Sviluppi preoccupanti sull’uccisione di Attanasio e Iacovacci in Congo

Immagine del Nord Kivu

Ci sono sviluppi sulla vicenda dell’uccisione in Congo dell’Ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, assieme all’autista che li stava portando a Goma su un convoglio della World Food Organization lo scorso 22 Febbraio. E non sono né positivi né incoraggianti.

Il primo riguarda il fatto che proprio la WFO sui cui veicoli viaggiava l’Ambasciatore Attanasio, si è trincerata dietro al fatto che la strada percorsa era stata dichiarata sicura… scandaloso sostenerlo dopo una simile tragedia e senza una parola di scusa.

Il secondo è dato dalla notizia, diffusa da Nigrizia – Istituzione molto impegnata, credibile e importante nel mondo della cooperazione allo sviluppo – che l’uccisione dell’Ambasciatore sarebbe stata programmata e portata termine per chiudere la bocca a chi, cioè lo stesso Ambasciatore, di notizie suscettibili di “disturbare” certi manovratori del mercato delle armi, della droga, di coloro cioè che si spartiscono le ricchezze di quell’area africana. Notizie secondo le quali Nigrizia fa nomi e cognomi, che arriverebbero a disegnare il profilo dello stesso presidente del Rwanda, Paul Kagame.

Mi auguro che qualche esponente della Magistratura vorrà mettere sotto la lente di ingrandimento queste notizie, così come i vertici della WFO.

Del resto, l’inquietante uccisione del magistrato militare che stava indagando sull’avvenuto, dovrebbe motivare i dubbi sul fatto che Attanasio fosse visto e considerato come un rischio che non si poteva correre e dunque come persona suscettibile di creare problemi a quei “grandi manovratori” con accuse precise e circostanziate.

Ci si augura che queste indicazioni sollecitino anche il nostro Governo a uno sforzo inedito per sciogliere il bandolo della matassa con le autorità del Congo, impegnando in proposito anche l’Unione Europea. Non sottovalutiamo il fatto che l’Ambasciatore di un paese membro dell’Unione europea è anche un Ambasciatore europeo.

Detto questo non dobbiamo sottostimare e soprattutto non dobbiamo mai dimenticare che in quella parte di Africa, come pure in altri paesi dello stesso continente, dobbiamo fare i conti con questa realtà: da un lato, ci sono paesi che soffrono di una endemica miseria, sfruttamento e sottosviluppo, ma che nel contempo possiedono risorse con le quali potrebbero cancellare il loro sottosviluppo con una sana alleanza – chiamiamola cooperazione – con i paesi che di fatto usano quelle risorse per vivere al  meglio il loro status di paesi benestanti che poco fanno per mettere a nudo i meccanismi di sfruttamento di quelle risorse.

Credo che la tutela dei nostri rappresentati nel mondo (non c’è soltanto l’Africa, ma anche il Medio Oriente, l’Asia, il Sud America, il mondo insomma) sia un dovere fondamentale delle autorità che li inviano all’estero. Nella mia mia esperienza personale non ho mai avuto ragione di dubitare al riguardo; soprattutto nelle occasioni, e sono state diverse, nelle quali mi sono venuto a trovare potenzialmente esposto a rischi. Intendiamoci, il rischio fa parte dell’azione diplomatica, così come non si può escludere la fatalità.

Ma ho l’impressione che nel caso di Attanasio si sia ancora lontani dall’aver esperito ogni possibile accertamento e che occorra proseguire negli sforzi investigativi in corso. Ivi comprendendo il sospetto che, come si dice che sostenga la moglie, Zakia Seddiki, il marito sia stato tradito da qualcuno a lui vicino. E con lui i suoi accompagnatori. Penso che la moglie, l’altra vittima vivente di questa tragedia, meritava di essere ricordata con solennità nella giornata internazionale della donna.