questo fronte non abbia ad essere intaccato da alcuna difficoltà”. Nel senso che “è evidente che all’interno dell’Ue ci sono Paesi che hanno più difficoltà nella fornitura di energia e che hanno più dipendenza di altri rispetto ad alcune fonti energetiche”. Nessun attrito, dunque. Caso chiuso forse. O, forse, non è questo il momento di far salire la tensione.

Quanto a Giorgia Mleloni, quella che replica alla Camera dopo le comunicazioni rese in Senato, è una premier perentoria, lontana dai quei fraseggi politici. In previsione del Consiglio europeo di questo venerdì servono nervi saldi. I temi più caldi restano ancora quelli della tragedia di Cutro, a quasi 20 giorni dalla sciagura che è costata la vita ad almeno 76 persone, su cui la premier spedisce nuovamente al mittente le accuse delle opposizioni, e gli aiuti all’Ucraina. Sul primo punto, attacca la presidente del Consiglio, “ho sentito una grande quantità di cose false in questo dibattito, e la considero una buona notizia: quando si ha bisogno di dire cose non vere evidentemente non si ha molto da dire“. Come governo, torna a spiegare, “abbiamo raccontato quanto è accaduto a Cutro minuto per minuto, ma si continua a dire implicitamente che il governo non avrebbe salvato queste persone che mancanza di volontà. In uno stato di diritti i colpevoli li stabiliscono le prove. Ai colleghi sfugge che dall’inizio del mio mandato l’Italia ha salvato 36.500 persone in mare, e siamo stati lasciati da soli a fare questo lavoro e raccontare, di fronte a questo sforzo, che lasceremmo i bambini morire è una calunnia nei confronti dello Stato italiano, e delle forze dell’ordine che stanno facendo sacrifici enormi”. Le stilettate all’opposizione sul tema immigrazione non sono finte: l’unico modo possibile di impedisce che tragedie come quelle di Cutro, dice, “è fermare le partenze illegali, ed è quello che il governo sta cercando di fare con un piano articolato rispetto al quale non mi sono chiare le alternative proposte”. Per esser chiari la Meloni ha ribadito la preoccupazione per la situazione della Tunisia (“è in una situazione finanziaria complessa e se non si interviene rischiamo un flusso che nessuno potrebbe governare”), ricordando la sua proposta di “blocco navale” (“una missione europea in accordo con le autorità libiche per fermare lepartenze”), concordando col fatto che il regolamento di Dublino vada “rivisto” anche se “non è una soluzione per l’Italia perché la percentuale di migranti che arriva da noi che ha diritto alla protezione internazionale è una minoranza”.

Da Bruxelles, su questo punto, arrivano segnali positivi. “A febbraio abbiamo stabilito una serie di azioni in materia di migrazione e ora serve applicarle” quindi al vertice tra i leader Ue si parlerà del tema “in un punto informativo” sui dossier “che stanno andando avanti, a dimostrazione che questa strategia sta funzionando”, spiega un alto funzionario europeo in vista della riunione del Consiglio europeo. “Questa è l’intenzione di questo processo, non è riaprire lo stesso discorso tutte le volte. Dobbiamo seguire un programma di lavoro e mantenere la pressione su quello“, ha aggiunto. Dopo il punto informativo – nel quale la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aggiornerà i leader sul lavoro dell’Ue in materia di gestione dei flussi migratori – “non ci aspettiamo un giro di tavolo completo di interventi, ma è probabile che diversi leader vorranno intervenire”, ha aggiunto la stessa fonte. “Nelle conclusioni di febbraio avevamo stabilito che saremmo tornati regolarmente sul tema ed è ciò che faremo, anche a giugno”, ha aggiunto un altro funzionario.

Anche sulla questione Ucraina i toni sono accesi: sul punto chiaramente è sempre M5S il rivale più agguerrito. A Elisa Scutellà, che in replica aveva chiesto al governo di fermarsi, la Meloni replica: “Bisognerebbe dirlo a Putin. Vorrei sentire, se si parla di pace, se si è disposti a concedere dei territori e come. Non si può consentire l’invasione dell’Ucraina e se noi ci fermiamo la consentiamo. Pensate che a qualcuno piace la guerra? La situazione è più complessa di quanto dice la propaganda”. Giuseppe Conte, in replica, non si lascia sfuggire l’occasione di controbattere: “Prendiamo atto dello schietto appoggio di Meloni alla lobby delle armi, e l’inflessibilità nell’ignorare le grida di dolore di famiglie e imprese. La faccia ce la mette, ma è una faccia di bronzo“, ironizza il leader di M5S, che ricorda come il suo gruppo, un anno fa, diede inizialmente l’ok al primo invio di armi all’Ucraina a scopo difensivo. Dopo 12 mesi però “possiamo dire che i limiti all’invio di armi posti un anno fa sono stati traditi, dal governo Draghi e da questo che ne è una brutta copia: le armi da difensive sono diventate offensive, e la fornitura avviene tutt’altro che gratuitamente. Se questo non è il momento della pace, qual è e chi lo decide?”. Sentirlo dire dal capo del Movimento 5 Stelle fa pure un certo effetto, ma i pentastellati sono cosi. Si muovono a caso, seguendo la loro onda, mentre il governo è determinato a surfare su quella dell’Europa, decisamente più lunga e saggia. Perché, mai come ora, il vero alleato della premier sembra essere proprio l’Europa, dove le tensioni interne alla maggioranza che sostiene il suo governo è solo un eco lontano, un rumore di fondo da sopportare durante il viaggio.